Fezzi Alberto

Il principe del foro non esiste

Pubblicato il: 3 Dicembre 2011

Non è frequente trovare un avvocato autoironico, per questo il breve saggio del veronese Alberto Fezzi va tenuto in considerazione e letto con un sorriso.

Costituisce un unicum nel panorama letterario e ci presenta quadri divertenti sulla professione dell’avvocato e riflessioni notevoli, espresse sempre in tono semiserio.

Si parte dalle origini: il mestiere più antico del mondo non è la prostituzione, è l’avvocatura, visto che fin dall’inizio della sua storia l’uomo non ha fatto altro che litigare (“Homo homini lupus” come diceva Hobbes).

Il numero di avvocati in Italia è enorme: 220.000.

Un esercito, uno squadrone della morte, che se si ritrovasse unito e concorde potrebbe organizzare un golpe e conquistare il Paese con la sola forza del Codice Civile, traendo forza dalla toga, come Batman dal suo mantello.” (p.11)

Fezzi cerca, in poche pagine, di sintetizzare le ragioni che spingono un giovane a studiare Giurisprudenza: incertezza e fascinazione, fascinazione legata a tutta una serie di film e fiction sugli avvocati, in genere americani, assolutamente falsi.

Di fatto, il principe del foro è come il principe azzurro: non esiste.

Lo stesso avvio verso la professione forense è preceduto dallo schiavizzante praticantato biennale e poi dal terribile esame di stato – la finale di Champion League – che si tiene, per la parte scritta, una volta l’anno.

Superate queste forche caudine, c’è l’accesso al lavoro vero e proprio, che in verità ha ben poco di avventuroso ed è costituito da molto studio in parte noioso e da guadagni non eccessivi.

In compenso consente molta libertà e un’autogestione invidiabile del tempo (orari variabili, padronanza della propria organizzazione), oltre a essere un continuo stimolo e una sfida intellettuale.

In una serie di ironici capitoletti Fezzi analizza i molteplici aspetti dell’avvocatura: varie tipologie di avvocati e di clienti, i giudici, i tribunali, infine non mancano strali verso alcune categorie professionali – i commercialisti, i geometri e i notai – con cui gli avvocati sono costretti a confrontarsi spesso.

Breve e conciso, questo divertissement di Fezzi vuole costituire una “scientifica opera di demolizione dell’avvocatura da fiction”.

È un piccolo manuale semiserio in cui gli addetti ai lavori possono ritrovare aspetti della loro realtà, ma può costituire anche un ottimo preavviso per quei giovani che intendono scegliere Giurisprudenza, dopo aver visto fantasiose e illusorie fiction sulla gaudente vita degli avvocati (che invece rischiano di morire d’infarto per le ansie delle scadenze e i tanti cavilli legali da ricordare!).

Chiunque abbia avuto a che fare con avvocati e tribunali può giocare a ritrovare episodi della sua esperienza nelle pagine di Fezzi.

L’impressione è che comunque il giovane avvocato veronese approfitti di questo libro per muovere sensate critiche a certi tipi di giudici, di clienti e di colleghi e a tutto un sistema vecchio e lento.

Nei tribunali italiani, e in particolare nei tribunali civili, non c’è poesia alcuna, non c’è fascino, non c’è quasi mai spazio per il genio, per l’invenzione, per il colpo d’ala, per l’intuizione che fa vincere la causa. In questi tribunali regna una burocrazia pesante e stanca, che procede con affanno nel migliore dei casi, e con noia e svogliatezza nel peggiore” (p.47)

Nello stesso tempo vi sono parole di riconoscenza verso i suoi maestri, coloro che l’hanno introdotto alla professione con sincerità e pazienza.

Al fondamento di tutto s’intuisce la passione per il proprio lavoro e la volontà di esercitarlo seriamente.

L’avvocato è, prima di tutto, una persona, con una sua coscienza, una sua responsabilità, una sua intelligenza e un suo buon senso. Nel silenzio del proprio studio, alla luce dalla lampada che illumina la sua scrivania, i fogli e i fascicoli sparsi su di essa, tra il frusciare delle proprie riflessioni e dei propri pensieri, l’avvocato, nell’affrontare ogni questione, deve ricorrere a quella coscienza, quella responsabilità, quell’intelligenza e quel buon senso”. (p.83)

articolo apparso su lankelot.eu nel dicembre 2011

Edizione esaminata e brevi note

Alberto Fezzi (Verona 1977) avvocato civilista e scrittore, vive e lavora a Verona.

Alberto Fezzi, Il principe del foro non esiste, edizioni Historica 2011

Links: www.albertofezzi.com