Mandreoli Alberto

Il fascismo della repubblica sociale a processo. Sentenze e amnistia (Bologna 1945-50)

Pubblicato il: 23 Aprile 2017

Come ha scritto giustamente Alberto Mandreoli nell’introduzione al libro, “solo in periodi molto recenti l’analisi accademica ha iniziato a mostrare un crescente interesse al tema della resa dei conti con il fascismo saloino” (pp.10). Non solo l’analisi accademica, ci sentiamo di aggiungere: pensiamo alle numerose opere divulgative di Giampaolo Pansa, che tanto hanno fatto discutere non fosse altro perché incentrate sulla sorte dei “vinti”. Nel caso di “Il fascismo della repubblica sociale a processo”, invece, torniamo a leggere una ricerca, seppur condotta con stile narrativo, sicuramente di carattere più accademico, che indaga in profondità, supportata da un’ingente mole di documenti, tratti principalmente dagli archivi delle Corti straordinarie d’assise e delle Corti d’appello dell’area bolognese. Un’indagine storica che racconta rese dei conti, faide, omicidi, torture, stragi, fughe precipitose, pentimenti fuori tempo massimo, proponendo sostanzialmente una parafrasi di verbali di interrogatori, di deposizioni e istruttorie dibattimentali. Ogni capitolo, coerentemente alla linea di dare attenzione “alle persone più che alle ideologie” (pp.309),  è dedicato a uno o più protagonisti di quella stagione di collaborazionismo, di ribellione e di occupazione straniera: tutti personaggi che finirono davanti ad una corte di giustizia e che se la cavarono in maniera molto diversa, oppure non se la cavarono affatto. Lo spartiacque che salvò la carriera e la vita di molti inquisiti è stata chiaramente l’amnistia togliattiana, a cui, negli anni, sono si aggiunti i pronunciamenti della Cassazione. In certi casi la documentazione risulta carente proprio delle sentenze e, ancora oggi, non è dato sapere che fine abbiano fatto alcuni ex repubblichini o loro fiancheggiatori (vedi il caso di Lucia Gavazzoni, “spia”). Da tutto questo rimane l’impressione che a pagare il prezzo più pesante della militanza fascista siano state soprattutto le mezze figure, magari la manovalanza più zelante; e quindi ha un senso la citazione tratta da Galli della Loggia: “La Repubblica, oggi lo possiamo dire, è nata così tra molti, inevitabili, compromessi” (nota a pp.45).

A complicare il quadro storico non sono soltanto le vicende processuali raccontate da Mandreoli ma proprio le personalità degli imputati, estremamente diversificate: vuoi perché politici di professione, vuoi perché doppiogiochisti, vuoi perché criminali di strada, vuoi perché fascisti in buona fede, idealisti, ma coinvolti, probabilmente loro malgrado, in vicende ormai ingestibili.

Possiamo leggere infatti di Renato Tartarotti (fucilato nel 1945), Remo Naldi (morte presunta), Franz Pagliani (scarcerato definitivamente nel 1950), Pietro Torri della brigata “Eugenio Facchini” (morte presunta), Lorenzo Mingardi (implicato nella strage di Marzabotto e “tornato alla vita normale” nel 1961), Lidia Golinelli (pena capitale commutata a trent’anni e poi reato ascritto per amnistia), Angelo Arpino (sparito nel nulla); ma anche del gerarca “di tendenza pacificatrice” Giorgio Pini (uno dei fondatori del MSI), già direttore de “Il Resto del Carlino”, sottosegretario agli Interni della RSI, che, nella sentenza definitiva in Cassazione, sarà descritto come “un uomo che è rimasto al di sopra delle parti e che non ha mai agito in collaborazione con l’esercito tedesco” (pp.133). Oppure, come ricorda Mimmo Franzinelli nella postfazione, possiamo leggere dell’ex prefetto Dino Fantozzi: “il libro allinea un’impressionante silloge di testimonianze  che gli attribuiscono comportamenti esemplari, descritti nel ricorso del suo avvocato in Cassazione. Autorappresentazione peraltro inficiata dall’epistolario di Fantozzi  del 18 dicembre 1944 con un alto ufficiale dell’esercito nazista” (pp.311).

Le testimonianze processuali, comunque la si voglia pensare, mostrano come i rapporti di forza nella Repubblica Sociale, almeno nell’area emiliana, fossero piuttosto precari, in una terra lacerata da rese di conti, fazioni, contrasti tra le autorità prefettizie e le brigate nere, tra “moderati” e intransigenti (ad esempio dalla sentenza a carico di Buffarini Guidi e Uccelli si evince che Pini era “ritenuto eccessivamente equilibrato” e “il primo modo per farglielo capire” era “mostrare nei suoi confronti indifferenza” – pp. 127). Il fatto poi che i ruoli di aguzzini e di vittime spesso fossero altalenanti lo dimostra, ad esempio, il verbale di deposizione di Agostino Grava, fascista e segretario comunale di Marzabotto (atti nel processo a carico di Lorenzo Mingardi).

Il libro di Mandreoli, come scrive lo stesso autore, “desidera fornire elementi, fattuali e critici, di maggiore consapevolezza in vista dello sviluppo – così necessario e urgente nel dibattito civile italiano – di quella che Avishai Margalit ha descritto come etica della memoria” (pp.10).

Edizione esaminata e brevi note

Alberto Mandreoli (1974), insegna materie letterarie e storia nelle scuole superiori. Da anni conduce ricerche sui temi delle memorie delle stragi della II guerra mondiale e del loro riflesso sulla coscienza individuale laica e cattolica. Tra le sue pubblicazioni: “Chi cercate? Vita e morte di Mauro Fornasari, diacono della chiesa di Blogna 1922-1944” (Bologna, 2013) e “Vangelo e coscienza. Antifascismo e Resistenza dei cattolici bolognesi” (Trapani, 2015).

Alberto Mandreoli,“ Il fascismo della Repubblica Sociale a processo. Sentenze e amnistia (Bologna 1945-50)”, Il Pozzo di Giacobbe (collana “Oi christianoi”), Trapani 2017, pp. 400. Postfazione di Mimmo Franzinelli.

Luca Menichetti. Lankenauta aprile 2017