
Transnistria, anche solo a leggerne il nome si fa fatica, quella sillaba “ni” circondata da due “s” suona male, non dovrebbe essere là, proprio come questo territorio separatista: una striscia di terra tra Moldavia ed Ucraina dove dal 1990 si è instaurato uno stato indipendente che l’ONU non ha mai riconosciuto. Spesso lo si sente nominare come ultimo baluardo delle passate glorie socialiste, una sorta di bottega d’antiquariato dove le statue di Lenin ancora campeggiano per strada e l’Unione Sovietica si rifiuta di passare.
Un luogo del genere si presta molto bene ad un libro di viaggio, ma il rischio concreto è di pubblicare un mattone storico, ottusamente nostalgico o al contrario superficiale ed eccessivamente critico, magari con tante belle date e poca umanità. Studiosi, accademici e giornalisti sarebbero forse caduti in questa trappola, per fortuna gli autori di questo piccolo volume sono tre giovani, due ragazzi ed una ragazza: Marco Carlone, Simone Benazzo e Martina Napolitano.
Giovani sì, forse ingenui, spensierati e irriverenti, con una scrittura semplice e senza molti fronzoli, si possono trovare una marea di difetti legati all’età e all’inesperienza, ma il fatto è che qui non abbiamo a che fare con tre travel blogger cresciuti a pane, Wikipedia e Lonely Planet e spinti a viaggiare solo dalla possibilità di selfies e likes per le loro pagine social. Abbiamo di fronte tre laureati con tanto di studi all’estero e con un vero interesse, anzi quasi un feticismo, per i Balcani, l’Europa Orientale e il mondo post-sovietico. Addirittura, Martina Napolitano parla fluentemente russo ed è dottoranda in slavistica.
Il libro racconta del loro viaggio, compiuto nell’estate del 2017: invece che prenotare un volo per Ibiza, prendono in prestito l’auto del padre di uno dei tre e partono verso est, destinazione finale proprio la Transnistria. Tra Trieste Tiraspol’ (la capitale), però c’è un mondo fatto di confini, popolazioni dai nomi antichi e dimenticati, cibi che si assomigliano ma che non sono gli stessi, conflitti dimenticati nelle pieghe della storia ed ecco quindi che in Transnistria ci arriviamo lentamente, in modo graduale come se seguissimo un percorso nel mondo post-sovietico che ha come suo massimo rappresentante proprio questa repubblica separatista.
Il libro si divide in capitoli piuttosto brevi, ognuno dedicato ad una tappa del viaggio. Tra le pagine si trovano spesso degli inserti grigi, sono le digressioni storiche, a volte un po’ troppo lunghe ma effettivamente necessarie per cercare di carpire almeno la superfice di quel grande calderone storico che sono i Balcani e l’Europa Orientale.
Le parti di narrazione sono leggere, costellate di battute, episodi divertenti, continue ricerche di cibo ma anche osservazioni argute, non solo storiche ma anche politiche e sociali, tutte non banali per dei giovani viaggiatori. A coronare il tutto anche molte belle foto scattate da uno dei tre che si occupa proprio di fotografia.
Sono convinto che qualsiasi professionista avrebbe potuto pubblicare un reportage di viaggio più scientifico e approfondito di questo libro, ma dubito fortemente che avrebbe ottenuto un racconto così piacevole e appassionante. Come dice anche il corrispondente RAI Sergio Paini nell’introduzione è soprattutto grazie alla curiosità che il libro risulta così ben riuscito, leggere le peripezie di questi tre ragazzi è divertente e si arriva alla fine con la sensazione di aver imparato molto, ma soprattutto con la voglia di prendere l’auto ed arrivare in Transnistria.
Forse un giorno riuscirò a visitare pure io questo curioso paese non riconosciuto e quel giorno prenderò questo libro dallo scaffale e lo userò per pianificare l’itinerario. Nel frattempo, lo consiglio a tutti i feticisti del post-sovietico ma soprattutto a chi non ha idea di cosa sia la Transnistria.
Edizione esaminata e brevi note
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