Mesirca Giuseppe

Una vecchia signora

Pubblicato il: 6 Novembre 2009

Inverno ’44. Nella sonnolenta provincia veneta, in un antico paesotto agricolo, vive Caterina, una vecchia signora austera e dispotica, inacidita dalla solitudine e dall’età. Ricca ereditiera, ha vissuto col padre fino a cinquant’anni e ha rifiutato ogni pretendente alla sua mano (e alle sue sostanze), dedicandosi all’amministrazione dei suoi beni e all’allevamento di cani e cavalli di razza. Abita in un grande palazzotto pieno di stanze insieme al vecchio servo Giovanni, ereditato dal padre, che mai l’aveva stipendiato pur avendolo utilizzato per molte mansioni (servo, fattore, cocchiere). In tarda età Giovanni aveva rivelato insospettate doti di domestico, tali da renderlo più abile di una cameriera di lunga esperienza.

Caterina ha modi bruschi e freddi, è piuttosto avara e conduce un’esistenza ritirata e chiusa, caratterizzata da abitudini fisse, piccoli riti che scandiscono il trascorrere del tempo. Per tenersi informata sulle ultime notizie del paese riceve ogni sabato, a orario fisso, alcune conoscenti, altre anziane signore che tratta come subalterne. Gli incontri si concludono con immancabili partite a briscola o a tresette e soltanto se la signora vince si degna di offrire alle ospiti un goccio di un vinello speciale, prodotto dai suoi vigneti.

Un giorno, nella vita regolata e monotona di Caterina, fa irruzione Aldo, un giovane diciassettenne, figlio di una sua lontana parente di Roma. Aldo è bello e pieno di vita.

Aveva l’incarnato pallido, ma non del pallore del malato, indizio d’anemia, ma d’un misto d’ambra e di perla, una tinta incomparabile che la natura si compiace di dare alla pelle per conferire al viso un fascino maggiore, e, nello stesso tempo, per porre in risalto, dato il contrasto, le meraviglie dei lineamenti, come l’arco perfetto delle sopracciglia, gli occhi d’un bel marrone scuro, striato da tante pagliuzze dorate, e che sfavillavano entro il contorno delle ciglia lunghissime, e la bocca, d’un disegno tenero e insieme risentito, che se si socchiudeva soltanto un poco (e questo accadeva, si può dire, di continuo, come se le labbra fossero in perpetuo percorse da fremiti), rivelava denti di un candore ineguagliabile.” (p.46)

La vecchia signora, che aveva frequentato solo uomini rozzi e volgari, perlopiù anziani, rimane piacevolmente affascinata dal ragazzo e dall’allegro scompiglio che porta in casa, gli prepara buon cibo, un letto confortevole, si preoccupa per lui e diviene allegra come non lo era mai stata.

La presenza di Aldo conferisce “un non so che di vivace e di trepido” alla vita di Caterina, cui l’Autore dona tratti più dolci e affettuosi sotto la ruvida scorza.

Il ragazzo è un repubblichino, arruolatosi volontario nella milizia fascista, il suo distaccamento, con l’approssimarsi degli angloamericani, è stato trasferito dapprima a Firenze e poi a Padova, dove il giovane si è ricordato della lontana parente.

Aldo è “una ventata d’aria fresca” che sconvolge il piccolo mondo di Caterina portando “una straordinaria novità nei sentimenti”, lei si sente sicura con lui in casa, ma diventa gelosa soprattutto quando il giovanotto s’innamora di una coetanea, Tilde, una contadina piemontese arruolatasi come ausiliaria nell’esercito repubblichino per sfuggire a un’esistenza misera e faticosa. Sbattuta qua e là dagli eventi Tilde è infine approdata in Veneto.

Caterina tenterà d’insinuarsi tra i due con un finale prevedibile, da commedia.

Romanzo d’antan, ma piacevole, “Una vecchia signora” rievoca, a livello di trama, “Le sorelle Materassi” di Palazzeschi.

È uno spaccato di vita della provincia veneta e della borghesia paesana, chiusa nella sua ricchezza, abituata al comando e al possesso, incapace di comprendere le reali condizioni di vita dei contadini, poveri destinati a rimanere tali, “i poveri erano una razza speciale, avida e ingrata e bisognava guardarsi da loro con diffidenza”. (p.122)

Il tono è da commedia, anche se il momento storico è tragico e difficile. Inusuale la scelta di raccontare proprio le vicende di due giovani repubblichini, mentre si sottolinea il disgusto di Caterina verso il fascismo. Se l’adesione di Tilde alla repubblica di Salò appare dettata essenzialmente dal desiderio di sfuggire alla povertà, ben più convinto è Aldo, che partecipa a un rastrellamento di partigiani e afferma orgoglioso di averne uccisi cinque.

L’interesse di Mesirca non va però alle vicende politiche, in quell’angolo della provincia padovana la guerra è una lontana eco, è un misterioso aereo che vola di notte sul paese, è la carestia incombente, il mercato nero, il rastrellamento dei partigiani, tutti eventi che paiono non scuotere la coscienza del paese. Solo alla fine la guerra si fa sentire in modo più marcato, con il bombardamento, la cui descrizione è però funzionale allo scioglimento della trama.

I partigiani sono personaggi misteriosi e nuovi che, come i fantasmi, “commettevano ogni sorta di molestie ai danni dei tedeschi e dei fascisti” oppure si presentavano di sera a casa di qualche facoltoso e avaro proprietario per farsi consegnare il denaro.

Dal canto loro, i paesani si erano convinti che per tutta la guerra non ci sarebbe stato alcun bombardamento, l’atteggiamento generale è di noncuranza e di “sorniona fiducia”, è un mondo piccolo, chiuso e non interessato ad alzare lo sguardo oltre i propri confini, un mondo che Mesirca descrive molto efficacemente, con una prosa dai periodi lunghi, abilmente descrittiva, nella quale il paesaggio veneto e le sue atmosfere un po’sonnolente sono ben rispecchiati.

Articolo apparso su lankelot.eu nel novembre 2009

Edizione esaminata e brevi note

Giuseppe Mesirca (Cittadella-Padova 1910 – Galliera Veneta-Padova 1995) scrittore e saggista italiano. Finalista al Campiello nel 1967 con “Una vecchia signora”. Laureato in Medicina e Chirurgia a Padova, ha esercitato per tutta la vita la professione di medico condotto.

Giuseppe Mesirca, Una vecchia signora, Padova, Bino Rebellato editore.

Graficamente il libro è semplice, ma ben rifinito, le pagine sono cucite non incollate. Dice il colophon: Questo volume è stato stampato in caratteri “Garamond” su carta “Dull” delle cartiere Binda nella tipografia Bertoncello di Cittadella nell’anno 1967 a cura di Bino Rebellato editore in Padova.