Pignatelli Anna Luisa

Ruggine

Pubblicato il: 18 Febbraio 2016

Una vecchia strega e il suo gatto. Gli elementi fondanti del romanzo della Pignatelli mantengono caratteristiche ancestrali. Un paesino della Toscana in cui le persone sono abituate, per genia o per vizio, a farsi i fatti altrui e a spettegolare per il puro gusto di riempirsi le giornate. Un borgo in cui non accade nulla e nel quale la presenza di Gina, la strega, e del suo gatto grigio, Ferro, inquietano fino a diventare intollerabili. Ma Gina è forte. Lo è sempre stata perché la vita con lei di certo non è stata sempre magnanima. Adesso è vecchia ed è sola con quei dolori alla schiena che la lasciano piegata e ingobbita, dolori lancinanti che nemmeno il medico, nella sua molle approssimazione da provinciale, sa guarire: “… s’era saputa difendere, era riuscita a sopravvivere. In fondo quella sua condizione le sarebbe perfino piaciuta – solo una persona antica può avvicinare i misteri del mondo – se non fosse stato per il suo busto: s’inclinava in avanti ogni anno un poco di più come se, per trovare sollievo dai dolori che la tormentavano, cercasse di non opporre resistenza alle leggi della vita che impongono, a chi non è toccato dal privilegio, di chinare la schiena“.

Gina, in questa imperterrita lotta contro i paesani e contro il Sestini e contro la professoressa e contro i ladri, ha un alleato indefesso. Il suo gatto. Il suo Ferro. Una bestiola dagli istinti cristallini ed autentici di cui Gina si prende cura dal momento in cui quel gatto l’ha scelta. Un affetto incondizionato il loro, così perfetto ed inspiegabile agli occhi altrui che tutti si limitano a canzonare la vecchia chiamandola Ruggine, proprio perché perennemente attaccata al suo Ferro. L’intero romanzo non si allontana mai dal mondo circoscritto e pedante del paese. Si rimane avvinghiati alla quotidianità ridondante di un’anziana donna e alle sue abitudini, ai suoi pensieri, ai suoi timori, ai suoi ricordi. Perché Gina, come tutti i vecchi, ha anche i suoi ricordi a cui badare. Soprattutto la memoria di suo marito, il Neri, un uomo semplice e senza sogni morto solo troppo presto. Un marito che le ha lasciato un figlio che lei non ha mai capito veramente e che, infatti, col tempo si è rivelato non solo un buono a nulla ma anche pericoloso e perverso.

Gina combatte ogni giorno. Per natura e per esperienza la vecchia sa che è meglio non fidarsi mai, da tempo ha imparato a riconoscere nelle pieghe di un volto o nelle velature di uno sguardo la vera natura di chi ha di fronte. “Per quanto diffidasse degli uomini, l’interesse per loro non era mai venuto meno. Nel silenzio di quelle stanze dove viveva sola, s’appostava spesso alla finestra per osservare quanto accadeva in strada. Era attratta dai volti dei passanti, dai loro gesti che tradivano i più reconditi pensieri, le preoccupazioni, le speranze, le notti insonni, e fin da ragazza aveva imparato a leggere nelle rughe della pelle e nei lineamenti, il destino che ciascuno porta scritto in faccia. Da altri indizi – l’intonazione della voce, un’ombra d’ambiguità nello sguardo – era capace di intercettare la perfidia, così come di scoprire in un cenno d’esitazione, in un gesto franco una bontà nascosta, che la riempiva d’incredulità come avesse trovato una pepita nel suolo arido dell’animo umano“. Sarà anche per questo che nel maligno borgo toscano tutti pensano che sia una strega, una mezza matta piena di soldi nascosti chissà dove e di strani misteri che se ne va in giro col suo gatto e che, forse, con la sua insana follia ha persino deviato la mente del figliolo ormai rinchiuso da anni in un istituto.

Tutti pensano di conoscere i segreti di Gina, tutti pensano che dovrebbe essere morta da un pezzo. Eppure Gina è lì, nelle tre stanze di proprietà del Sestini che vorrebbe sbatterla fuori quanto prima. Spesso ha paura ma resiste. Ed è probabilmente questo il sistema migliore per vendicarsi: non crepare. Stare dove è sempre stata impegnata a pensare alla propria sopravvivenza. La cattiveria altrui sembra nutrirla e vezzeggiarla ogni giorno. Lei resta e respira nonostante le perfidie, nonostante le minacce, nonostante le insinuazioni vigliacche e becere di tanti paesani. E’ un personaggio splendido, quello di Ruggine. Una figura a cui la Pignatelli dedica ogni parola del suo romanzo. Si resta circuiti dalla storia e dai pensieri di questa vecchia donna. A volte si ha la sensazione di rimanerci persino impantanati dentro certe sue riflessioni ma poi è lei stessa, Gina, a portarci in qualche altro anfratto della sua anima. La scrittura della Pignatelli è scarna e gracile, quasi quanto le ossa di Ruggine. Si muove spesso con lentezza rimuginando su se stessa, come fosse un riflesso del personaggio che descrive: una strega che strega non è.

Edizione esaminata e brevi note

Anna Luisa Pignatelli è nata in Toscana ma vive da anni fuori dall’Italia. Nel 2010 in Francia il suo romanzo “Nero toscano” ha ottenuto il Prix des lecteurs du Var. Tra i suoi scritti possiamo anche ricordare “Maya, vita d’oggi degli uomini di mais” (1989); “Gli impreparati” (1996); “L’ultimo feudo” (2001) e “Ruggine” (2016). E’ sposata con l’Ambasciatore italiano in Guatemala ed è per questo che attualmente vive in questo Paese.

Anna Luisa Pignatelli, “Ruggine“, Fazi Editore, Roma, 2016.