“Il giorno” è un romanzo piuttosto breve ma dal peso specifico notevole. Ancora una volta Wiesel torna a parlare del dramma della colpa dei sopravvissuti. Una colpa ancora più lacerante e distruttiva se si è sopravvissuti ad un campo di sterminio nazista. Il protagonista della storia, di cui non si conosce il nome, è l’io narrante e, indubbiamente, l’alter ego dello scrittore. Una persona apparentemente normale che si porta dentro ed addosso il fardello della propria esistenza in vita.
New York, una calda serata estiva, il protagonista attraversa la strada per raggiungere il cinema insieme alla sua compagna Kathleen, ma viene investito da un taxi. Perde i sensi e rinviene solo in ospedale. Le sue condizioni sono piuttosto gravi, ma un medico molto tenace riesce a tenerlo in vita. L’uomo è disteso nel suo letto e, lentamente, torna ad essere cosciente e a capire che, anche questa volta, la morte lo ha evitato.
Iniziano così una serie di flash back attraverso i quali possiamo viaggiare indietro nel tempo fino al giorno in cui ha conosciuto Kathleen. Il presente e il passato si alternano costantemente nel corso di tutto il romanzo. Alle immagini della stanza dell’ospedale si affiancano quelle di altri momenti della vita dell’uomo: la dimensione onirica si mescola al delirio e alle visioni di presenze familiari, amatissime e ormai annientate. L’adorata nonna, per esempio, colei che rispondeva a tutte le domande con una preghiera e Sarah, la madre. Entrambe scomparse in una nube di fumo grigio e pesante. Viste l’ultima volta e lasciate vive, in mezzo a tante altre donne, dopo essere scesi da un treno e mai più riviste. Una morte difficile da accettare perché avvenuta a distanza, senza una ragione e senza una colpa. La vergogna è solo dei vivi, di chi non è morto e avrebbe potuto farlo: “La grande vergogna di essere stati scelti dal destino. L’uomo preferisce assumersi la responsabilità di tutti i peccati e i crimini immaginabili, pur di non arrivare alla conclusione che Dio può permettersi le più flagranti ingiustizie”.
Conosciamo qualche episodio dell’infanzia vissuta a Sighet, i primi maestri ebraici, gli amici del tempo. Passiamo su una nave diretta in America e alla descrizione del fascino inquietante del precipizio oceanico. Il desiderio di sparire per sempre tra i flutti silenziosi. I richiami della morte sono costanti ed insistenti. Ogni accenno al bene e alla felicità rigenera la violenza della colpa. Come si può continuare a vivere e ad amare dopo Auschwitz? La vita e il mondo pretendono l’oblio, ma come si può dimenticare?
Mentire: una delle strade più sicure. Mentire a Kathleen, mentire al dottore, mentire agli amici. Ingannarli fino in fondo, dicendo loro esattamente quanto desiderano sentirsi dire e convincerli che sono riusciti nel loro intento: proclamare il trionfo della vita sulla morte. Anche se la verità è un’altra perché “i morti sono onnipotenti” e chi è tornato non può essere una persona normale: “Una molla interiore si è spezzata dentro di loro. Prima o poi se ne sentono le conseguenze”.
Il titolo originale del libro è “Le Jour”, pubblicato per la prima volta in Francia nel 1961. Con questo romanzo Wiesel affronta il tema del suicidio: sono molti gli scampati ai campi di sterminio che hanno scelto, ad un certo punto, di mettere fine alla propria esistenza. Primo Levi è uno degli esempi a noi più noti. L’esperienza della Shoah, nel 1961, per Wiesel, è molto vicina e molto sentita. Il suo primo libro, quello più celebre, “La notte”, era uscito solo tre anni prima. Molte delle sensazioni e molti dei pensieri del protagonista del romanzo sono stati, con tutta probabilità, quelli che lo stesso scrittore aveva elaborato quando, liberato dalla prigionia, è tornato a stare nel mondo. La voce dei morti non sparisce, il segno della sua eco si perpetua per sempre. Vivere è accettare di non dimenticare.
Edizione esaminata e brevi note
Elie Wiesel è nato nel 1928 a Sighet, in Transilvania. E’ stato deportato ad Auschwitz prima e a Buchenwald poi. Nei campi di sterminio nazisti ha perso i genitori e la sorella Zipporà. Fu liberato il 10 aprile del 1945. Dopo la guerra ha studiato e lavorato come giornalista in Francia, successivamente si è trasferito negli Stati Uniti, dove vive tuttora. “La notte” è stato pubblicato a Parigi nel 1958. E’ un romanzo autobiografico in cui l’autore racconta la sua esperienza nei Lager nazisti e, soprattutto, compie un’interessante e profonda riflessione sull’esistenza di Dio e sul suo silenzio di fronte all’abominio della Shoah. Wiesel è autore di decine di romanzi, saggi e testi teatrali. Nel 1986 gli è stato assegnato il Premio Nobel per la Pace. Wiesel è morto nella sua casa di Manhattan, New York, il 2 luglio 2016.
Elie Wiesel, “Il giorno”, Guanda, Parma, 1999. Traduzione di Emanuela Fubini.
Pagine Internet su Elie Wiesel: Wikipedia / Fondazione Elie Wiesel /Enciclopedia Treccani / Scheda Premio Nobel
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