Gentile Emilio

Chi è fascista

Pubblicato il: 28 Agosto 2019

Il cosiddetto “fascistometro” pare sia stato concepito dalla scrittrice Michela Murgia, certamente con spirito provocatorio e con la speranza di apparire sarcastica, pure con l’intenzione di rivelare delle inequivocabili verità troppo a lungo negate: il fascismo vive ancora tra noi, in noi, e soltanto un rinnovato impegno antifascista potrà debellarlo. Nemmeno fosse un virus o una forma di ipercolesterolemia. In realtà chiunque abbia un minimo di memoria e di conoscenza storica sa bene che del pericolo fascista si è sempre parlato, fin dal momento del crollo del regime mussoliniano; additando come fascisti via via i democristiani, i socialisti, i comunisti eretici, i liberali, i reazionari, i conservatori, nonché i veri e propri nostalgici. Se poi vogliamo mettere nel mazzo pure i “fascisti rossi”, praticamente tutti i partiti e tutti i militanti di partito prima o poi hanno ricevuto il loro insulto di “fascista” (anche nelle versioni di “fascista oggettivo” e “fascista camuffato”). In un periodo in cui, complici i social che tutto amplificano e tutto semplificano, l’allarme per il “pericolo fascista” è tornato più che mai in auge, il libro di Emilio Gentile potrà forse chiarire  che se i sistemi democratici sono sempre a rischio, sempre più precari nonché condizionati da una crescente voglia di autoritarismo, la causa di tutto questo non necessariamente si chiama “fascismo”.

In un’immaginaria intervista il nostro storico ha infatti inteso raccontare cosa sia stato realmente il fascismo italiano e perché, a suo avviso, non  ha senso parlare di un ritorno del neofascismo, pur in presenza di gruppi e gruppuscoli che si richiamano all’esperienza mussoliniana. Non fosse altro che sarebbe una sorta di “eterno ritorno” tale da negare l’effettiva vittoria dell’antifascismo nella seconda guerra mondiale. Secondo Gentile questo allarme quindi è privo di senso storico, produce disinformazione, un’indiscriminata “inflazione semantica”, e una sorta di “astoriologia, ovvero una mescolanza di “fatti, invenzioni, miti, superstizioni, profezie, paure e illusioni”, un modo di adattare il passato storico ai desideri, alle speranze e alle paure attuali. In ogni caso una visione distorta della realtà che impedisce di comprendere un presente che pure è funestato da personaggi politici inverecondi e pericolosi.

L’autore di “Chi è fascista”, con approccio nemmeno troppo polemico, certamente divulgativo,  afferma più volte che non si può prescindere dal fascismo come inteso dal regime mussoliniano per definire movimenti che “non presentano affatto le caratteristiche peculiari, o hanno addirittura caratteristiche opposte del fascismo storico”; perché se così facessimo “imiteremmo Karl Lueger, il popolare sindaco razzista e antisemita di Vienna dal 1897 al 1910, il quale affermava: ‘decido io chi è ebreo’, riformulando questa dichiarazione in modo diverso: decido io chi è fascista” (pp.13).

Gentile, che non ha mancato di ricordarci le teorie del cosiddetto “socialfascismo”, al contrario di altri noti storici non appare affatto convinto della riduzione del fascismo al mussolinismo e ritiene che la cosiddetta “defascistizzazione” del fascismo abbia coinciso per molti aspetti con la sua banalizzazione. Probabilmente molte delle affermazioni dell’autore potranno risultare pure provocatorie se lette con gli occhi di chi ragiona esclusivamente in termini di schieramento politico: “Il pericolo reale non sono i fascisti, veri o presunti, ma i democratici senza ideale democratico” (pp.124).  Da questo punto di vista la citazione delle parole di Giorgio Amendola risulterà piuttosto spiazzante per coloro che prendono per buono il “fascistometro” del momento: “Io non mi stanco di dire, in ogni occasione, che conservatore, reazionario, autoritario, fascista sono termini che corrispondono a diverse formazioni politiche, a diverse realtà. Quindi non approvo certe equiparazioni generiche e superficiali” (pp.124). Equiparazioni che in questa intervista immaginaria non avvengono neppure nel parlare degli stessi fascisti o dei presunti fascisti storici. Possiamo prendere ad esempio proprio il fascismo diciannovista, una sorta di propaggine del movimento fascista del 1915. Secondo Gentile infatti il centenario della nascita del fascismo storico andrebbe spostato in avanti di due anni, al 1921, quando, a suo dire, il movimento dei Fasci di combattimento, divenuto “un movimento di massa profondamente diverso dal fascismo del 1919, si costituì in Partito nazionale fascista, assumendo la struttura organizzativa originale ed inedita del partito milizia, il prima nella storia dei partiti europei” (pp.70).

L’idea di fondo è che il “fascismo diciannovista” “non era affatto anticapitalista, né populista, e neppure rivoluzionario” (pp.71). Anzi, accettando il gioco delle analogie, l’autore afferma: “potrei allora riscontrare maggiori somiglianze fra il movimento mussoliniano del 1919 e il programma politico di Matteo Renzi” (pp.74). Sfuggono anche le affinità con coloro che oggi citano il potere del popolo in ogni dove, se andiamo a leggere un opuscolo scritto probabilmente da Mussolini nel 1920, prima di rinnegare il movimento antipartitico, democratico, antistatalista, libertario e individualista: “Occorre, per essere fascisti, essere completamente spregiudicati: occorre sapersi muovere elasticamente nella realtà […] occorre sentirsi nel sangue l’aristocrazia delle minoranze, che non cercano la popolarità, leggera prima, pesantissima poi; che vanno controcorrente, che non hanno paura dei nomi e che disprezzano i luoghi comuni” (pp.80). Ed ancora una netta differenza tra il fascismo storico e gli attuali demagoghi, tipo quelli che straparlano di democrazia diretta: “Diversamente dai capi populisti odierni che si proclamano esponenti, più che rappresentanti, del popolo sovrano, Mussolini e i gerarchi disprezzavano gli italiani così come erano” (pp.95). L’obiettivo del “fascista totalitario” era ben altro: “avrebbe annullato l’individualismo egoista, l’interesse privato, la ricerca del piacere personale, per vivere unicamente, con spirito ascetico e guerriero, in una comunità della fede del duce” (pp.99). Insomma, poco a che vedere, se prendiamo per buona questa definizione, con quanto propalato dai populisti di destra e di sinistra.

Come ha detto lo stesso autore, intervistato da askanews, ai margini di una presentazione del libro: “Non sta tornando il neofascismo perché non è mai andato via dall’Italia. Esiste dal 1946, potremmo dire addirittura dall’indomani del 25 aprile, o del 28 aprile del 1945. C’è sempre stata in Italia dal 1946 un’ondata di movimenti e gruppi e associazioni fasciste o parafasciste o neofasciste, comunque tutte associate a un esplicito, apologetico, richiamo ad aspetti del fascismo, soprattutto la ritualità, anche se molto spesso ciò a cui si richiamano – anche nella simbologia – è più il nazionalsocialismo, il nazismo, che non il fascismo italiano”. Semmai Gentile ritiene – e qui forse l’affermazione più politica dello storico – “che gridare al fascismo, indipendentemente dai movimenti neofascisti, riferendosi invece ad altri partiti che non hanno nulla di richiamo al fascismo, sia un errore che ci distrae dai pericoli reali della democrazia, che a mio avviso sono insiti nella democrazia stessa così come si sta trasformando in questi decenni”.

Edizione esaminata e brevi note

Emilio Gentile, (Bojano, 1946) storico di fama internazionale, è professore emerito dell’Università di Roma La Sapienza e socio dell’Accademia Nazionale dei Lincei. Si è occupato delle strutture istituzionali del fascismo, dell’organizzazione della politica e delle manifestazioni culturali, ma soprattutto ha inaugurato un nuovo filone di studi dedicati al totalitarismo. Con “La via italiana al totalitarismo”, ma anche con i lavori degli anni successivi, Gentile ha voluto evidenziare i limiti dell’interpretazione, proposta fra gli altri da Hannah Arendt, secondo cui il fascismo italiano non sarebbe stato un regime totalitario.

Emilio Gentile, “Chi è fascista”, Laterza (collana “I Robinson. Letture”), Roma-Bari 2019, pp. 138.

Luca Menichetti.  Lankenauta, agosto 2019