Turkson Peter K.A., Alberti V. Vittorio

Corrosione

Pubblicato il: 8 Luglio 2017

È molto probabile che il titolo “Corrosione” invece di “Corruzione” sia stato  frutto di una scelta meditata. Se è vero che il dialogo tra Vittorio V. Alberti e il cardinale Turkson, oggi alla guida del Dicastero per lo Sviluppo Umano Integrale, affronta proprio il tema della corruzione, l’ottica della Chiesa infatti non è limitata alle premesse e alle conseguenze di un reato, ma si apre a prospettive molto più ampie, coinvolgendo anche i sistemi della legislazione, del governo, della finanza, dei servizi pubblici e i sistemi di valori che li ispirano: coerente uno sviluppo dell’argomento che, esprimendo una visione umanistica allargata dalla fede, procede con i capitoli “Persona”, “Società”, “Criminalità” e – sorprendentemente – “Bellezza”. Come scrive Vittorio V. Alberti: “ci auguriamo che emerga una comprensione ampia della corruzione non solo come reato di tangenti, ma della sua essenza antropologia e come dilemma mondiale all’origine di tante delle piaghe più crudeli del nostro tempo” (pp.16). Questa idea di potere per il potere e di mondanità spirituale, maleodorante e ipocrita, fa quindi parlare in senso lato di “corrosione”. Un termine che tra l’altro ha una qualche assonanza con rottamazione, altra espressione di questi tempi usata a sproposito e che – sarà un caso – molti di noi pensano abbia avuto a che fare appunto con l’ossessione del potere per il potere e con la mancanza di alcune qualità che in politica dovrebbero essere indispensabili. Difatti è ancora una volta il cardinale Turkson a dirci che “la corruzione è anche incompetenza” (pp.181).

Al di là questioni che potrebbero apparire nominalistiche è un dato di fatto che col pontificato di Bergoglio – autore della prefazione – le parole di condanna nei confronti della corruzione sono state sempre più frequenti. Gli inossidabili anticlericali potranno dire che sono solo parole e, visti gli scandali emersi in questi anni, che non c’è coerenza tra parole e fatti. Opinioni legittime, anche se spesso offuscate da pregiudizio e compiaciuta generalizzazione. Noi possiamo semplicemente prendere atto delle affermazioni del cardinale Turkson a fronte di una domanda sul clericalismo e sugli atteggiamenti gattopardeschi degli uomini di Chiesa: “Quando diventa clericale la Chiesa? Quando si corrompe? Quando glorifica la mondanità spirituale e la scambia per spiritualità; quando nelle parole e azioni si attiva un processo solo terreno, solo secolare. E così annuncia il Vangelo senza cercare di praticarlo” (pp.88). Ed ancora: “il clericalismo è un vuoto senza contenuto. È l’atteggiamento solo dell’esteriorità, della riduzione della Chiesa al comparto, appunto, clericale. Il clericalismo è corruzione spirituale” (pp.128). Concetti che papa Francesco – ripetiamolo – ha espresso più volte, insieme alla distinzione sostanziale e tutt’altro che facile tra corrotto e peccatore.

Allo stesso modo il cardinale Turkson ha ripetuto che “dei peccatori non occorre parlare troppo perché lo siamo tutti” (pp.70), mentre il corrotto si caratterizza per il fatto di credersi più furbo, di essere soddisfatto di sé e in genere “non è umile proprio sul piano intellettuale di fronte a ciò che commette, perché è convinto di muoversi nel giusto, anzi di più: non si pone il problema” (pp.73). Tutti concetti che sono stati rafforzati non soltanto con citazioni dai discorsi di papa Bergoglio ma anche con quanto affermato da Benedetto XVI, ad esempio nella enciclica Caritas in Veritate. Come già ben evidenziato da Vittorio V. Alberti nel suo “Il papa gesuita” e con buona pace di Antonio Socci e compagnia teo-con, ancora una volta emerge che tra i due pontefici non affatto c’è quella contrapposizione tanto enfatizzata dai media mainstream. Non è quindi un caso se in questo libro Vittorio V. Alberti ricorda Benedetto XVI quando “disse che il mondo ha bisogno di bellezza per non sprofondare nella disperazione” (pp.196). Ed anche Peter K.A. Turkson, citando papa Francesco, parla di bellezza che “può stendere un balsamo su tante ferite” (pp.201). Se si arriva a parlare in questi termini vuol dire avere consapevolezza che la corruzione è un fenomeno difficilissimo da estirpare innanzitutto perché è legata alla cosiddetta globalizzazione, che non si limita, come evidente, alla commissione di reati, ma è ormai una piaga che si nutre di una sorta di generalizzazione dell’indifferenza, della negazione di un’autentica spiritualità “che non è solo o soltanto fede” (pp.96), di un’idea di sviluppo come accumulazione senza limiti. In altre parole la corruzione che finita nel mirino del pontificato di papa Francesco “è prima di tutto un modo di essere e di pensare della persona, che le impedisce di progredire spiritualmente, e riversa i suoi effetti sulla società […] Ecco perché la lotta alla corruzione non può limitarsi alle leggi, ma deve puntare allo sviluppo di una cultura che contenga in sé gli anticorpi contro una malattia alla quale siamo tutti esposti, soprattutto quando ci troviamo in condizione di esercitare una qualsiasi forma di potere. Perché la corruzione si insinua ovunque, e nessuno ne è immune, neanche la Chiesa” (dalla quarta di copertina).

Questa visione, che assimila la corruzione ad una sorta di mondanità spirituale, emerge in maniera efficace proprio grazie alla scelta di un testo fatto di domande e risposte e, agli occhi del lettore non specialista, forse più dinamico rispetto ad un ordinario saggio di teologia, di filosofia od anche di geopolitica. Peraltro il confronto con il cardinale, che è rimasto pur sempre uno scambio di idee molto disciplinato, non ci pare abbia impedito al filosofo Vittorio V. Alberti di evidenziare quelle contraddizioni – si veda sulla possibile contrapposizione tra legalità e giustizia – che, tanto più in un monfo globalizzato, fanno  della corruzione l’essenza e nel contempo la causa delle nuove schiavitù, nonché di ipocrisie e di idolatrie sempre più devastanti.

Edizione esaminata e brevi note

Peter Kodwo Appiah Turkson, (Wassaw Nsuta, 1948) cardinale, già arcivescovo di Cape Coast e presidente della Conferenza dei vescovi del Ghana, nel 2009 è relatore al Sinodo dei vescovi per l’Africa quando Benedetto XVI lo nomina presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della pace. Nel 2016 Papa Francesco lo nomina primo prefetto del nuovo Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale.

Vittorio V. Alberti, (Roma, 1978), già docente di Filosofia (P. Università Lateranense), è officiale della Santa Sede nel Dicastero per lo Sviluppo Umano Integrale, incaricato dei temi politici, e membro della Consulta scientifica del Cortile dei Gentili. Ha collaborato o collabora l’Istituto L. Sturzo, l’Enciclopedia G. Treccani, Rai-Educational, la Fondazione A. Fanfani, il Consorzio Baicr, il Centro sperimentale di cinema, «l’Espresso», «Aggiornamenti Sociali», «La Civiltà Cattolica», «Nuova Storia Contemporanea», «Reset», «Liberal», «l’Unità», «Le Conquiste del Lavoro». È autore o curatore dei volumi Il mondo di Leone XIII (2006), La DC e il terrorismo nell’Italia degli anni di piombo (2008), Nuovo Umanesimo, Nuova Laicità (2012), Il concetto di pace (2013), Il papa gesuita (2014). Dirige la rivista online “Sintesi dialettica”.

Peter Kodwo Appiah Turkson, Vittorio V. Alberti, “Corrosione. Combattere la corruzione nella Chiesa e nella società”, Rizzoli, Milano 2017, pp. 217. Prefazione di Papa Francesco.

Luca Menichetti. Lankenauta, luglio 2017