Sanchez Yoani

Cuba Libre

Pubblicato il: 26 Aprile 2010

“Abito un’utopia che non è la mia. Per questa i miei nonni si sono sacrificati e i miei genitori hanno rinunciato ai loro anni migliori. Io la porto sulle spalle senza potermela scrollare di dosso.
Alcuni che non la conoscono tentano di convincermi che devo preservarla, ma non sanno quanto sia alienante accollarsi il peso dei sogni altrui e vivere un’illusione estranea.
A coloro che mi hanno imposto – senza consultarmi – questa falsa chimera voglio dire da subito che non penso di lasciarla in eredità ai miei figli”
Yoani Sanchez.

Il blog di Yoani Sanchez, spina nel fianco del regime castrista, è diventato un libro: Cuba Libre.
“Cuba Libre” ovvero la personale utopia della blogger, quello di vivere un giorno in un paese libero, e nello stesso tempo la condizione che i detrattori della scrittrice e appassionati ammiratori del Lìder Màximo ritengono propria della Cuba rivoluzionaria.
La Sanchez, col suo Generazione Y, ha talmente infastidito i vertici del regime che Fidel Castro in persona si è spinto ad infamarla, accusandola di essere una spia al soldo del capitalismo.
Reazione che non sorprende: chi ancora non avesse conosciuto l’attività della Sanchez, nel leggere “Cuba Libre”, troverà pagine e pagine, peraltro ben scritte e con punte di piacevole sarcasmo, dove la blogger descrive le difficoltà del vivere quotidiano sotto il regime: i problemi per ottenere i beni di prima necessità, il dover scovare le vere notizie tra le veline del partito unico, la convivenza forzata con una propaganda asfissiante, i libri e gli autori proibiti, il panico quando arrivano le convocazioni della polizia, la Ley Mordaza (legge bavaglio), le direttive interne per limitare gli aborti negli ospedali (curva della natalità in flessione) e via dicendo. In altri termini il blog Generazione Y e Cuba Libre non fanno altro che sfatare il falso mito dell’efficienza castrista, con l’occhio di chi vive “nell’altra Cuba”, non in quella ad uso dei turisti, dei diplomatici e della propaganda: “le due Avane coabitano e al tempo stesso si ignorano. Chi vive in una fatica ad immaginarsi l’altra” (pag. 52). Sullo sfondo, senza venire troppo approfonditi, tutti gli aspetti istituzionali del regime, dal cosiddetto voto unido, il segretario del PCC che è contemporaneamente Capo di Stato e Capo di Governo, un presidente rimasto in carica 49 anni di fila che ha ceduto il potere al fratello, le incarcerazioni per “pericolosità recriminale” e cosi via. Tutte procedure – possiamo ben dirlo – ben poco in linea con le nostre democrazie. Non si capisce quanto tutto questo sia evidente agli occhi dei sostenitori occidentali del regime castrista e quanto invece i desideri, le personali utopie l’abbiano avuto vinta su una reale consapevolezza. C’è una frase di un noto storico italiano,peraltro con idee politiche di sinistra, che in questi casi calza a pennello: “A che pro discutere? Quando sono le idee a determinare i fatti, e non viceversa, è fatica sprecata”. Un muro contro muro tra i critici del regime e i suoi appassionati sostenitori senza se e senza ma, che l’attività della Sanchez, il suo blog ed ora il suo libro, svela ad ogni occasione.
Esempio di cronaca giornalistica, magari persino banale, pochi giorni fa (aprile 2010)
“Il Fatto”, giornale d’opposizione radicale all’attuale maggioranza di destra berlusconiana, dove pure scrivono cronisti di diversa estrazione culturale e politica, ha lanciato una campagna di sostegno nei confronti della Sanchez, con le parole d’ordine libertà d’espressione, democrazia; ovvero proprio tutto quello che in Italia si paventa essere messo in pericolo o quanto meno condizionato, svuotato dalle politiche governative.
Insomma, comunque la si voglia pensare sulla solidità delle nostre isituzioni (a mio avviso non in buona salute), un’iniziativa coerente con la politica del giornale, seppur rivolta, in questa occasione, nei confronti di uno stato estero.
Ed invece l’iniziativa, peraltro anche condotta con toni piuttosto sommessi, pare abbia scatenato le ire di un non ben precisato numero di lettori del quotidiano.
Mettere soltanto in dubbio la bontà del regime socialista cubano a partito unico e di conseguenza dare voce ad una dissidente come la Sanchez, causa regolarmente delle reazioni tanto radicali quanto prevedibili: “è una provocatrice della CIA”; “se c’è una dittatura perché allora ha internet e tiene un blog?”; vi siete venduti ai grandi interessi capitalistici”; “a questo punto mi aspetto che prima o poi Travaglio diventi berlusconiano” (sic).
E per finire una frase che forse spiega tutto: “voi volete toglierci il sogno di una Cuba libera e socialista”.

Appunto, il sogno.
Le infamie che vengono rivolte alla Sanchez, ed alle quali la scrittrice risponde anche tra le righe di “Cuba Libre”, si possono spiegare in due modi: o una solida consapevolezza di persona informatissima che a Cuba va tutto bene, che non c’è alcun problema nel campo dei diritti umani, politici, civili, che, come ci dicono i vertici del regime, Cuba è soltanto oggetto di un immenso complotto planetario; oppure, malgrado la costante presenza dei Gianni Minà  e dei Salim Lamrani, con loro pagine di consolante complottismo, bisogna prendere atto che la blogger, mostrando una realtà molto triste, non fa altro che rompere un incantesimo: il sogno di una rivoluzione socialista finalmente andata a buon fine. E’ semmai su quel “buon fine che le idee divergono, tanto più che quando di tratta di Cuba, i fans del Lìder Màximo, pare non diano più grande importanza ai concetti di democrazia, libere elezioni, pluralismo partitico, rispetto delle minoranze (vedi la situazione degli omosessuali), libera stampa, che pure in Italia – e a ragione – sono reclamati a gran voce.
Questione forse di diverse latitudini; non vi saprei davvero dire.
Quello semmai di cui vi posso dare conto, avendo letto “Cuba Libre” con molta attenzione, sono le parole di Yoani Sanchez che, avendo impostato il suo blog come descrizione della vita “nell’altra Cuba”, non evita di replicare ai suoi detrattori ed alle domande (per lo più retoriche) che più frequentemente le vengono rivolte mettendo in dubbio la sua buona fede.
“A coloro che mi richiamano al conformismo con l’argomento che si vive peggio in altri luoghi, chiedo perché loro non aprono un blog o cominciano a raccontare ciò che non funziona. Voglio assicurare a questi benintenzionati desiderosi di imbavagliarmi che se vivessi nella tranquillità di Stoccolma porterei ugualmente avanti un blog….aggiornare Generation Y è stressante, caro e pericoloso” (pag. 14-15). Più interessante sia come risposta ai suoi detrattori (“comunica perciò non vive in una dittatura”), sia come esempio del ruolo della tecnologia strumento d’opposizione ai regimi: “Le mie dichiarazioni esibizionistiche sembrano proteggermi piuttosto che mettermi in pericolo. Il fenomeno blogger era nuovo persino per i censori, che si sono infatti rivelati del tutto impreparati ad affrontarlo” (pag. 16); “So bene che soltanto la violazione del mio anonimato e la diffusione dei miei testi mi impediranno di finire divorata dal meccanismo che ha già inghiottito molti. Ci sono persone che per aver raccontato la loro realtà con un mezzo meno fruibile di internet, sono state messe a tacere senza che il mondo se ne rendesse conto” (pag. 18); “Noi cubani non siamo navigatori del web regolarmente registrati, perché le nostre incursioni sul terreno di internet caratterizzate dall’illegalità” (pag. 19). Ancora più eloquente è questo passo di una Yoani Sanchez sempre alle prese con interviste taroccate volte a screditarla e siti internet sovvenzionati dal regime: “Da un po’ di tempo mi sono resa conto che il modo migliore per beffare gli agenti della Sicurezza è rendere di dominio pubblico ciò che uno pensa. Firmare col proprio nome, promuovere in modo chiaro le proprie opinioni e non nascondere niente è il solo modo per rendere inefficaci le loro oscure manovre di vigilanza” (pag. 91-92). Le pagine del blog sono state riunite in capitoli tematici (“Le due anime di Cuba”; “La cultura”; “Mercato nero”; “Informazione e controinformazione”; Filologia e retorica”; “L’arte della sopravvivenza”) dove la Sanchez non usa mezzi termini. Ad esempio la scuola:“Mi spaventa una nazione dove non si premia il talento ma la fedeltà ideologica, dove uno studente che partecipa ad una dimostrazione politica può essere considerato superiore a chi padroneggia le materie di studio; dove le stesse istituzioni scolastiche fanno capire che la via più attraente è quella della simulazione” (pag. 83). Ricordiamo infatti che tra i parametri del nuovo metodo classificatorio degli studenti cubani al punto 6 c’è: “manifestazioni e attività politico-patriottiche”.
Potrei ancora scrivere molto perché la Sanchez, in poco più di duecento pagine, effettivamente ci descrive con dovizia di particolari tutte le difficoltà e le frustrazioni del vivere quotidiano sotto un governo autoritario intento a raccontare una felicità che non esiste ed inseriti in una società fortemente militarizzata (il verde oliva che domina) che pure sembra entusiasmare alcuni pacifisti occidentali. Questo aver descritto Cuba come autentico regime, senza il facile alibi dell’embargo, come abbiamo ormai capito, ha meritato alla Sanchez accuse infamanti.
Va detto però che quando si parla di Cuba, della blogger e di sinistra, bisogna intendersi bene.
Gordiano Lupi, il traduttore e curatore dell’opera, profondo conoscitore della letteratura e della realtà cubana, è uno dei più accesi contestatori del regime castrista e non nasconde la propria cultura di sinistra. La Sanchez pubblica i suoi articoli sul settimanale “Internazionale” dove si trova in compagnia di Noam Chomsky, Igiaba Scego, Amira Hass, Irshad Manji ed altri nomi feticcio del cosiddetto progressismo.
Esempi magari banali ma che ci fanno dire per l’ennesima volta come “sinistra” voglia dire poco se non si specifica “quale” sinistra. Quanto scrive la Sanchez in “Cuba Libre” da una parte del cosiddetto popolo di sinistra sarà ovviamente considerato un’indegna provocazione, piena di falsità. Le denunce di peacereporter, di Amnesty International dettagli ininfluenti. Altri, messi in archivio complotti, CIA, un sogno presto infranto, la considereranno semmai una coraggiosa testimone che, con un mouse e una tastiera, si batte contro l’arroganza del potere. A ciascuno dei lettori la Cuba e la Yoani che si merita.

Edizione esaminata e brevi note

Yoani Sanchez, Cuba libre. Vivere e scrivere all’Avana,  Rizzoli, Milano 2009, 237 p., ill., brossura.

Recensione già pubblicata su ciao.t il 26 aprile 2010 e qui parzialmente modificata

Luca Menichetti. Lankelot, 26 aprile 2010