Delli Ponti Mario

Musica maledetta. Il trionfo della non musica

Pubblicato il: 11 Maggio 2013

Il titolo, “Musica maledetta”, e le dimensioni (appena 116 pagine) rendono l’opera del maestro Mario Delli Ponti facilmente riconoscibile quale pamphlet, ovvero “libello di tono polemico” (cit. Zanichelli). Pamphlet ma non solo, non fosse altro che dopo tante necessarie recriminazioni, leggiamo l’ultimo capitolo dedicato alla rappresentazione di una liturgia greco-ortodossa sulle pendici della Tessaglia, con la volontà di tornare a quella musica e a quella contemplazione che ormai pareva del tutto perduta nelle nostre chiese post-conciliari.

“Musica maledetta” è opera postuma e forse anche per questo motivo le pagine procedono “senza la logica di un trattato”, come giustamente scrive Lorenzo Arruga nella sua bella prefazione: probabilmente un difetto, nemmeno l’unico, ma al di là dei limiti di questo pamphlet imperfetto, è chiarissimo l’intento di Mario Delli Ponti di replicare con veemenza alle “parrocchiali schitarrate di infimi cantautori”. Possiamo credere ad Arruga quando scrive che il nostro autore, pur coltissimo degustatore di Bach, Gesualdo da Venosa e Palestrina, “sa che la libertà di chi inventa è necessaria e preziosa: non gli verrebbe in mente mai di dare precetti a chi compone sul linguaggio in cui esprimersi. Non gli verrebbe naturale mai, nell’incontro con una nuova musica, perder tempo a rimpiangere il passato. Ma questa volta è sopraffatto dalla nostalgia amara di un bene perduto: la convinzione che il sacro debba coincidere col bello” (p. 2). Ammesso e non concesso che in Delli Ponti ci sia stata pure stata una dose di sussiego accademico, è comunque sotto gli occhi (e le orecchie) di tutti come le funzioni religiose si siano da tempo piegate ad una sorta di consumismo sonoro, accettato, a volte favorito da sacerdoti, spesso poco colti o quanto meno disinteressati ad argomenti quali l’estetica musicale, l’arte, il bello, la sacralità nelle chiese. Forse nella speranza che il “piace ai giovani”, ovvero questa sorta di “ansiolitico ecologico”, possa rivelarsi uno strumento di utile propaganda, tanto importante da sacrificare la bellezza e il raccoglimento.  E Delli Ponti proprio non la manda a dire: “Il Concilio Vaticano II non ha responsabilità dirette per ciò, anche se, come si vedrà, si espresse in un modo piuttosto generico, senza tener conto delle molteplici e truffaldine possibili di interpretazioni deformanti da parte di analfabeti della musica […] Oggi si tende ad assecondare e blandire il cattivo gusto di massa, tentando di incorporarlo ai riti con un’operazione che ricorda il ricupero, sempre precario, di una maionese impazzita. Denunciare tutto questo non significa porsi in una prospettiva di chiusura nei confronti della storia […] L’offerta a Dio del “peggio”, solo perché più noto, “facile” e propagandato, o magari perché piace ai giovani, non è solo profondamente irriverente, ma anche, e in modo irrimediabile, profondamente sciocco” (p. 23). Un pamphlet che non si limita all’analisi spietata dei riti religiosi funestati dalla sciatteria e dal dilettantismo di qualche volenteroso, ma si arricchisce di numerose citazioni, anche letterarie (Delli Ponti era noto per essere “lettore accanito”), e in qualche modo svela un percorso molto personale, nel tempo e nello spazio, dedicato all’estetica musicale nella storia de alla potenza divina della musica: da Sant’Agostino ad Adorno, da Maritain a Kierkegaard, da Romano Guardini a Ravasi, da Jubal (Genesi, IV, 21) a Rudolph Otto. Il linguaggio usato da Delli Ponti, forse anche in virtù di questa pubblicazione postuma, qua e là appare un po’ involuto, fin troppo ricco di aggettivi, ma certamente non tale da risultare incomprensibile. Ma che possa piacere o meno lo stile, il nostro musicista prestato alla letteratura ha saputo scegliere molto bene le citazioni, perfettamente coerente con un pamphlet che non vuole esprimere soltanto una rabbiosa contestazione.

Qui leggiamo Maritain: “Il mondo moderno congela la bellezza al servizio dei lavori forzati. Il ripudio della bellezza è una cosa molto pericolosa, se non per l’arte che non può in realtà divorziare dalla bellezza, almeno per l’umanità. Uno degli orientamenti viziosi che avviliscono la nostra civiltà industriale è una sorta di ascetismo al servizio dell’utile, una sorta di empia mortificazione che non tende ad alcuna vita superiore. Gli uomini sono ancora capaci di eccitazione e distensione, ma quasi completamente privi di ogni piacere e riposo dell’anima. Questo fenomeno di disumanizzazione può essere superato. L’arte vi svolge una missione eccezionale” (pag. 60). In questo senso, secondo Delli Ponti, anche l’aprirsi al mistero del silenzio, musicale anch’esso, avrebbe una sua logica salvifica. Quel tanto per evitarci l’ascolto delle “schitarrate”, certamente non l’unico simbolo di cattivo gusto imperante nelle chiese allineate ad una logica consumistica, ma uno dei tanti concreti esempi che, nella nostra società, hanno significato la rinuncia all’arte e quindi al sacro.

Edizione esaminata e brevi note

Mario Delli Ponti, pianista italiano (1931 – 2010). Ha studiato con Giovanni Anfossi, Alberto Mozzati, Marguerite Long e Ilonka Deckers. Diplomatosi nel 1947, due anni più tardi esordì nella propria città, Milano, con straordinario esito di pubblico e di critica. Nel 1956, venticinquenne, fu invitato da Arturo Toscanini a suonare nella propria residenza di Riverdale presso New York; vinse quindi a Londra nel ’57 la Bach Medal, importante premio internazionale; nel 1961 venne chiamato da Pablo Casals a suonare a Puerto Rico. In Italia ha suonato al Teatro alla Scala e alla Società del Quartetto di Milano, all’Accademia di Santa Cecilia di Roma, al Maggio Musicale di Firenze e presso i maggiori Festival e istituzioni musicali. All’estero, insieme alle frequentissime tournées in Nord America, ha suonato e suona in tutta Europa, Russia, Israele, Giappone, Cina e Sud America. Molto attivo nel campo della musica da camera in varie formazioni, ha inciso dischi con la RCA, l’Angelicum, e CD per Foné, LoveLied, e Bongiovanni. Nell’aprile del 2001 è stato negli Stati Uniti per un ennesimo giro artistico concluso a New York dove ha tenuto anche un ciclo di Master Classes alla Carnegie Hall. Ha inciso in CD il raro Concerto per pianoforte e orchestra di Lorenzo Perosi (1916). Nel maggio del 2003 gli è stata concessa dal Presidente della Repubblica la medaglia di benemerito della Cultura e delle Arti. Nel corso della stagione 2004-2005 eseguì diversi programmi a tema, tra cui uno dedicato ai 24 Preludi di Debussy.

Mario Delli Ponti, “Musica maledetta. Il trionfo della non musica” (a cura di Liliana Garuti delli Ponti), Zecchini, Varese 2012, pag. 120

Luca Menichetti. Lankelot, maggio 2013