Benatar David

Meglio non essere mai nati

Pubblicato il: 25 Dicembre 2018

Il saggio di David Benatar, filosofo sudafricano, è stato generalmente definito come provocatorio; ma forse non è l’aggettivo più adatto per un’opera come “Better Never to Have Been: The Harm of Coming into Existence”. La provocazione il più delle volte non fa tanto il paio con una reale convinzione quanto con l’aggressività e col desiderio di scandalizzare. Di primo acchito l’approccio di Benatar sembra appunto di tutt’altro tenore: il “male di venire al mondo” viene trattato con grande scrupolo analitico, evitando toni particolarmente bellicosi, avvalendosi sia di criteri psicologici sia di criteri matematici e statistici. E difatti le tesi esposte in “Meglio non essere mai nati”, nella loro radicalità, non lasciano spazio a equivoci: opponendosi all’ottimismo delle teorie evoluzioniste, Benatar, peraltro perfettamente consapevole di proporre teorie a dir poco impopolari, afferma che “ogni vita contiene una grande parte di male, molto più di quanto ritengano di solito le persone” e che quindi “l’unico modo per garantire che una potenziale persona futura non soffra di questo male è assicurarsi che non diventi mai una persona reale” (pp.15). Una prospettiva antispecista, un nichilismo inteso come rifiuto di imporre ad altri quello che viene considerato in ogni caso un danno evidente. Il cosiddetto “principio di Pollyanna”, il pollyannismo”,  ingannerebbe gli esseri umani facendo loro credere di vivere una vita decisamente migliore di quanto sia in realtà: “siamo quindi ciechi agli aspetti negativi della nostra vita” (pp.132). Un pessimismo, ovvero un’asimmetria palese tra bene e male, che viene confortata dalle frequenti citazioni di filosofi come Schopenhauer, ma che in particolare si vuole dimostrare con incalzanti ragionamenti controintuitivi. Siamo in presenza di teorie morali che, con toni tutt’altro che apocalittici, sfociano in un antinatalismo radicale.

L’approccio controintuivo di Benatar è spesso sorprendente: “Dimostrerò che i miei argomenti non sono incompatibili con il pensiero religioso, come molti potrebbero credere. Esaminerò le questioni della morte e del suicidio. Più precisamente sosterrò che si può pensare che venire al mondo sia sempre un male senza pensare che continuare a esistere sia sempre peggio che morire. La morte quindi può essere un male per noi, a dispetto del fatto che anche venire al mondo è un male. Ne consegue che il suicidio non è una conseguenza inevitabile delle mie idee, anche se può essere una risposta possibile almeno in alcuni casi. Infine, la conclusione mostrerà che per quanto il punto di vista anti-natalista si basi su considerazioni filantropiche, ci sono stringenti argomenti misantropici che portano alla medesima conclusione” (pp.27). Ragionamenti quindi tutti diretti a dimostrare che gli aspetti positivi dell’esistere non sono vantaggi rispetto al non esistere; con tutte le conseguenze che ne derivano in merito ai temi della procreazione, dell’aborto, del futuro dell’umanità.

Le tesi anti-nataliste del filosofo sudafricano, va precisato, non giungono in prima istanza ad immaginare un divieto di procreare (“ho sostenuto che – almeno per ora – dovrebbe sussistere il diritto legale alla libertà procreativa” – pp.135) ma nemmeno a considerare plausibile un dovere di procreare. Le argomentazioni in tema di aborto che seguono, esplicitamente “pro-death”, per molti non risulteranno del tutto “controintuitive”, come ammette lo stesso Benatar: “La mia idea che i feti siano privi di status morale nelle prime fasi della gravidanza è comune fra coloro che sostengono la libertà di scelta, ma potrebbe essere meno condivisa l’idea che i feti siano privi di status morale così a lungo come io suggerisco” (pp.174). E quindi: “Non ho sostenuto semplicemente che le donne incinte hanno il diritto di abortire (nelle prime fasi). Ho sostenuto l’affermazione più forte che l’aborto (nelle prime fasi) sarebbe preferibile al portare a termine la gravidanza. Questo non equivale a dire che bisognerebbe costringere le persone ad abortire […] Io suggerisco che abortisca e che debba avere eccellenti ragioni per non farlo. Dovrebbe essere chiaro che non credo che tali ragioni esistano” (pp.176).

Si comprende allora la fama di David Benatar, uno degli esponenti più radicali del nichilismo contemporaneo, accademico che, coerentemente, intende l’anti-natalismo come il necessario percorso per giungere all’estinzione umana. Dando per scontato che prima o poi la specie homo sapiens si estinguerà, distinguendo l’estinzione-sterminio dall’estinzione-morte o estinzione-non riproduttiva, Benatar, con tutto il suo carico di ineguagliabile ottimismo, ci ricorda, in virtù dei suoi ragionamenti, che appunto “sarebbe meglio che gli esseri umani (e altre specie) si estinguessero” e “che sarebbe meglio se ciò avvenisse prima che poi” (pp.211). Le parole di Benatar – a suo dire motivate “non dall’antipatia per la specie umana, ma piuttosto dalla preoccupazione per il dolore di tutti gli esseri senzienti “ (pp.242) –  appariranno certamente un ardito e sconcertante esercizio intellettuale. Ma se poi consideriamo che già da tempo l’umanità, senza aver avuto bisogno del supporto di filosofi nichilisti, si sta incamminando verso una china assai inquietante e cruenta (distruzione delle risorse naturali, cambiamento climatico), allora anche i ragionamenti perturbanti che abbiamo letto in questo saggio potranno essere letti sotto una diversa prospettiva; quella dei nichilisti inconsapevoli.

Edizione esaminata e brevi note

David Benatar, (1966) è direttore del Dipartimento di Filosofia presso l’Università di Città del Capo, Sudafrica. Ha svolto attività di ricerca presso l’Università del Wisconsin-Madison (1993-1995) e il College of Charleston, South Carolina (1995-1997). I suoi corsi accademici e i suoi interessi di ricerca riguardano prevalentemente la filosofia morale e le aree correlate. Nel 1999 è stato insignito del Distinguished Teacher Award dall’Università di Città del Capo, dove dirige anche il Bioethics Centre. Tra i più celebri esponenti del nichilismo contemporaneo, è autore di numerosi saggi tradotti in sette lingue. È noto principalmente per le sue controverse tesi legate all’antinatalismo.

David Benatar, “Meglio non essere mai nati”, Carbonio Editore (collana “Zolle”), Milano 2018, pp. 256. Traduzione di Alberto Cristofori.

Luca Menichetti. Lankenauta, dicembre 2018