Delogu Ignazio

Una città una strada e altri racconti

Pubblicato il: 30 Marzo 2016

“Giornalista, scrittore, poeta, critico d’arte, storico, linguista, appassionato di cinema, Ignazio è quello che un tempo si sarebbe detto un poligrafo. Nel senso migliore del termine ovviamente, cioè di una passione culturale inquieta e talvolta indipendente che superava volutamente angusti steccati disciplinari tipici del mondo accademico: si tratta di una caratteristica ricorrente in quella generazione maturata nell’immediato dopoguerra e nel segno di un accentuato impegno politico e civile” ma “I racconti delle sue esperienze e delle sue conoscenze, da Neruda ad Alberti, da Allende a Che Guevara, a Simone Signoret, sono veri e propri “pezzi” di antologia. Un grande “inventore”, secondo alcuni, pervicace inventore di storie semi-vere (ma anche se fosse vero è la qualità del racconto a riscattare la contraddittoria realtà). Posso però smentire questa accusa, una volta l’ho incontrato al caffè Rosati di Roma seduto ad un tavolino davanti ad un Bitter Campari, a conversare animatamente e fraternamente con Gabriel Garcìa Marquez” (qui).
Ecco un personaggio interessante, scovato proprio ieri nel database squinternato della biblioteca centrale di Sassari, dove, alla disperata ricerca di un libro sulla storia cittadina recente, capita di imbattersi in libri improbabili che, non si sa come, occupano posto sugli scaffali accanto a capisaldi di nomi illustri come Enrico Costa, Pompeo Calvia o Pasquale Tola. Testi le cui case editrici scopro essere in realtà semplici tipografie e che leggo, scarto e restituisco al mittente come un cliente truffato dal verduraio, dopo aver assaggiato la proverbiale mela marcia. I libri che sembrano degni di nota, poi, hanno il bollino giallo: non prestabili. Mi arrendo dunque a prendere libricini che sembrano fotocopiati, più che pubblicati, da case editrici dai nomi non memorizzabili, dove vecchi cittadini aprono il cuore ai ricordi – macchiati da numerosi errori di stampa – non sempre verificabili e da prendere “con le pinze”. Offuscato dai paladini della storia locale come Manlio Brigaglia, di cui non riesco ad acciuffare un’opera completa soddisfacente ma solo centinaia di introduzioni ad altri autori o nomi di due secoli fa, mi imbatto per puro caso in un vivente (miracolo!) che non si limiti a ripetere a memoria (leggi: citare) frasi di altri (per lo più morti). È Ignazio Delogu.
Quest’autore non è sassarese di nascita e non ha pubblicato con case editrici di fama nazionale. Dunque non è citato come può essere un Gavino Ledda – seppur importante, non sassarese e quindi estraneo alla mia ricerca attuale – o il compianto Sergio Atzeni che ora, come Pasolini, viene inserito anche in contesti che non lo riguardano. E allora?
Quanti scrittori hanno ambientato le loro storie a Sassari? Mannuzzu. Ma scrive noir. Capitta, ma il suo realismo magico lascia la città sullo sfondo, appena percepibile. Di poeti ce n’è tanti: sembra infatti che i sassaresi cantino spesso, senza alcuna traduzione, la propria città. Un narratore che parli della città per quel che è, che desideri contaminarci dei suoni e del sangue che sprigionino queste mura? Forse…
“Una città una strada e altri racconti” è dato alle stampe nel 1999 dalla casa editrice Edes e non sembra destinato alle librerie, dato che è sprovvisto di codice ISBN. Il libro qualche anno più tardi ha la possibilità di entrare nelle case dei lettori col titolo “La luna di via Ramai”, allegato al quotidiano La Nuova Sardegna, con introduzione imprescindibile di Manlio Brigaglia (sulla quale tocca fare un appunto. Egli lamenta nostalgico che il termine “greffa”, ossia “gruppo di amici”, sia ormai obsoleto nel linguaggio dei giovani: tutt’altro, è infatti una delle forme gergali sassaresi più utilizzate dai ragazzi).
Il libro contiene sei racconti, il più lungo dà il titolo alla raccolta, seguito poi dai brevi “Federico in città”, “L’uomo che credeva nel siddaddu”, “Tigre”, “Pirata” e il personalissimo “Prove di un’autobiografia urbana”. Il desiderio di Delogu è principalmente quello di portare la vivacità della seconda città sarda sulla carta. Essendo  prima di tutto un traduttore, poi poeta e solo infine narratore, Ignazio Delogu sperimenta uno stile di racconto omogeneo, spesso incidentato e scalfito da vistosi errori di battitura, che tenta di non cedere alla nostalgia del ricordo d’una giovinezza fuggita per sempre. Il punto di partenza è chiaro: cantare innnanzi tutto la città, la ziddài. E con questo intento la prima storia comincia, lungo i viottoli del centro storico negli anni del boom economico, anni che coincidono con la scarcerazione del protagonista (una liberazione simbolica della povertà dei cittadini) lasciandosi man mano prendere dal senso di sfrenata giovinezza rimasta impressa nei muri e nelle piazzette di quelle case che lo stesso scrittore ha conosciuto tanto bene. Joyce, è il modello dichiarato, e i suoi Dubliners, ombre che vagano nel dedalo di un universo cittadino. Certo, Sassari non è Dublino, eppure, in quegli anni, nel rapporto con i paesi vicini, anche Sassari aveva la sua imponenza e il suo sapore “di città”: il secondo racconto parla proprio di questo, dello scontro (anche linguistico: la lingua sarda non assomiglia affatto al sassarese) di comunità confinanti e, all’epoca, diffidenti l’una dell’altra. Ma ciò che più emerge nel libro è la rappresentazione di ragazzi di vita che, si badi, non sono i figli umili della borgata – come in Pasolini – ma sono proprio i ragazzi del centro, figli di autentica povertà (il protagonista trova un lavoro come operaio ed è invidiato dalla greffa) a popolare il cuore di Sassari.
Il racconto iniziale (Una città una strada, poi La luna di via Ramai) si snoda lungo lo spazio e il tempo, in un ibrido di realismo e trasfigurazione letteraria, passato poi negli episodici fotogrammi che colgono altre sfumature della società sassarese e della cultura popolare (“L’uomo che credeva nel siddaddu” narra di un credulone che pensa di avere trovato il siddaddu, vale a dire un antico tesoro abbandonato) ma cede nel finale, sbottando in un fiume di ricordi sulla seconda guerra mondiale, non dimenticando la fisionomia della città lungo le varie stagioni che hanno accompagnato quegli anni. Delogu non è uno scrittore prolifico e l’amico Vasco Pratolini ha il merito di averlo stimolato alla scrittura e stuzzicato affinché i suoi racconti orali potessero trovare spazio nella memoria delle future generazioni.
Autore dimenticato, trascurato, Ignazio Delogu è invece un faro per i letterati e i lettori sassaresi: lasciate marcire il noir nelle lande americane, ché Sassari rivendichi i suoi scrittori.

Edizione esaminata e brevi note

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE
Ignazio Delogu (Alghero, 1928 – Bari 2011), è stato uno scrittore, traduttore, storico, poeta sardo; è stato docente alla facoltà di Lingue e Letterature Straniere di Sassari e Cagliari. Traduttore di svariati autori di lingua spagnola, su tutti Neruda (Pablo Neruda e l’Italia, Ibiskos, 2008), ha vinto il premio Giuseppe Dessì nel 1994. Ha pubblicato in narrativa Oscura notizia (Nemapress, 1992), La luna di via Ramai (La biblioteca della Nuova Sardegna, 2003); in poesia A boghe sola (Edes, 2000), Arde il mare (Ellis, 2009); in storia dell’arte Salvatore Fancello (Illisso, 1988) in collaborazione con altri autori.
Ignazio Delogu, “Una città una strada e altri racconti”, Editrice Democratica Sarda (Edes), Sassari 1999.