Lovecraft Howard Phillips

Racconti 1923-1926

Pubblicato il: 14 Novembre 2006

Un evocatore di mondi, un instancabile cercatore di sogni che può inventare gli orrori più spaventosi e costruire interi universi solo con la forza della sua prosa lirica ed elaborata, riverberante d’immagini e fitta di aggettivi.

Lovecraft conduce la sua immersione nella paura e nell’orrore sino all’estremo limite, sino all’orrore senza nome, indefinito e forse perciò ancora più spaventoso e inquietante.

Stratificazioni secolari d’abomini si sommano, divinità remote ed oscure, forze cieche governano quest’universo d’orrore nel quale l’uomo appare come un piccolo incidente, un fuscello in balia di potenze fortissime, sempre pronte a riemergere dagli abissi nei quali sono sprofondate.

È un orrore innominabile, che s’insinua nelle fessure dei muri, alligna nelle cantine e nei sotterranei di vecchi edifici – un orrore ctonio – oppure sepolto nelle profondità marine come il terribile Cthulhu.

Spesso si preannuncia con macchie, muffe, funghi fosforescenti o luminescenze fredde, innaturali, fatue, miasmi mefitici che avvelenano gli essere viventi.

Oppure l’orrore si concretizza in mostri tentacolati e gelatinosi, creature ibride, prive di volto, urlanti o, al contrario, innaturalmente silenziose.

Riti crudelissimi, le cui origini risalgono alla notte dei tempi, vengono tramandati in grafie misteriose e servono ad evocare le numerose divinità che Lovecraft riesce a creare, una vera mitologia dell’orrore, articolata in città surreali, irte di cupole e torri, scolpite su basalto e onice, riverberanti un lucore malato e inquietante.

È il mondo del sogno che consente una conoscenza superiore, oltre la realtà quotidiana e Lovecraft fece del sogno un’arte, ebbe visioni di straordinaria forza e potenza e trasformò la geografia dei suoi luoghi d’origine e delle città in cui abitò per farne lo scenario delle sue storie.

Le ricreò e le rese dimore d’orridi mostri, di potenze arcane, di loschi figuri, dediti a immondi riti. A poco a poco, in un climax, i racconti mostrano come l’orrore entri nel nostro mondo facendo sentire il suo fetido fiato, insidiando la ragione degli uomini o penetrando nei loro sogni.

Follia è spesso la risposta a tante visioni, o incomunicabilità, poiché laddove la paura supera ogni limite non vi è che il grido che, come nel quadro di Munch, permea tutto il circostante.

Spesso i protagonisti di Lovecraft sono uomini di cultura coinvolti in eventi bizzarri già in corso o vittime della loro sete di conoscenza o di un destino ineluttabile ereditato geneticamente (come ne “I topi nel muro”).

I racconti di Lovecraft di questo periodo mostrano una loro evoluzione, uno svilupparsi e affinarsi dell’arte dell’autore fino al bellissimo “Il richiamo di Cthulhu”, un vero vertice per la costruzione fantastica e per il crescendo di tensione.

Si rivelano anche le influenze di altri autori, Poe tra tutti.

Il primo racconto, “I topi nel muro”, ha infatti ancora un’impostazione simile a certe narrazioni di Poe: vi è la casa in rovina d’architettura bizzarra, circondata da leggende paurose, situata in un luogo sede di antichi misteri; il protagonista è l’ultimo discendente di una nobile famiglia con un passato burrascoso e con una oscura vicenda legata agli antenati che grava sul suo presente. Una vera stratificazione secolare d’orrori manifesta i suoi influssi sul reale e alla fine trascinerà il protagonista verso un destino inevitabile in un climax davvero notevole.

In Poe l’orrore è però maggiormente psicologico, nasce da deformità interiore e l’autore cerca di ingabbiarlo nelle maglie della ragione; in Lovecraft l’orrore si concretizza soprattutto in mostruosità, in un vero universo articolato e sempre più complesso, cui l’autore vuol dare dignità scientifica.

Lovecraft prende sempre le distanze da qualsiasi forma di superstizione infantile o popolare e desidera invece dimostrare l’esistenza di altre forme di vita a noi sconosciute o provenienti da altri mondi.

L’approssimazione migliore è questa: non avevamo intenzione di negare la possibilità di straordinarie e ignote alterazioni nella materia e nell’energia vitale, cioè di fenomeni infrequenti nello spazio tridimensionale a causa delle sue stesse limitazioni, ma possibili in sfere d’esistenza abbastanza vicine alla nostra da dare luogo a occasionali manifestazioni che noi, per mancanza di un punto d’osservazione vantaggioso, forse non capiremo mai” (p. 66).

Altri autori cui Lovecraft si riconobbe debitore furono il gotico inglese Arthur Machen e Lord Dunsany per quel che riguarda l’idea del pantheon fittizio.

Un omaggio al maestro Poe è probabilmente “La casa sfuggita”, racconto che prende ispirazione da una casa esistente davvero a Providence e da luoghi frequentati realmente dall’illustre predecessore.

Di fatto si tratta anche di un contributo di Lovecraft alla narrativa regionalistica del New England, del quale evoca le vicende storiche per poi sviluppare la consueta manifestazione dell’irrazionale.

Anche New York, in cui Lovecraft soggiornò (1924-26) poco felicemente durante il breve periodo del suo matrimonio (seguì una separazione) entra nella sua opera (“Orrore a Red Hook”, “L’incontro notturno”): Lovecraft manifesta tutto il suo disgusto e il suo disprezzo per la metropoli, tra l’altro brulicante di stranieri che non fanno che accentuare una sua xenofobia.

Osserva “l’orrore di edifici, isolati, città intere le cui fondamenta affondavano nella corruzione di malefizi giunti sino a noi da mondi antichissimi” (p. 80, “Orrore a Red Hook”), l’artista si sente estraniato e inadatto a quel mondo e già in certe immagini della città vi sono le megalopoli di Cthulhu.

In “Aria fredda”, interessante racconto in cui Lovecraft scava in una propria fobia personale (quella per il freddo), New York è ridotta a un rumore di sottofondo. L’autore è tornato a Providence, in luoghi più familiari.

Squarci lirici notevoli si aprono spesso in Lovecraft, che sa essere molto evocativo. Se da un lato sembra godere nello scatenare un crescendo di paura, dall’altro lato sa far emergere una dimensione onirica di grande fascino e rarefazione: “Serena e durevole è soltanto la bellezza donata dal sogno, e il mondo ha gettato via questa consolazione quando, nel suo idolatrare la realtà, ha sciupato i segreti dell’infanzia e dell’innocenza” (p. 204 “La chiave d’argento”).

È il racconto fantastico che si delinea ne “La chiave d’argento” ad esempio. Compare, come ne “L’incontro notturno”, un narratore che è un esteta, un visionario che si trova a disagio nella città moderna. Si tratta di altrettanti alter ego di Lovecraft, figure nelle quali egli si proietta (Carter de “La chiave d’argento è poi il protagonista del romanzo breve “Alla ricerca del misterioso Kadath”), rimpiangendo gli anni di ragazzo, quando sogni e visioni erano cominciati.

IL RICHIAMO DI CTHULHU

Di grande rilievo e importanza è il racconto “Il richiamo di Cthulhu”, creazione magistrale per organizzazione della trama, climax di tensione e per il profilarsi di quella mitologia cui Lovecraft si atterrà per i successivi dieci anni.

Vi si riscontrano alcuni temi tipici: la presenza di manoscritti nei quali si trovano notizie fondamentali che consentono un’indagine su orrori spaventosi; la figura dell’uomo anziano, qui il prozio del protagonista, personaggio positivo, esperto di lingue antiche (in altre storie invece l’uomo anziano è figura negativa, depositario del male); Anthony Wilcox, lo scultore protagonista è una sorta di parodia dello stesso Lovecraft, che qui cerca di delinearsi alla maniera in cui lo vedono i suoi detrattori.

Il giovanotto era precoce e dotato di un grande talento, ma anche di una notevole eccentricità. Fin da bambino aveva attirato l’attenzione con il racconto dei suoi sogni straordinari e si definiva «ipersensibile», anche se la gente quadrata dell’antica città commerciale si limitava a giudicarlo strano. Non si era mai troppo mescolato con i coetanei e poco a poco era scomparso dalla scena sociale: ora era noto solo a un piccolo gruppo di esteti sparsi in altre città” (p. 154).

Vi è poi il sogno, momento principe nel quale le forze irrazionali si manifestano e che coinvolge essenzialmente i più sensibili: artisti e poeti, visionari per eccellenza, in seconda battuta gli uomini di scienza e non coinvolge per nulla gli aridi uomini d’affari. Addirittura in Wilcox la visione si lega allo stato di malattia.

Colpisce il procedimento scientifico con cui Lovecraft analizza il sovrannaturale: non è superstizione banale, si tratta di fenomeni degni di attenzione, ben fondati anche se non tutti se ne rendono conto.

La paura che li accompagna è collettiva e indefinita, serpeggia, ma non è immotivata. Lovecraft semina un’inquietudine spaventosa ed elabora un universo sempre più complesso, dando radici alla sua mitologia, che ha il suo pantheon.

I Grandi Antichi, divinità misteriose, erano vissuti molto prima della comparsa degli uomini ed erano giunti dallo spazio, ora si trovano ancora nelle profondità terrestri e sotto i mari, ma i loro cadaveri avevano rivelato in sogno ai primi uomini alcuni segreti. Da allora il loro culto non si è mai estinto.

Cthulhu è il gran sacerdote e gli Antichi possono venir resuscitati con appositi riti quando le stelle raggiungeranno una posizione favorevole. Cthulhu conserva gli Antichi in case di pietra con i suoi incantesimi in attesa di poterli resuscitare, essi sono immobili nel buio da milioni di anni e possono solo aspettare e comunicare per telepatia con gli uomini più sensibili attraverso i sogni.

Mi trovavo sull’orlo di orrori cosmici che l’uomo non può assolutamente sopportare: ma se era così doveva trattarsi di orrori della mente e null’altro…” (p. 174).

Lovecraft scende nell’abisso senza fondo, la paura si fa costante,

“….ma io non dormirò mai più tranquillo perché so quali orrori si nascondono dietro il velo della vita, del tempo e dello spazio; e so quali creature sacrileghe, blasfeme, siano calate da antiche stelle nel profondo dei nostri mari, dove sognano indisturbate nel profondo. Indisturbate, non solo: favorite da un culto d’incubo pronto a sguinzagliarle sul mondo quando un altro terremoto solleverà la loro mostruosa città di pietra verso l’aria pura e il sole” (p. 176).

Nel contatto con le mostruose potenze oscure tutte le prospettive umane, tutti i punti fermi anche spaziali, geometrici vengono meno, le dimensioni si alterano, divengono sghembe, il buio diventa “positivo”, fagocita la luce, orrendi geroglifici tappezzano pareti, compaiono muschi, fanghi verdastri, viscidume, monoliti di una città di follia.

L’Essere è indescrivibile, non esiste lingua adatta a simili abissi d’immemore e agghiacciante follia, a tali mostruose contraddizioni di tutto ciò che sappiamo di materia, di energia e ordine cosmico” (p. 179).

È il dis-ordine, la negazione dell’ordine cosmico, un concentrato di orrori.

E il fatto più inquietante è nella chiusa:

Ciò che è risorto può sprofondare, ciò che è sommerso può riemergere. L’incubo aspetta e sogna nel profondo, la corruzione si diffonde nelle vacillanti città degli uomini” (p. 181).

ALLA RICERCA DEL MISTERIOSO KADATH

Preceduto da “La misteriosa casa lassù nella nebbia”, racconto molto lirico e rarefatto, che ne anticipa alcuni temi e figure (scalata al monte per arrivare al mondo del sogno, menzione di alcuni dei), vi è il romanzo breve “Alla ricerca del misterioso Kadath”, opera che Lovecraft non considerò mai finita e che non pensò di far pubblicare. Vide la luce solo nel 1948 per volere di August Derleth.

Il romanzo è uno straordinario viaggio nel mondo del sogno e colpisce per l’immaginazione zampillante, torrenziale, addirittura disorientante per il lettore, che si trova smarrito in catene d’immagini e in mondi e dimensioni sempre differenti fin quasi a smarrirsi.

È un inarrestabile torrente fantastico, con evocazioni di creature misteriose e orride, ma talvolta delicato e dai toni fiabeschi. Graziosissime le descrizioni dell’esercito dei gatti, dei quali il protagonista-alter ego di Lovecraft, Carter, parla la lingua, veri aiutanti magici, che sanno balzare dalla faccia oscura della luna al mondo dei sogni terreni e viceversa. Certamente si tratta di un omaggio di Lovecraft ai suoi animali preferiti.

In una sorta di magma d’invenzioni fantastiche il lettore viene condotto con Carter in un viaggio che pare non avere fine: monoliti, città sommerse, porti, creature immaginarie di vari gradi di mostruosità, esseri-rospo, schiavi semiumani, pesci carnivori e uccelli pescatori, pesci luminosi, demoni divoratori di cadaveri (tra cui Pickman di un precedente racconto), taverne oscure, architetture fantasiose, moli di basalto, un castello d’onice dagli spazi enormi, città di marmo e nuvole, mura d’alabastro, pavimenti d’onice, templi scavati nel diaspro e nel crisoberillio, galeoni di cedro e palissandro, labirintici corridoi, cunicoli, miniere e spostamenti su animali paurosi, divinità arcaiche….mistero ed invenzione continua.

Il sogno domina, ma il sogno scaturisce dal reale, costituisce un approccio diverso e non fa che legare ancora di più Carter alla sua terra d’origine.

«Perché sappi che la meravigliosa città d’oro, marmo e meraviglie non è che la somma di ciò che hai visto e amato in giovinezza… È lo splendore dei tetti di Boston adagiati sulla collina e delle finestre occidentali incendiate dal tramonto; della campagna profumata di fiori e della gran cupola che domina la città da un’altura, dell’intrico di camini e abbaini nella valle azzurra dove scorre il fiume Charles attraversato da una moltitudine di ponti… Una bellezza condensata, modellata, raffinata da anni di ricordi e di sogni, e che oggi si è incarnata nel tuo paradiso di vaghi tramonti sulla città collinare. Per trovare la terrazza di marmo dai vasi bizzarri e il parapetto scolpito, e scendere, finalmente, gli innumerevoli gradini che portano alla città di piazze e fontane multicolori, non hai he da rivolgerti ai pensieri e alle fantasie della tua nostalgica fanciullezza” (p. 327).

Non è un romanzo organico, è bizzarro e caotico a volte, con evidenti squilibri tra l’evocazione di fantasie fiabesche infantili e l’aspirazione adulta di Lovecraft a creare una mappa del mondo dei sogni, ma stupisce davvero per la quantità e qualità d’invenzioni e per la torrenziale immaginazione.

E la visione iniziale di Carter è pervasa da un senso di nostalgia struggente e di bellezza:

Magnifica e splendente come oro ai raggi del tramonto, la città era ricca di mura, templi, colonne, ponti ricurvi di marmo venato, fontane d’argento che mandavano zampilli nelle grandi piazze, giardini profumati, larghe strade che si snodavano fra filari di alberi delicati, urne ornate di fiori e una teoria scintillante di statue d’oro; e a nord, sui fianchi ripidi delle colline, s’arrampicavano file di tetti rossi e vecchi abbaini aggobbiti che proteggevano le strade più piccole, dove l’erba cresceva in mezzo ai ciottoli. Era la visione degna della febbre d’un dio: un concerto di strumenti sovrannaturali, un suono di cimbali senza tempo. Il mistero aleggiava su di essa come una nube sulla cima di una montagna favolosa e inesplorata, e quando Carter guardava la città dal parapetto della terrazza rimaneva senza fiato, assalito dal sapore e dal mistero di ricordi semidimenticati, dal dolore delle cose perdute e dal desiderio struggente di rimettere al suo posto ciò che una volta aveva avuto un’importanza portentosa e straordinaria” (p. 229).

articolo apparso su lankelot.eu nel novembre 2006

Edizione esaminata e brevi note

Howard Phillips Lovecraft (Providence, Rhode Island 1890 – ivi, 1937), scrittore statunitense. Ebbe interessi anche in campo scientifico (chimica, astronomia). I suoi primi racconti, una parte delle sue poesie e i saggi videro la luce su riviste amatoriali, talvolta ciclostilate e spesso note solo ai collaboratori. Le pubblicazioni professionali sono posteriori o addirittura postume.

Howard Phillips Lovecraft, “Tutti i racconti 1923-1926”, Edizioni CDE, Milano 1994. A cura di Giuseppe Lippi. Il volume comprende anche un’introduzione, cronologia e fortuna di Lovecraft, i racconti scritti in collaborazione-revisioni, appendici saggistiche e bibliografiche.

Sono contenuti i seguenti racconti interamente di Lovecraft: del 1923: I topi nel muro, Innominabile, La ricorrenza; del 1924: La casa sfuggita; del 1925: Orrore a Red Hook, L’incontro notturno, Nella cripta; del 1926: La discesa (datazione incerta), Aria fredda, Il richiamo di Cthulhu, Il modello di Pickman, La chiave d’argento, La casa misteriosa lassù nella nebbia, Alla ricerca del misterioso Kadath (1926-27).

Approfondimento in rete: Lovecraft. it / The HP Lovecraft archive / The Complete Works of H.P. Lovecraft / The H.P. Lovecraft Historical Society.

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