Bregola Davide

I solitari – Scrittori appartati d’Italia

Pubblicato il: 6 Ottobre 2021

Parafrasando il titolo del celebre dipinto di Francisco Goya “Il sonno della ragione genera mostri” potremmo dire che la frequentazione a vario titolo e più o meno occasionale di scrittori, appartati, non mainstream, magari incontrati al tavolo di un bar, all’angolo di una piazza o in occasione di un festival letterario, genera un libro come quello di Davide Bregola (che di scrittori ne ha frequentati), volume dal titolo I solitari – Scrittori appartati d’Italia (Oligo 2021- pagg. 137 euro 15,00). Rimanendo su parafrasi e/o citazioni vale al proposito riportare la celebre domanda contenuta in Ecce Bombo, il film di Nanni Moretti: «Mi si vede di più se vengo o se non vengo?». Vengono in mente anche alcuni grandi della letteratura nordamericana quali Thomas Pynchon o J.D. Salinger che hanno fatto del loro nascondimento una vera e propria scelta esistenziale e artistica e non una posa o un vezzo come nel quadretto morettiano.

Si legge con curiosità il libro di Bregola, frutto della sua frequentazione pluriennale con scrittori solitari e appartati, un po’ per scelta, un po’ per necessità dettate dalle spesso arcane leggi del mercato editoriale. I quindici quadretti raccontano il dietro le quinte e il sottobosco letterario e editoriale, perché anche quello esiste, e il volume è anche un compendio di spassosi aneddoti e retroscena. Sono quindici ritratti di scrittrici e scrittori un po’ orsi, un po’ snob, colti in alcuni particolari che ne svelano l’umanità tramite la ricca e divertente aneddotica che ce li svela a dispetto della loro ritrosia. Frutto della rubrica tenuta dall’autore sulle pagine culturali de “Il Giornale”, il volume si apre con l’ironica introduzione dell’autore che ci guida alla scoperta di opere e autori più o meno semi sconosciuti delle italiche lettere contemporanee, molti dei quali da riscoprire o scoprire tour court. Una scelta inevitabilmente di parte, legata alle preferenze e frequentazioni dell’autore. Scrittori che «Non cercano followers, non hanno filter bubble ideali» eppure hanno scritto e scrivono libri bellissimi. «Un libro di critica gonza che prende le mosse dal gonz journalism», scritto da Bregola con tono ironico, talora sarcastico e allo stesso tempo serissimo, allo scopo di «stanarli almeno per un po’».

Può quindi avere inizio questa carrellata con autori e libri di cui prendere nota seguendo un ordine meramente casuale che parte dal sardo Gavino Ledda, sparito praticamente nel nulla dopo il suo Padre padrone, successo tradotto in tutto il mondo dal quale i fratelli Taviani ricaveranno il film Palma d’oro a Cannes del 1977. Facendo ritorno in continente Bregola si sofferma sul veneto Francesco Permunian il cui immaginario è costellato di «pazzi per bene, inconsapevoli malati di mente, doppiogiochisti», del quale l’autore sottolinea la sua scrittura senza fuochi d’artificio eppure così incisiva « usando un lessico e sintassi necessari», tanto da paragonarlo a Cechov (anche il titolo di uno dei suoi romanzi più importanti Cronaca di un servo felice sembra quello di un racconto dell’autore di Zio Vanja) e «a certe novelle di Tolstoj», niente male per un appartato. Stessa cosa si può dire di Susanna Bissoli che dopo la raccolta di racconti Caterina sulla soglia e il romanzo Le parole che cambiano tutto è sparita dalla circolazione lasciando nei suoi scritti una semplicità di posa, povertà di sentimenti e mostrando con raggelante naturalezza quanta aridità ci possa essere in una storia d’amore, tanto da poterla paragonare a qualcuno dei grandi esponenti del minimalismo di oltreoceano. Poi ci sono coloro verso i quali Bregola non riesce a nascondere la sua grande ammirazione, nomi che non diranno niente ai più, come Vincenzo Pardini, del quale inizia a parlare prendendola larga, facendo un vero e proprio elogio degli scrittori baffuti, come baffuto è l’enigmatica guardia giurata dei monti dell’alta Toscana la cui raccolta di racconti del 1983 dal titolo Il falco d’oro porta Bregola a parlare di una sorta di «Antico testamento scritto da uno della provincia di Lucca», fino a sollecitare i più conosciuti scrittori del nostro tempo circa un loro personale intervento per una giusta collocazione (magari in un Meridiano Mondadori) del baffuto Pardini sul quale un aneddoto rende meglio di qualsiasi altra cosa la statura del personaggio-scrittore: a una comunicazione rivoltagli dell’autore di questo volume circa l’intenzione di dare spazio in un saggio agli scrittori semidimenticati del nostro panorama letterario Pardini lapidario risponde: «Buongiorno Bregola, purtroppo mi coglie in un periodo nel quale non sono più interessato a pubblicare libri, è già da qualche tempo che ho perduto questo genere di interesse. La ringrazio per l’attenzione, V.P.». Fra gli introvabili, sia i loro libri che i loro autori, un posto di merito spetta a Rocco Brindisi, autore lucano che con Elena guarda il mare è riuscito a dipingere un meridione meraviglioso con la delicatezza e la bellezza di una trama senza intreccio, ove gli eventi seguono solo il tempo del ricordo, lasciando come negli altri suoi libri l’incanto del fruscio di parole che da essi sprigiona.

Fra i tanti pressoché sconosciuti che Bregola porta alla ribalta il volume annovera anche qualche nome più noto quale quello del bolognese Stefano Benni che tra la fine degli anni ’80 e i primi ’90 con titoli quali Bar Sport, Il Bar sotto il mare e La compagnia dei Celestini era un vero e proprio autore di culto. Benni ha continuato nel corso degli anni a scrivere e pubblicare (rigorosamente Feltrinelli), ma lo ha fatto nascondendosi come un lupo, anzi come un lupone (dal titolo del capitolo a lui dedicato). Spostandosi non troppo lungo la Via Emilia dal “lupone” bolognese Benni e approdando a Modena può capitare di imbattersi in Ugo Cornia, uno degli scrittori più sottovalutati del panorama contemporaneo, a partire dai suoi esordi con Sulla felicità a oltranza, per seguire negli anni con altri titoli nei quali dallo stile apparentemente semplice traspare una raffinata riflessione filosofica. Cornia, un altro da scoprire o riscoprire, appartenente a quella scuola emiliana fatta di stralunati e grandi penne quali quelle di Ermanno Cavazzoni, Paolo Nori e Gianni Celati, quest’ultimo a cui è dedicato un ritratto nel saggio di Bregola sicuramente da non catalogare fra gli sconosciuti se è vero che molte sue opere figurano addirittura nei Meridiani Mondadori ma anch’egli degno rappresentante degli appartati, tanto da essersi autoesiliato da anni a Brighton. Ma prima il buon Celati ha degnamente rivendicato la sua appartenenza emiliana ben espressa in Narratori delle pianure e in sue poetiche opere documentaristiche, non prescindendo mai nei suoi romanzi e racconti da personaggi pazzi e stralunati, saltando di palo in frasca, senza coerenza, come in alcuni dei suoi romanzi più riusciti quali Le comiche o Le avventure di Guizzardi. Dalla sua dimora inglese invece ha partorito più di recente per Einaudi la traduzione dell’Ulysse di Joyce, un’impresa titanica che meriterebbe un capitolo a parte. Di terra emiliana anche Giovanni Lindo Ferretti, un altro verso il quale Bregola non nasconde la smisurata ammirazione, voce e anima dei mai dimenticati CCCP, nei cui libri Reduce e Bella gente d’appennino si respirano gli stessi oscuri significati dei testi delle sue canzoni. Fra i più “noti” una speciale e doverosa menzione merita Aldo Busi i cui artifici lessicali e la particolare e ricercatissima sintassi fanno dell’oltraggioso scrittore di Montichiari uno dei più dirompenti, nonché schivi (salvo alcune apparizioni televisive di qualche anno fa, dopo le quali sembra essersi rintanato nel suo eremo) personaggi del panorama letterario contemporaneo. Fu l’autore di Seminario della gioventù a scoprire Carmen Covito che di Busi può essere annoverata tra le degne allieve e leggendo le cui cose – ci dice Bregola – «è come assistere a una commedia teatrale – di e con – Franca Valeri e Paolo Poli redivivi». Leggere La bruttina stagionata della scrittrice e traduttrice campana trapiantata a Milano per credere. Altrettanto sfuggente, enigmatico e laconico è Vitaliano Trevisan, attento lettore di Kierkegaard, uno che alle domande postegli a una presentazione risponde con «Sì», « No», «Può darsi» e che in romanzi come Un mondo meraviglioso parla del microcosmo veneto dal quale proviene, specchio della crudeltà del nostro occidente in caduta libera. Spostandosi molto più a sud merita una menzione speciale tra gli appartati la siciliana Lara Cardella, autrice che esordisce a fine anni ‘90 con Volevo i pantaloni, un j’accuse alla Sicilia maschilista, definito da Bregola il Porci con le ali (il romanzo della generazione degli anni 70 di Lidia Ravera) della “generazione del disimpegno”. Altro fra i defilati tratteggiati da Bregola è Roberto Barbolini, denominato anche il Buffalo Bill di Formigine. Per scoprire il motivo del nomignolo affibbiato a colui che Cesare Garboli definirà invece un Manganelli pop basta leggere il libro di Bregola, uno scrittore per scrittori forse, ma ha senso usare tali etichette quando la lettura è puro spasso come nella raccolta di racconti Il maiale e lo sciamano o nel romanzo L’ombelico del mondo? Ultima della lista, e diamo per scontato che la sua collocazione da parte dell’autore al termine del volume sia dovuta solo a una questione alfabetica, la bolognese Grazia Verasani, autrice teatrale, sceneggiatrice, musicista oltreché scrittrice, esponente per sua stessa rivendicazione di quel post noir che nessuno è mai riuscito bene a catalogare nel nostro panorama letterario, ma tant’è, e del resto viene quasi da domandarsi se questi scrittori solitari, appartati, nascosti, le loro storie e i loro libri esistano davvero o se siano solo il frutto della fantasia di un saggista. Per scoprirlo basterebbe iniziare un giro di ricerche, che poi appartati, solitari, nascosti, introvabili o meno viene propria la voglia di leggerseli tutti quei libri seguendo la preziosa guida di Davide Bregola. Personalmente, seguendo più o meno fedelmente l’ordine del libro letto, sono soddisfatto di essere riuscito in questo scritto recensorio a citarli tutti doverosamente, cercando anche io, per quanto mi concerne, di non disturbare troppo la loro solitudine ma cercando nel mio piccolo di rendere loro un po’ di giustizia, annotando dei titoli dei quali andrò alla ricerca, tornando su altri già letti e sperando che grazie al libro di Bregola anche qualcun altro si decida a leggerli.

Edizione esaminata e brevi note

Davide Bregola è scrittore e consulente editoriale. Ha pubblicato vari saggi e romanzi per diverse case editrici. Nel 2017 è stato Finalista al Premio Chiara con il libro La vita segreta dei mammut in Pianura Padana (Avagliano). Per Oligo Editore dirige la collana Daimon. Scrive sulle pagine culturali de “Il Giornale”.

Davide Bregola, I solitari – Scrittori appartati d’Italia, Oligo editore, 2021