Torna Woody Allen, con una commedia sentimentale che riprende alcune tematiche a lui care, sviluppate attraverso diversi registri narrativi del suo cinema più recente. E sorprendentemente – ma non poi tanto, a ben guardare – torna proprio a Londra, abbandonata da due film a questa parte e protagonista del filone più glaciale e pessimista (la trilogia Match Point, Scoop, Sogni e delitti) del regista newyorchese. Incontrerai l’uomo dei tuoi sogni, titolo volutamente beffardo e fuorviante – ancorché l’originale sia lievemente differente e dal sinistro retrogusto -, è una pellicola che sembra avere le componenti della classica commedia alleniana, quanto meno in partenza, ma che attenua visibilmente il ricorso al consueto campionario di battute taglienti e di dialoghi spiazzanti. È più un’analisi, sempre leggera e disincantata, condita da una sottile vena umoristica mai volgare o banale, della fragilità dell’animo umano, del suo bisogno di relazione e della sua ansia di ricerca di un qualcosa a cui riesca a dare un nome convenzionale che traduca in forma semplice la necessità di condivisione affettiva. Forse è l’amore, questo qualcosa, più probabilmente l’empatia o qualunque altro sentimento che non ci faccia sentire soli a questo mondo. E ci si accorge presto che la commedia sfuma non più in cerca del cinismo del tempo che fu, né del pessimismo cosmico londinese, ma più che altro in una sorta di misurata indulgenza nei confronti di personaggi la cui ricerca di felicità non può che restare incompiuta perché affidata all’auto inganno preventivo per evitare la sofferenza, il confronto con le proprie paure o per non lasciarsi andare alla deriva.
Nessuno sfugge a questa regola. L’ultrasessantenne Alfie (Anthony Hopkins) ha lasciato l’anziana moglie Helena (Gemma Jones) perché colto da improvviso attacco senile. Sposa una giovanissima e avvenente prostituta, dalla quale vuole un figlio maschio che colmi il vuoto lasciato da un lutto mai elaborato. Helena, depressa e alcolizzata, trova conforto grazie alle cure interessate di una sedicente maga che le spilla un sacco di soldi, lasciandole credere che ha vissuto più vite e che ha tanta energia positiva intorno a sé. Helena e Alfie hanno una figlia, Sally (Naomi Watts), che deve affrontare un matrimonio disatroso con uno scrittore fallito e nullafacente (Josh Brolin) che s’invaghisce di una giovane musicista (Freida Pinto) in procinto di sposarsi. Sally lavora in una galleria accanto al capo Greg (Antonio Banderas), per il quale comincia a provare più che una semplice attrazione fisica. Questa la base di partenza da cui si snodano le vicende sentimentali e esistenziali di personaggi che inevitabilmente aumentano col mutare degli scenari. Nessuno, però, alla fine della fiera, sembra trovare l’agognata stabilità affettiva, ed anzi qualcuno cercherà – invano – di ritornare sui suoi passi.
Dicono che Woody Allen tocchi sempre gli stessi argomenti, e questo è vero solo in parte; ma non è affatto un difetto, a parere di chi vi parla, perché l’artista newyorchese adatta il suo sguardo ai passaggi dell’età, sia biologica che artistica, e cerca di regalare un cinema che inviti all’immedesimazione e alla riflessione un pubblico mirato, amante dell’arte, colto o quanto meno informato sui fatti del mondo che gli gira attorno, probabilmente più europeo che americano per mentalità. Certo Allen cita sovente sé stesso, e non sfugge alla regola nemmeno in questo caso. Palesi sono, a tal proposito, le vicinanze tra il personaggio della giovane prostituta che irretisce Anthony Hopkins con quelli incarnati, in maniera peraltro più convincente, da Mira Sorvino in La dea dell’amore e da Evan Rachel Wood in Basta che funzioni. E poi c’è il personaggio interpretato dallo stesso Hopkins, alter ego con cui Allen è meno indulgente del solito: lo mostra alle prese col Viagra e con l’inadeguatezza di un’età psicologicamente mal vissuta, in tutta la sua decadenza senile. Il cast a disposizione dell’artista di Manhattan è sempre di gran lusso, ma meno convincente che in passato, e tra un Hopkins non troppo ispirato, un Banderas senza sussulti, un Josh Brolin ingrassato e poco decifrabile, quello che convince maggiormente è l’universo femminile, con Naomi Watts una spanna sopra a tutte.
Incontrerai l’uomo dei tuoi sogni è pertanto un ritorno affatto casuale a Londra, abbandonata con il cupo Sogni e delitti, a cui era seguito il solare ma dall’epilogo non consolatorio, Vicky Cristina Barcelona. Nemmeno il ritorno a New York, con Basta che funzioni, aveva allontanato i dubbi su un pessimismo di ritorno mascherato sotto forma di fatalismo, nonostante l’effetto satirico sia più palese rispetto alle sue ultime opere. Le trasmigrazioni alleniane culminano dunque nelle reincarnazioni evocate da Helena, persa nel suo vortice di illusioni e di certezze ultraterrene le quali, paradosso dei paradossi, le sono indispensabili per restare agganciata a una vita, quanto mai terrena, che sembra sfuggirle. Un’opera sottile e dalle percettibili venature malinconiche, affatto dirompente e di difficile lettura e conseguente apprezzamento se non si è amanti del cinema alleniano. Un film sul potere delle illusioni, sulle piccole grandi meschinità che aiutano a sopravvivere e andare avanti. Un Allen forse più indulgente ma sempre sottilmente amaro e palesemente disilluso, o quanto meno persuaso del fatto che non essendoci alcun Dio a cui rendere conto, l’unico vero giudice che abbiamo è soltanto la nostra coscienza.
Federico Magi, dicembre 2010.
Edizione esaminata e brevi note
Follow Us