Landi Antonio

Non di solo pane

Pubblicato il: 20 Febbraio 2018

Gesù e la prassi del digiuno

La frase “Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce per bocca di Dio” (Matteo 4,4; Luca 4,4) è diventata ormai proverbiale e, devo ammetterlo, mi ha sempre colpito, per quanto io non sia tipo da digiuni, né possa permettermelo per ragioni di struttura fisica, né la mia famiglia, pur cattolica praticante, li abbia mai osservati. Dei famosi venerdì di Quaresima io ricordo il baccalà o le seppie in umido con polenta che preparava mia madre, tutte pietanze ottime e, direi, poco “penitenziali”. Si mangiava con moderazione, ma non ci mortificava il palato.

I miei appartenevano alla generazione che aveva patito la fame con la guerra, credo che di digiuni forzati ne avessero avuto abbastanza.

Chiusa questa parentesi personale, il digiuno oggi ha perso per la maggioranza delle persone l’antico significato religioso o ascetico ed è diventato una pratica igienica o dietologica. Il famoso oncologo prof.Veronesi consigliava di digiunare una volta a settimana per mantenersi in buona salute.

Credo che tutte le religioni, fin da tempi antichissimi, abbiano praticato il digiuno per vari motivi. Le edizioni Dehoniane ci propongono oggi uno snello volumetto che illustra in modo molto chiaro questa prassi sia nell’Antico Testamento che in Gesù.

Gli ebrei, come narra la Bibbia, digiunavano per lutto, per richiedere l’assistenza divina in caso di sventure o pericoli sia personali che collettivi, prima di una teofania. Ad esempio Mosè sul monte Sinai rimase senza mangiare e senza bere per quaranta giorni e quaranta notti prima di scrivere su pietra il testo dell’Alleanza. (Esodo 34,28).

Ecco allora che i quaranta giorni di digiuno di Gesù nel deserto, che corrispondono poi alla Quaresima proposta ogni anno dal calendario liturgico, sono in perfetta linea con una tradizione esistente, nella quale Gesù stesso s’innesta, rinnovandola dall’interno.

Gesù infatti fu spesso accusato dai farisei di essere “un mangione e un beone, amico dei pubblicani e dei peccatori” (Matteo 11,18-19; Luca 7,33-34) poiché non disdegnava di essere ospite di persone che avevano trasgredito i precetti della legge giudaica, ritenendo che proprio loro avessero più bisogno della sua misericordia come i malati necessitano del medico.

Landi, che è un insigne studioso, si sofferma sulle tre tentazioni di Gesù nel deserto, prove che affronta prima di iniziare la sua predicazione pubblica e che vengono raccontate, con alcune varianti, dai vangeli sinottici. Landi confronta le diverse parole usate dagli evangelisti e il loro significato. L’analisi è assai precisa e non mancano le note (oltre un centinaio in un libro di 70 pagine) e una ricca bibliografia finale.

L’episodio delle tentazioni di Gesù non è, a mio avviso, un brano facile del vangelo e certamente il libro di Landi, molto chiaro, aiuta comprensione e riflessione.

Vi sono inoltre varie occasioni nelle quali Gesù si occupa del digiuno e dà indicazioni su quando e come praticarlo, certamente non ostentandolo come fanno gli ipocriti, che si cospargono il capo di cenere e si sfigurano il volto.

“Nelle parole di Gesù non si percepisce l’invito a praticare una spiritualità intimistica, privata, in cui il fedele si relaziona esclusivamente con Dio. Piuttosto, egli intende purificare le espressioni più alte della spiritualità biblico-giudaica, quali l’elemosina, la preghiera, e il digiuno dalla tentazione dell’esibizionismo e del merito”.

Digiuno, elemosina e preghiera – che sono le proposte che la Chiesa fa ogni anno in Quaresima – costituiscono un itinerario di purificazione e di crescita nella relazione con Dio.

Riguardo a quando digiunare, vi è un tempo opportuno anche per quello: i discepoli non lo faranno finché il loro maestro è con loro, semmai dopo, quando verrà loro sottratto e inizierà il tempo dell’attesa.

Di sicuro Gesù non ha mai predicato pratiche esageratamente mortificatorie o autoflagellanti, delle quali invece si è fatto uso in passato, ma ha scelto sempre in piena libertà anche quando digiunare.

“Gesù è un uomo libero, e ai suoi discepoli chiede di comportarsi allo stesso modo: compiendo gesti di carità, pregando o praticando il digiuno, essi devono affrancarsi dall’ambizione di essere ammirati dagli uomini per sentirsi gratificati e appagati, rischiando così di essere schiavi del paluso altrui”.

Astenersi dal cibo, o da altro che può vincolarci eccessivamente, è un modo per non esserne schiavi e per non preoccuparsi troppo delle cose materiali, affidandosi alla bontà provvidente di Dio.

“In effetti, il digiuno assolve una preziosa funzione pedagogica, perché consente all’uomo di liberarsi dai falsi miti dell’egoismo e dell’autoreferenzialità, per i quali tutto ciò che conta è poter soddisfare i propri bisogni e desideri. Digiunare significa entrare nel deserto delle proprie attese per lasciarsi purificare da Dio”.

Edizione esaminata e brevi note

Antonio Landi è docente associato di Sacra Scrittura alla Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale (Napoli) e professore invitato alla Pontificia Università Urbaniana (Roma). Dottorato al Pontificio istituto Biblico, si occupa di letteratura neotestamentaria e collabora alle riviste Biblica, Rivista Biblica e Asprenas. Tra le sue pubblicazioni recenti: “Paolo e l’evangelo della misericordia” (Cittadella 2016) e “Generare alla fede. Paolo, padre e madre della comunità cristiana” (Paoline 2017).

Antonio Landi, Non di solo pane. Gesù e la prassi del digiuno, Bologna, Edizioni Dehoniane 2017. Questo volume nasce dal desiderio di offrire ai partecipanti del corso di esercizi spirituali organizzato dal santuario di Pompei (15-17 marzo 2017) uno scritto per sostenere il loro cammino di fede in Gesù Cristo.