Il circo dei vampiri (in originale “The traveling vampire show”) è un romanzo di formazione, e se horror, lo è nel grado in cui questo fa parte del percorso di crescita dei ragazzini protagonisti della vicenda. In effetti, è un romanzo che diventa horror, in un crescendo continuo. Un libro, almeno per me, divertente, di quelli che vorresti poter leggere a velocità doppia, o tripla, tanto l’autore riesce a catturarti, tanto vorresti sapere già come va a finire (anche se lo sai già, in effetti, come finirà, ma vuoi proprio saperlo facendo tutto il percorso, ecco), eppure, sotto questa velocità, l’autore dissemina piccoli indizi sui vari personaggi della storia, a volte lasciandoli sospesi, facendoti dubitare, e nel dubbio ecco l’inquietudine. Un’inquietudine sotterranea.
Ora, io non so quanto siano veritiere le frasi riportate in quarta, una di Dean Koontz – “Non c’è nessuno che scriva come Laymon, e credo che qualunque cosa scriva, vi piacerà” – e una di Stephen King – “Se vi manca un libro di Laymon, vi siete persi una prelibatezza” -, fatto sta che, come prima esperienza con questo autore, mi ha lasciato addosso sensazioni piacevoli, ma con un retrogusto inquietante.
Ecco allora la trama, davvero colma, che si svolge nell’arco di 24 ore, nell’agosto del 1963:
Dwight, Slim e Rusty sono tre adolescenti che passano ogni momento libero insieme, in una cittadina, Grandville, immersa nella campagna statunitense, dove le cose da fare sono andare a pesca, magari tirare con l’arco, fare il bagno nei fiumi, andare al drive-in a vedere film horror, e cacciarsi nei guai senza farlo sapere ai genitori. Un paese-paese, dove tutti conoscono tutti, dove nessuno si fa gli affari suoi, dove si lasciano aperte le porte delle case tanto non c’è nessun malvivente che possa entrare, dove un ragazzo non può entrare in una casa se non c’è un adulto, e dove non può fare tante cose senza la presenza di un adulto, ed al tempo stesso farne altre che… Laymon, insomma, mostra contraddizioni evidenti nella vita rurale U.S.A. Due ragazzi (Dwight e Rusty) e una ragazza (Slim) nel pieno della loro crescita (in piena tempesta ormonale) che ci vengono presentati dal Dwight adulto; è lui infatti il narratore che torna coi ricordi a quel giorno, fondamentale per la maturazione sua e degli altri. Dwight è stato chiamato così in onore del “comandante delle forze di spedizione alleate” (poi presidente U.S.A.), mentre Rusty si fa chiamare così, ma il suo vero nome (che detesta) è Russel, e Slim è il momentaneo soprannome di Frances (lei, infatti, sceglie come farsi chiamare a seconda delle letture che sta facendo, perché Frances “è un nome da mulo parlante”, e in effetti “Francis il mulo parlante” è protagonista di 7 commedie degli anni ’50). Già questo ne individua un po’ i caratteri, e Dwight è l’unico che mantiene il suo nome, mentre gli altri ne sono insofferenti e ne scelgono un altro, che solo apparentemente è casuale, mentre nel corso della lettura si rendono evidenti nei loro comportamenti. Rusty è ruvido, grassoccio, sempre con la battuta sporca sulla lingua, vagamente egoista, che detesta la sorella Bitsy (e il rapporto tra loro è qualcosa che, alla fine, inquieta); Slim è la ragazzina dal padre violento, ubriacone e perverso che è partito (fortunatamente) per terre lontane, che vive sola con la madre, che vince gare di tiro con l’arco, che prende iniziativa, che scivola via e fa uscire dai guai, che…; Dwight è il bravo ragazzo, quello coi genitori a posto, quello che sa cosa dovrebbe fare ma non sempre fa, quello del vorrei ma… quello che ricorda per mettere a posto tasselli di vita.
Ma cosa succede in questo giorno dell’agosto del 1963?
Arriva a Grandville lo Spettacolo Itinerante dei Vampiri, spettacolo che viene annunciato da volantini affissi ovunque, che si terrà al campo di Janks, dove le persone potranno ammirare la bellissima vampira Valeria. Vietato l’ingresso ai minorenni. Ci può essere qualcosa di più irresistibile di tutto questo per dei ragazzini in preda agli ormoni? E se si aggiunge che il campo di Janks è uno spiazzo in mezzo ad un bosco, un luogo in cui sono avvenuti fatti indicibili (ed in cui gli stessi protagonisti hanno già vissuto esperienze non piacevoli), e che per arrivarci bisogna percorrere una strada sterrata lunga tre chilometri, nel bosco, appunto?
Lo sapete com’è, no? C’è un assassino nel campus e l’idea che viene è quella di…dividersi, ovviamente. Cose del genere. Ecco, questo romanzo è un po’ così, con i protagonisti che vanno avanti nonostante tutto, nonostante accadano molte cose che farebbero rinunciare chiunque, ma d’altronde Valeria mica è una vampira “vera”, Valeria è bellissima e si è scommesso su questo e bisogna vederla per sapere chi vince, e pazienza se le persone che lavorano nello Spettacolo sono davvero inquietanti. Così, con l’aiuto della cognata di Dwight, Lee (ovviamente molto bella), che compra i biglietti per tutti e si offre di accompagnare i tre, si arriva allo Spettacolo. Slim non c’è (chiedere alla sorella di Rusty), ed a vederlo sono Dwight, Rusty e Lee.
Lo Spettacolo consiste in una gara con la bellissima vampira Valeria e…metteteci sangue, sesso, e un temporale, aggiungete a piacimento quello che vi dice la vostra immaginazione al riguardo, ed il finale è servito.
È un romanzo con ogni elemento al suo posto, con una struttura forte e senza particolari sbavature, che prende il lettore, che racconta la crescita di questi tre ragazzini, le scelte che ognuno di loro compie per andare avanti. Un libro in cui, tra tanti, spicca la componente sessuale. Sono corpi che cambiano, corpi che sentono. Slim e Lee, la vampira Valeria, Bitsy, la madre di Slim, ogni essere umano femminile è visto con l’occhio del ragazzo che ancora non sa com’è, ma si immagina tutto, che vuole provare ma che non sa come fare, e basta poco per far partire la mente, l’eccitazione, un dettaglio è sufficiente per essere ingrandito in sogni ad occhi aperti. È un sesso immaginato solo accennato, attraverso piccole descrizioni, pervasivo anche se non ingombrante, nel senso che durante la lettura non si avverte come “innaturale”. Proprio la scrittura di Laymon, che si lascia divorare in un batter d’occhio, fa sì che tutto appaia naturale e conseguente, anche nel poco reale, nell’improbabile, nell’irreale. Cresce la tensione fino all’esplosione finale, e seppure gli elementi non siano in fondo particolarmente originali, riesce comunque a sorprendere. Perché sì, a sentirlo così può anche sembrare un libro scontato, ma non lo è. Non lo è per come riesce a far salire la soglia di attenzione e coinvolgimento lungo lo scorrere delle pagine, per come fa entrare in corto-circuito i vari elementi fra loro, per come le cose non si rivelino come sembravano essere, ma peggiori o migliori, a seconda dei casi. La crescita è vista come una serie di scelte, di rinunce o meno, ed ognuna porta a delle conseguenze. Belle, brutte, si possono solo accettare e farci i conti.
Comunque non è detto che si debba per forza andare allo Spettacolo Itinerante dei Vampiri, per capire tutto questo.
[note di lettura: è vero che il romanzo scorre come acqua di un torrente in montagna, ma è vero pure che i refusi presenti nel testo sono davvero molti, e ledono il piacere. Altra cosa: l’immagine in copertina richiama sì il circo, ma non ha granché a che fare con la storia]
Edizione esaminata e brevi note
Richard Carl Laymon (Chicago, 14 gennaio 1947 – 14 febbraio 2001) è stato uno scrittore statunitense di romanzi horror. Cresce in California e si laurea in lingua inglese all’Università di Willamette, nell’Oregon. Lavora come insegnante, bibliotecario e segretario di uno studio legale, finché il successo dei suoi racconti lo spingono a diventare uno scrittore a tempo pieno.
Con “Il circo dei vampiri” vince il prestigioso Bram Stoker Award, nella sezione riservata ai romanzi. Il premio è assegnato nel maggio 2001, riferendosi alle uscite dell’anno precedente. Una riduzione cinematografica è in corso di preparazione.
Richard Laymon, Il circo dei vampiri, traduzione di Annarita Guarnieri, Gargoyle, Roma, 2011
La pagina di wikipedia.en sull’autore: QUI
e quella sul libro: QUI
Andrea Brancolini, ottobre 2011 (prima apparizione Lankelot)
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