“Ma una cosa ci è apparsa chiara, come si suol dire, da star male. Non dovevamo farci illusioni. Non dovevamo sperare in un futuro radioso. Eravamo governati da tangheri e nemici della cultura. Non sarebbero mai stati con noi. Sarebbero stati sempre contro di noi. Non ci avrebbero mai lasciato dire ciò che ritenevamo giusto, perché loro ritenevano giusto qualcosa di completamente diverso. E mentre per noi il comunismo era un mondo fatto di libertà e creatività, per loro il comunismo era una società in cui la popolazione adempiva immediatamente e con piacere a tutte le istruzioni del partito e del governo. La presa di coscienza di queste semplici verità, tutt’altro che ovvie per noi all’epoca, fu dolorosa […] Nuove idee affiorarono e richiesero con un urgenza la loro immediata attuazione. L’intera storia divertente di moschettieri che avevamo concepito cominciò ad apparire sotto una luce completamente nuova” (pp.284).
Le parole di Boris Strugackij contenute nella postfazione ci dicono molto della genesi e del significato profondo del romanzo “È difficile essere un dio”, probabilmente e fortunatamente, al tempo, nemmeno troppo chiaro alle autorità sovietiche (“è incredibile che questo romanzo abbia superato tutti gli ostacoli della censura senza particolari difficoltà”).
Romanzo di fantascienza, ambientato sul pianeta Arkonor, che, se non fosse per tanti piccoli indizi, il lettore meno attento inizialmente potrebbe immaginare come una sorta di fantasy storico visto che su questo mondo lontano compare una società simile al nostro medioevo, con abitanti strutturalmente umani in tutto e per tutto. Anzi, fin troppo umani nelle loro grandi meschinità e crudeltà.
Protagonista è Anton, nei panni del nobile Don Rumata, che, insieme ad altri duecentocinquanta esploratori terresti in incognito, è incaricato di studiare il comportamento degli abitanti del pianeta – grazie a una telecamera incastonata in una pietra – con il gravoso compito di non modificare il corso degli avvenimenti. Gravoso perché rimanere impassibili pare impossibile di fronte alle terrificanti crudeltà di quella società feudale in mano a delle ristrette caste di viscidi e potenti fascistoidi; con tanto di stermini di coloro che azzardano soltanto ad avvicinarsi alle arti o alla scienza. Da qui il significato del titolo “È difficile essere in dio”, in quanto il terreste, originario di una Terra evoluta, ormai senza povertà e ingiustizie, avrebbe avuto tutti gli strumenti materiali e intellettuali per porre fine alle sofferenze degli abitanti primitivi di Arkonor. Sofferenze acuite da una passività acquisita e, agli occhi di Anton-Rumata, praticamente impossibile da superare: “E sembra così semplice: diecimila di questi martellatori in preda alla rabbia ridurrebbero chiunque in poltiglia. Ma ancora la rabbia non ce l’hanno proprio dentro. Solo paura. Ognuno per sé e Dio per tutti” (pp.218).
“È difficile essere un dio”, pubblicato nel 1964, letto con gli occhi di oggi, di sicuro mantiene intatta l’abilità narrativa dei fratelli Strugackij; confermando in pieno tutte le impressioni che, in merito ad altro loro romanzo, ci avevano fatto scrivere di una “lettura multilivello, sicuramente complessa, filosofica nel miglior senso del termine, ricca di indizi da scoprire e da interpretare”. “Lettura multilivello” nel senso della possibilità di interpretare il romanzo sia, ad un livello sicuramente più superficiale, come un racconto d’avventura soltanto in minima parte dal carattere fantascientifico – soltanto pochi accenni dai quali si coglie che gli umani terrestri arrivano nel pianeta su degli elicotteri -; sia come un apologo che giunge a denunciare pesantemente i regimi che, speculando sulle superstizioni, tiene al giogo la gran massa di ignoranti, passibili di condanna a morte soltanto se sorpresi a leggere qualcosa che sappia di arte e scienza. Non è un caso che su Arkonor la classe più perseguitata sia quella dei cosiddetti intellettuali.
“Trudno byt’ bogom” ebbe un gran successo non soltanto presso gli adolescenti del blocco orientale per la trama immaginifica, ma anche presso la cosiddetta intelligencija per gli evidenti – a quanto pare non troppo agli occhi della censura sovietica – “sfoghi antitotalitaristici”. In sostanza un romanzo che ancora oggi può insegnare ancora molto, compreso il coraggio dei due fratelli Strugackij di azzardare la pubblicazione di un’opera di fatto contro ogni totalitarismo in un contesto totalitario come quello dell’Unione Sovietica.
Edizione esaminata e brevi note
Arkadij Strugackij, Boris Strugackij, scampati miracolosamente all’assedio nazista di Leningrado, i fratelli Arkadij (1925-1991) e Boris (1933-2012) Strugackij sono unanimemente considerati i massimi autori di fantascienza russa della seconda metà del Novecento, osannati da uno stuolo di estimatori ed epigoni. Le loro opere hanno subìto di volta in volta gli strali della censura, che vi ha colto una critica costante al regime sovietico. Tra i loro romanzi più noti: È difficile essere un dio (1964); Picnic sul ciglio della strada (1972) – romanzo che ha ispirato, nel 1979, Stalker, tra i film più belli di Andreij Tarkovskij che si avvalse dell’apporto degli stessi Strugackij per la sceneggiatura; Tentativo di fuga. Lo scarabeo nel formicaio (1979-1980), La città condannata (1988-’90) per Carbonio Editore.
Arkadij Strugackij, Boris Strugackij, “È difficile essere un dio”, Marcos y Marcos (collana “Gli alianti”), Milano 2023, pp. 288. A cura di Paolo Nori. Traduzione di Diletta Bacci.
I fratelli Strugackij in Lankenauta. E Strugatskij
Luca Menichetti. Lankenauta, agosto 2023
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