Cometto Maurizio

Magniverne

Pubblicato il: 17 Marzo 2019

Chi conosce Maurizio Cometto lo descrive come persona timida e gentile, e probabilmente un’impressione di delicatezza e di leggerezza, di primo acchito, potrà coglierla anche il lettore di “Magniverne”, l’ultima raccolta antologica di racconti dello scrittore e ingegnere piemontese. Il “cuore di fiaba”, come leggiamo in quarta di copertina, non c’è dubbio che esista ma più probabilmente è qualcosa che riguarda la cornice, in parte lo stile di scrittura, sopratutto nelle pagine del romanzo breve “Il costruttore di biciclette”, in parte la presenza di bambini e di preadolescenti che soltanto ad una prima impressione potranno mostrarsi un po’ leziosi; ma basta un attimo e nel paesino di Magniverne succede sempre qualcosa di oscuro e inquietante. Potremmo dire che nell’opera di Cometto sfuma la classica, e forse troppo drastica, classificazione che vede il meraviglioso come genere caratterizzato dall’accettazione dell’inverosimile, mentre il fantastico qualificato da eventi soprannaturali sullo sfondo della normalità. In “Magniverne” – paesino immaginario situato nella campagna piemontese, sulle sponde dell’altrettanto immaginario Labironte – c’è un po’ di tutto questo: un “versante gelido, in ombra della provincia italiana” che accoglie apparente normalità mentre dietro l’uscio di casa e dentro le case assistiamo a sdoppiamenti, ad un crescente senso di straniamento mentre si affacciano tenebrosi ricordi che la mente ha rimosso, incontriamo creature dell’altro mondo più vicine di quanto si possa pensare, entità che non sono condizionate da limiti temporali, una chiara idea di universi paralleli (e di una Magniverne parallela). Un paesino di quelli che in genere vengono etichettati con l’aggettivo di “ridente”; ma che in realtà, una volta preso atto dei luoghi suggestivi, non fa ridere per niente e dal quale alcuni protagonisti dei racconti di Cometto non possono che fuggire, inseguiti da ombre e da situazioni insostenibili: “Perché proprio io? -, urlò d’improvviso Aurora. – Non c’è una risposta. Siamo a Magniverne, ogni cosa può accadere” (pp.194). E nel caso, per qualsiasi motivo, il magnivernese di un tempo torni al paese dell’infanzia, allora è probabile succeda qualcosa che prende la forma di incubo o di svelamento di una realtà feroce fino ad allora cancellata dalla mente. In relazione all’opera di Cometto si è perciò giustamente parlato di “realismo magico”, forse una delle definizioni più coerenti anche per i racconti contenuti in questa nuova pubblicazione a cura dell’Ass. Culturale Il Foglio: elementi sovrannaturali spiegati solo in parte e che soprattutto emergono in contesti inaspettati, del tutto ordinari, evidenti distorsioni temporali amplificate dalle paure dei protagonisti, a volte nemmeno del tutto consapevoli, un realismo che vuol dire attenzione nei confronti delle crudeltà dei giovanissimi, delle dinamiche familiari, campo fertile di drammi, gelosie, debolezze, tradimenti immaginati e consumati.

Quella di Magniverne è una provincia quindi dall’aspetto fiabesco, seppur molto vicina alla grande città, che nasconde un lato oscuro di cui gli abitanti, per lo più omertosi, sono spesso consapevoli, ma che solo i bambini, col loro sguardo vergine ed ingenuo, riescono a rivelare, non avendo ancora ricacciato le paure collettive nelle profondità del loro inconscio. Oscurità e misteri, sullo sfondo di incombenti e mostruosi doppelgänger, che mostrano il loro fulcro e la loro genesi in luoghi ricorrenti, a volte innominabili e proibiti, a volte del tutto evidenti, elementi imprescindibili del paesaggio di Magniverne: il già citato e onnipresente fiume Labironte (forse una voluta somiglianza con l’infernale Acheronte?), i rifugi nelle oscurità del bosco, il vecchio mulino, che le dicerie di paese vogliono volta volta infestato di fantasmi, ma probabilmente luogo dove si manifestano creature e realtà molto più terrificanti e definitive a confronto dei più rassicuranti spettri. Intendiamoci, i racconti di Cometto presenti in “Magniverne” – “Il costruttore di biciclette”, “L’uomo invisibile”, “Magniverne sommersa”, “Via da Magniverne”, “Un ragazzo solitario”, “Ritorno a Magniverne” – non seguono sempre uno schema prestabilito, e da questo punto di vista viene meno il rischio della monotonia. Se nel già citato romanzo breve l’atmosfera fiabesca la fa da padrone, in presenza di protagonisti appena adolescenti, circondati loro malgrado da realtà soprannaturali e da irrisolto mistero, in altri scritti l’infanzia e la giovinezza, col loro carico di angoscia e di rimorsi, rappresentano storie di un passato che riemerge nonostante i tentativi di rimozione e con evidenti effetti da incubo.

Un’antologia che crediamo sarà apprezzata e che confermerà ancora volta l’importanza di uno scrittore che, forse a causa di un genere poco considerato e soprattutto ancora poco compreso dalle grandi case editrici, meriterebbe ben altra considerazione.

Edizione esaminata e brevi note

Maurizio Cometto, (Cuneo, 1971). È autore del romanzo “Il costruttore di biciclette” (Il Foglio 2006), della raccolta “L’incrinarsi di una persistenza e altri racconti fantasti­ci” (Il Foglio 2008), del romanzo per istantanee “Cambio di sta­gione” (Il Foglio 2011). Nel 2016 sono usciti in e-book il racconto lungo “La macchia2, per Acheron Books, e il romanzo di formazione “Michele e l’aliante scomparso” per Delos Digital. Del dicembre 2017 la raccolta di racconti “Heptahedron” per Acheron Books. Nel settembre 2018 il racconto “La Tierra Blanca”, tradotto in inglese da Rachel S. Cordasco, è stato incluso nel primo numero della rivista The Silent Garden, edita da Undertow Publications. Ha pubblicato numerosi raccon­ti in antologie, siti internet e riviste. Laureato in Ingegneria Meccanica, vive a Collegno.

Maurizio Cometto, “Magniverne”, Ass. Culturale Il Foglio (collana “Narrativa”), Piombino 2018, pp. 310.

Luca Menichetti. Lankenauta, marzo 2019