Battisti Sandro

Il sentiero dello sciamano

Pubblicato il: 27 Maggio 2021

Il poeta, questa figura così ambigua, è costretto in questa società a indossare la maschera dell’intellettuale, quando noi sappiamo che la sua natura profonda sfugge a questo ordine culturale; egli è più in sintonia con le forze ctonie, lunari, sotterranee, proprio come uno stregone, come uno sciamano.

Chiamo poesia quel gesto che mette in crisi l’ordine linguistico vigente, aprendo il linguaggio alle sue possibilità ignote e interdette, alle sue derive originarie, svelando nell’ambivalenza fluttuante dei significati un ordine più profondo. Operazione tutt’altro che marginale. Ricordiamo Eraclito: “La trama nascosta è più forte di quella manifesta”.

Non si tratta di generare linguaggi che consolidino il legame con l’ordine sociale e culturale, come vorrebbe la scuola, fonte di molti dei traviamenti, delle distorsioni intorno alla poesia operanti nel mondo; si tratta di vedere nelle cose, in tutte le cose, un’ombra originaria ed enigmatica. Non possiamo risolvere tutto il reale in un discorso, esso ci sfugge fatalmente. Frammenti di frammenti, aporie, paradossi insolubili, enigmi, oracoli. Ciò può rendere giustizia alla parola poetica.

Per questo e per altro ancora è importante l’operazione di Sandro Battisti che con questo “Il sentiero dello sciamano”, edito nel novembre 2018 da Kipple Officina Libraria, nella collana Versi Guasti, ci ricorda da quali altezze precipita la parola poetica, da quali profondità dimenticate essa riemerge. Il poeta come sciamano è un tema affascinante, originario, fondante. Potremmo indagare con Artaud nelle dinamiche di un pensiero primitivo come quello dei Tarahumara, o come Giorgio Colli e Angelo Tonelli, vedere nel pensiero oracolare e sciamanico greco il principio stesso dell’operare filosofico e poetico. Bisogna leggere tutto attraverso un velo di riflessioni, di incantamenti, tracce di un sapere che affonda nei primordi, che sorge con tutta la sua potenza dal fondo di qualcosa di originario.

Come per gli gnostici o certo pensiero antico per Battisti il corpo è una prigione, proprio nel suo essere corpo biologico, nauseante limite che impedisce qualcosa come l’espansione illimitata della coscienza. Corpo – limite, corpo – gabbia, corpo rivestimento osceno del niente. Nessuna novità qualcuno potrebbe obiettare; ma c’è qualcosa di nuovo in poesia? Via, non scherziamo. Non ci sono novità quando si è sul piano dell’essere.

Difficile dare conto di una scrittura così emozionante come quella di Sandro Battisti, nel suo essere, in piena trascendenza, un lucido specchio di una ritmica espansione della coscienza. Si è stanchi, finalmente direi, dell’umano, si anela a un oltre, che è nel linguaggio la vertigine del suo stesso venir meno alle coordinate logiche, vigili, coscienti: ma non si sprofonda nella cieca violenza del caos, si accede a un ordine diverso, più profondo, originario, forse onirico, sicuramente esoterico nel senso etimologico di “interiore”, “nascosto”, in cui le differenze logiche sembrano dissolversi in unità e dove la parola è canto, una “cantilena tribale” che mostra la via verso una consapevolezza magica, sognante ma sempre estremamente lucida, libera, come testimonia questa scrittura densa eppure controllata, visionaria ma mai sterilmente astratta.

Pensiamo all’estrema e stralunata concretezza di questi splendidi versi: “La danza è una visione nel silenzio dei gesti”, pensiamo all’intersecarsi di linguaggi diversi: da quello della fisica quantistica ad uno più propriamente mistico, esoterico, teologico, sciamanico dove il pensiero poetico è colto nella sua esplosione geometrica ma anche nella sua dimensione rituale.

Allora è un’illuminazione: è un percorso iniziatico di trasfigurazione che Sandro Battisti sta configurando sotto occhi sempre più complici di questo gioco di cui si indovina il tremendo rigore. Occhi sempre più complici perché il poeta ci seduce, ci ammalia, ci strega con il suo linguaggio covato nell’ombra di un’apocalisse interiore. Bisogna farsi veggenti una volta di più, come nelle parole di Rimbaud, attraverso lo sregolamento di tutti i sensi logici ordinari. Ci smarriamo nell’infinito di “vastità siderali” che sono “vie del dialogo divino”, sono “movimenti di comprensione”. Ma affrontiamo anche il senso di “un’inutilità incarnata”, mentre lo sciamano “ osserva/ scruta /interpreta/ mostra” e l’uomo è soltanto “sudario di dolore”. Ancora una volta è il sacro che ci invade e ci permette con la sua irruzione di vedere i segni del suo passaggio. Come scrive Alex Tonelli nell’introduzione: “Il paradosso perfetto: solo tramite il movimento ritmico, musicale, carnale del corpo biologico si creano le condizioni per elevarsi dal corpo stesso e diventare solo ritmo, solo musica, solo pura parola poetica.”

Si crea così una circolarità di temi che si riecheggiano, in questo poema che è appunto un corpo di linguaggi che si situano sulla soglia fra sonno e veglia, come visioni ipnagogiche annunciano un risveglio a una consapevolezza ulteriore, risveglio allo sguardo interiore che si scopre essere vasto come lo spazio stellare, voragine, precipizio . Ancora una volta Eraclito: “I confini dell’anima non li potrai mai trovare, per quanto tu percorra le sue vie; così profondo è il suo logos”. Il poeta, veicolo di queste forze oltreumane, è il luogo in cui si compie una palingenesi linguistica di parole prese nel vortice di “derive cognitive” che alludono costantemente al tema della morte come rinascita e socraticamente come guarigione da quel male che è la vita stessa, in cui l’umano è giustificato solo nella sua tensione a un oltre, un altrove di senso in cui l’alterità non umana può manifestarsi. Forse lo sciamano è qui il doppio del poeta, vera zona d’intensità psichica in cui il poeta si specchia, nemesi, origine e scopo dell’attività poetica, raccontata soprattutto come trasformazione della coscienza.

Sandro Battisti è noto soprattutto per essere un narratore e per essere, insieme a Giovanni De Matteo e Marco Milani, uno dei fondatori del Connettivismo, movimento d’avanguardia letteraria che già nel nome mette al centro il tema della connessione, così centrale ai nostri tempi. Connessioni fra saperi e linguaggi diversi e anche in questo libro, abbiamo già detto, questo è evidente. Un nume tutelare del movimento è Lovecraft; pensiamo a questi versi. “Ora è tempo di vibrare/ nella terra dei Grandi Antichi.”
Il Connettivismo nei suoi aneliti profondi è potentemente espresso anche in versi come questi, per esempio:

“Il teorema della connessione/ è figlio della chimica algebrica/ processo condensato di momenti rituali.”,

dove si fonde scienza e rituale, dove la scienza è nella struttura stessa delle cose una simbologia, una cosmogonia, una matrice, per certi versi forse non meno immaginaria di quelle antiche. Psichedelia cioè espansione dell’anima, psichedelia frattale dove ogni minuscola parte sintetizza l’intero, psichedelia connettivista dove l’anima è una proiezione olografica del grande Tutto. Così il linguaggio della fisica quantistica s’intreccia con quello mistico, la poesia diventa una soglia, un crocevia dove incontriamo emozioni allo stato liquido, gassoso, e ci immergiamo in un continuum in cui la nostra identità, la nostra proiezione olografica sullo schermo della mente, è messa radicalmente in dubbio. Trovare il tutto, non solo nel grembo dell’ignoto, come voleva Baudelaire ma cercarlo nell’oltre, in questa dimensione dell’altrove, del radicalmente alieno, dell’irriducibilmente altro. Ancora una volta la nausea dell’umano, perché in queste poesie vibra tutta la potenza di un desiderio: quello, appunto, di superare l’umano nel senso nietzschiano più profondo. Non è un’ingenuità dannunziana ma l’eco delle parole dello Zarathustra è forte: “L’uomo è qualcosa che deve essere superato.”

Sono queste poesie che fotografano la ”folgorazione multipla del reale”, sono segni attraverso cui possiamo decifrare noi stessi, come entità cosmiche che stanno compiendo un viaggio iniziatico nella trascendenza. E “lontano da casa”, al di fuori delle nostre sicurezze, ci sorprende una grande ”risata cosmica” che sembra essere la trama segreta del Tutto; tocca al poeta – sciamano intercettare “voci di lingue altre”, “ simboli parlanti” e svelare così ciò che è occulto. C’è qualcosa di eterno che ci trascende, solchiamo tutti “il fiume dell’immortalità”, l’infinito stellare ora ci stordisce, ora ci inebria, il vuoto siderale ci colma di visioni; siamo legati al Tutto e al tempo stesso coscienze isolate che fluttuano in un “tempo senza nome”, per “sopprimere la metafisica,/ memoria di religioni” e risvegliare così realmente in noi “il senso del meraviglioso”. Le possibilità di trascendere la carne sono infinite e pericolose, ogni realtà superiore si manifesta nella trance sciamanica, di cui la poesia è una traccia sonora ma anche il non luogo in cui l’essere può allusivamente dischiudersi in tutta la sua indecifrabile infinità. Scrive Ksenja Laginja nella postfazione: “Tutto il corpo-testo incede danzando, nella rievocazione di simboli e manifestazioni, con il suo andamento tribale e performativo, rifuggendo la metrica ed entrando nel territorio esperienziale che vive completamente nel flusso[…]”.

Edizione esaminata e brevi note

Sandro Battisti (Roma, 1965) è uno dei fondatori del movimento Connettivista. A partire dal 2004 si è dedicato allo sviluppo di uno scenario comune a molti suoi lavori successivi, l’impero Connettivo. Ha vinto il premio Urania 2014 e il Premio Vegetti 2017 con il romanzo “L’impero restaurato”. Tra gli altri, è autore dei romanzi “PtaxGhu6”(2010), in collaborazione con Marco Milani, e “Olonomico” (2012). Cura il blog Hyperhouse

Sandro Battisti, Il sentiero dello sciamano, Kipple Officina Libraria, novembre 2018

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Ettore Fobo, Lankenauta, maggio 2021