Scaruffi Silvano

Romanzo di crinale

Pubblicato il: 28 Marzo 2024

Silvano Scaruffi, col suo “Romanzo di crinale”, sembra proprio abbia voluto realizzare quanto scrisse molti anni fa un celeberrimo scrittore: “Il mondo non è meno strano fuori dei manicomi che dentro”. Stranezze dei personaggi, del gergo, della stessa struttura del romanzo che, fin dalla prima pagina e fortunatamente con gran divertimento per il lettore, rispondono appieno alla definizione che Scaruffi ha voluto dare alla sua opera: “un racconto sfrantumato al solito, di cose che accadono fuori dalla finestra di qualunque casa, in piccoli paesi abbarbicati su costoni rocciosi”.

Racconto ambientato in un non ben definito paesino appenninico, in cui appaiono uno dopo l’altro dei personaggi, ai nostri occhi, a dir poco anomali. Si inizia con Bunga che gira per il paese con un vaso di vetro che contiene un altro Bunga, ovvero un lombrico capostipite della sua famiglia. E poi troviamo Romma e Burasca, perennemente in cerca di “cocktailini”, bevande alcoliche, giusto per tornare in forma e curare la loro “pelle ringricciata”; Ginasio, un pover’uomo perennemente bistrattato dalla sua Viola, che passa il suo tempo a dormire sotto un ciliegio, credendo di sognare il futuro; Bestio, appunto un bestione di nome e di fatto, una sorta di “creatura anfibia venuta all’aria dopo secoli”, dedita a scavare cunicoli – quelli che forse causano delle scosse di terremoto – ma soprattutto di origine misteriosa, considerato da qualcuno un’invenzione per spaurire la gente, oppure un esperimento genetico sfuggito al controllo della SIO. In pratica “il mostro terricolo dell’ex centrale SIO” (pp.81). E infatti altro protagonista del “crinale” è proprio questa SIO, una società di gestione del “Parko”, inaffidabile e misteriosa per residenti dotati di indole più cospirativa: “Allora, se ci fate caso […] fanno ‘sti depliant, quelli lì della SIO, li stampano e li danno in giro per reclamizzare il Parko, ma non si capisce mica una sega di quello che vogliono dire, dove vogliono andare a parare” (pp.15).

Non è un caso quindi che “Romanzo di crinale” sia costituito da tre parti, Frontiera, Colonizzazione e Deriva, che fanno già pensare a qualcosa che va oltre la semplice rappresentazione, per lo più in salsa comica, di personaggi tanto spontanei quanto ruspanti. Un oltre che giunge a situazioni che potremmo definire quasi distopiche.

Distopia, o quasi distopia, generata dal desiderio di una comunità di non subire decisioni prese altrove: “Quelli lì sono venuti qua e hanno impiantato il Parko e tutte quelle segate lì, per portarci via la terra con gli espropri e farci leggere ‘ste cagate qua sui depliant” (pp.16). Situazioni, per lo più tacciate, con molta leggerezza, di Nimby, ma a ben vedere estremamente frequenti nella nostra Italia, condizionata, illusa da un efficientismo spesso fasullo. Un po’ quello che ha affermato Scaruffi in una recente intervista e che fa il paio con quanto ha messo in bocca a Bartò, uno del “crinale”: “Rimane il fatto che il Parko, che è poi questo territorio, esiste perché esistono le persone, le loro storie, le cose che hanno vissuto e hanno da raccontare. Mica per i fischi delle marmotte. Bisognerebbe poi anche tenere conto che noi ci viviamo, qua, non siamo mica tutti quelli che passano. Inutile dire che manca il lavoro, mancano le strade, mancano i servizi, manca questo e quello. Ormai l’abbiamo capita ‘sta fola: qua ci manca tutto. Ma a noi, può poi anche darsi che non ci serva niente” (pp.58).

Affermazioni spontanee di gente più perspicace di quanto possa apparire e che rispecchiano il procedere felicemente “sfrantumato” del racconto. “Sfrantumazione” che si sviluppa con lunghi dialoghi in lingua quasi dialettale, ricca di storture, senza alcun intervento del narratore: elementi che conferiscono al “crinale” un aspetto talvolta teatrale.

In sostanza “Romanzo di crinale”, partorito sicuramente senza alcuna iniziale pretesa di impegno sociale, di fatto nel rappresentare, con fare beffardo, una contrapposizione con entità estranee e probabilmente distruttive, ci racconta – sempre per citare Scaruffi – quanto “l’ evangelizzazione delle cose nei posti un po’ sperduti non sia sempre una buona cosa”.

Edizione esaminata e brevi note

Silvano Scaruffi, vive a Ligonchio (Reggio Emilia) e fa il guardia diga. I suoi ultimi romanzi sono  L’incantatrice di vermi  (Abao Aqu, 2019), Premio Monte Caio sezione Fuorisentiero,  Lettere dal DietroMondo  (Industria e Letteratura, 2022) e  Armadgat  (Abao Aqu, 2023).  Da sempre fa reading e performance teatrali. Nel 2019 è stato invitato a New York per leggere in librerie, piazze, radio, un suo racconto inserito nel catalogo della libreria Printed Matter. Nel 2023 è stato a Reykjavik, ai Greenhouse Studios – gli stessi dei Sigur Rós ‒ per registrare il podcast Cani rabbiosi  di cui è autore.

Silvano Scaruffi, “Romanzo di crinale”, Neo edizioni (collana “Iena”), Castel di Sangro 2024, pp. 145.

Luca Menichetti. Lankenauta, marzo 2024