Calvino Italo

Marcovaldo

Pubblicato il: 26 Ottobre 2006

Siamo in una grande città industrializzata del settentrione, tutta cemento e fabbriche, negli anni tra i Cinquanta e i Sessanta, in pieno sviluppo economico.

In questa città vive Marcovaldo, un proletario nel senso letterale del termine.

È uno strano personaggio dal nome altisonante – tutti gli adulti di questo libro portano nomi altisonanti – a differenza dei bambini, che sono più naturali e spontanei. Lo possiamo immaginare come un omino un poco buffo (anche se l’autore non rivela nulla del suo aspetto fisico), fantasioso e sognatore, già alle prese con i primi reumatismi.

Marcovaldo ha una moglie, Domitilla, e sei bambini.

La famiglia vive dapprima in un angusto seminterrato e poi in un’altrettanto ristretta mansarda. Sono piuttosto poveri, poiché col suo lavoro di magazziniere presso la ditta Sbav Marcovaldo non guadagna molto e, con tutte quelle bocche da sfamare, i soldi sono a stento sufficienti per arrivare a fine mese.

Così Marcovaldo subisce le continue lamentele di Domitilla e intanto sogna un contatto diverso con la realtà con la natura: “Aveva questo Marcovaldo un occhio poco adatto alla vita di città: cartelli, semafori, vetrine, insegne luminose, manifesti, per studiati che fossero a colpire l’attenzione, mai fermavano il suo sguardo che pareva scorrere sulle sabbie del deserto. Invece, una foglia che ingiallisse su un ramo, una piuma che si impigliasse ad una tegola, non gli sfuggivano mai: non c’era tafano sul dorso d’un cavallo, pertugio di tarlo in una tavola, buccia di fico spiaccicata sul marciapiede che Marcovaldo non notasse, e non facesse oggetto di ragionamento, scoprendo i mutamenti della stagione, i desideri del suo animo, e le miserie della sua esistenza” (p. 3, “Funghi in città”).

Marcovaldo vive, nei venti racconti che seguono il ritmo delle stagioni, una serie di avventure tragicomiche, alcune rapidissime, altre di respiro più ampio. Si direbbe che a questo personaggio non ne vada dritta una: raccoglie funghi in città e questi si rivelano velenosi; va a pesca in un fiumicello sperando di portare a casa tinche per tutta la famiglia e scopre che i pesci sono inquinati; crede di poter catturare una beccaccia e rimedia un tignoso colombo comunale; si smarrisce nella nebbia e finisce sulla pista dell’aeroporto.

I figli di Marcovaldo sono pallidi come pianticelle di serra, non conoscono la natura, non hanno mai visto un bosco, perché lui non può permettersi di portarli in villeggiatura e scambiano per alberi i cartelloni pubblicitari dell’autostrada. La famiglia di Marcovaldo vede ogni delizia del benessere al supermercato, ma può soltanto guardare gli altri che fanno le spese, non partecipa all’orgia consumistica che sembra pervadere la città da una cert’ora in poi: “Alle sei di sera la città cadeva in mano dei consumatori. Per tutta la giornata il gran daffare della popolazione produttiva era il produrre: producevano beni di consumo. A una cert’ora, come per lo scatto d’un interruttore, smettevano la produzione e, via!, si buttavano tutti a consumare. […] Essendo senza soldi, il loro spasso era guardare gli altri fare spese (…)” (pp. 93-94, “Marcovaldo al supermarket”).

Le novelle di Marcovaldo si presentano come favole moderne, adatte ai bambini per l’immediatezza della lettura e lo stile semplice e fluido di un grande autore fantasioso ed elegante, ma si fondano su alcune verità. Dietro la patina ironica della storiella si celano l’alienazione della società industriale, gli abbagli del consumismo, la devastazione dell’ambiente naturale, tutti fenomeni che in quegli anni incominciavano a profilarsi e avrebbero poi assunto dimensioni assai più ampie.

Immerso nella cupa e artificiale atmosfera cittadina, Marcovaldo sogna un ritorno a una natura incontaminata che di fatto non esiste ed è così che, il giorno in cui riesce a portare i figli in collina, questi finiscono nel giardino di un sanatorio oppure si ritrova alle prese con un coniglio infetto, che ha trafugato da un laboratorio dell’ospedale.

Squarci di natura compaiono come rapide pennellate in ogni novella: “Alla luce dell’arcobaleno tutto il resto sembrava nero: la gente sui marciapiedi, le facciate delle case che facevano ala; e su questo nero, a mezz’aria, giravano giravano le foglie d’oro, brillanti, a centinaia; e mani rosse e rosa a centinaia s’alzavano dall’ombra per acchiapparle; e il vento sollevava le foglie d’oro verso l’arcobaleno là in fondo, e le mani, e le grida; e staccò anche l’ultima foglia che da gialla diventò color d’arancio poi rossa violetta azzurra verde poi di nuovo gialla e poi sparì” (p. 92, “La pioggia e le foglie”).

Il tono ironico è riservato alla città.

Visto l’epilogo spesso sfortunato delle sue vicende Marcovaldo dovrebbe essere un uomo triste, ma lui è un fantasioso, un po’ ingenuo, e s’ostina a voler trovare comunque qualcosa di bello nella realtà che lo circonda:

Lo sguardo di Marcovaldo scrutava intorno cercando l’affiorare d’una città diversa, una città di cortecce e squame e grumi e nervature sotto la città di vernice e catrame e vetro e intonaco. Ed ecco che il caseggiato davanti al quale passava tutti i giorni gli si rivelava essere in realtà una pietraia di grigia arenaria porosa (…)” (p. 109, “La città tutta per lui”).

E così anche le bolle di sapone, frutto di un episodio d’inquinamento, diventano come grosse lenti attraverso le quali la realtà si colora:“…e allo sfiorarsi tra loro queste bolle si fondevano, diventavano doppie e triple, e il cielo i tetti i grattacieli attraverso queste cupole trasparenti apparivano di forme e colori che non s’erano mai visti” (p. 106, “Fumo, vento e bolle di sapone”).

Fin da quest’opera – uscita in prima edizione nel 1963 in una collana Einaudi di libri per ragazzi – Calvino rivela le sue doti di narratore fantasioso e soave, sa usare l’impianto favolistico – assai comunicativo – per trattare argomenti di grande attualità e si distacca così dal neorealismo, ironizza su quell’Italia del boom economico e del falso benessere per tutti che si sta profilando in quegli anni e lo fa creando letteratura da grande scrittore qual è.

Considerato un libro per ragazzi, Marcovaldo è sempre piacevole e divertente a qualsiasi età lo si legga.

Recensione apparsa su lankelot.eu nell’ottobre 2006

Edizione esaminata e brevi note

Italo Calvino (Santiago de Las Vegas, 1923 – Siena, 1985), scrittore italiano.

Italo Calvino, “Marcovaldo, ovvero le stagioni in città”, Mondadori, Milano 2005. Presentazione dell’autore.

Prima edizione: Einaudi, Torino 1963.

Approfondimento in rete: Le lezioni americane / www.italo-calvino.com / Antologia virtuale dei grandi autori italiani / Sito della memoria Italo Calvino.