Chiroli Roberta

Ora e sempre No Tav

Pubblicato il: 29 Aprile 2017

È notizia recente di venti rinvii a giudizio in uno dei filoni dell’inchiesta sulle “Grandi Opere”: i reati contestati sono associazione a delinquere, corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio e tentata estorsione sugli appalti per la realizzazione della tratta Tav Milano-Genova-Terzo Valico Ferroviario dei Giovi. Non siamo indovini e non sappiamo come andrà a finire ma di certo non è notizia che ci stupisce. Stesso discorso con l’inchiesta sul tunnel fiorentino. Del sistema Tav, come qualcuno ricorderà, ne ha scritto in maniera molto approfondita il compianto Ivan Cicconi col profetico “La Storia del futuro di tangentopoli”, cui sono seguiti “Le grandi opere del cavaliere” e “Il libro nero dell’alta velocità ovvero il futuro di tangentopoli diventato storia“: puntuali analisi di nuove forme di corruzione, quelle che hanno soppiantato il “sistema milanese”, pesantemente colpito dalle inchieste di Mani Pulite. Sistema Tav che, grazie ad una normativa che ha ufficializzato il conflitto d’interesse, si è rivelato una golosa greppia per partiti, imprenditori disonesti e, che nel contempo, ha creato nuove voragini nel debito pubblico italiano. Con buona pace di chi parla di investimenti e sviluppo. Non è un caso, infatti, se certi mega-progetti sono stati contestati anche da studiosi di area liberal-liberista, non soltanto dagli antagonisti no-global e dai teorici della “decrescita felice”. Sistema di cui abbiamo scritto abbondantemente anche nel nostro magazine letterario e quindi non ci vogliamo ripetere. Proprio perché consapevoli degli interessi sottostanti questo sistema, che nulla hanno a che fare con quello sviluppo propalato come un mantra dai media mainstream, pensavamo – ingenui – che i magistrati si accanissero innanzitutto nei confronti di atti corruttivi, di progetti privi di analisi costi-benefici e così via. Non è così. Almeno non è così per la procura di Torino, la cui azione nei confronti degli oppositori del Tav in Val di Susa ha suscitato non poche contestazioni, anche da parte di noti giuristi (istruttiva la lettura del libro “Conflitto, ordine pubblico, giurisdizione: il caso TAV”, edito da Giappichelli). Le iniziative della procura – ricordiamolo – hanno coinvolto nel recente passato lo scrittore Erri De Luca, i giornalisti Davide Falcioni e Flavia Mosca, chiamando in causa il complicato rapporto tra libertà di espressione, diritto di cronaca e salvaguardia dell’ordine pubblico. Nelle maglie della giustizia torinese è cascata, suo malgrado, anche Roberta Chiroli, studentessa della Ca’ Foscari. La sua colpa? Causa una tesi di ricerca in antropologia la Chiroli ha seguito passo passo la vita dei “no tav” della Val di Susa e, nel descrivere un’azione di protesta, ha azzardato un “noi” che i pubblici ministeri hanno intenso come prova di partecipazione morale a dei disordini avvenuti nel giugno 2013. L’epilogo della vicenda giudiziaria è presto detto: condanna in primo grado a due mesi di carcere per “concorso morale in violenza aggravata e occupazione di terreni”, sulla base di quanto scritto in una tesi specialistica. È evidente che i giudici non hanno contemplato minimamente  le parole di Roberta Chiroli a fronte del “coinvolgimento emotivo, etico e politico” provato in mezzo alle migliaia di persone unite nel manifestare il loro dissenso: “ormai all’interno dell’antropologia contemporanea è assodato e dato per scontato che la soggettività del ricercatore è ineliminabile e che la conoscenza che si produce è frutto dell’incontro e del dialogo tra antropologo e soggetti coinvolti” (pp.33).

Si è parlato  quindi di un mal compreso ruolo degli studi scientifici e antropologici, che non possono censurarsi per motivi di opportunità istituzionale, sono seguite ulteriori proteste, appelli, raccolte di firme, denunce di giuristi, ma quella condanna resta. Studio che adesso tutti possono leggere grazie alla pubblicazione di “Ora e sempre No Tav. Pratiche e identità del movimento valsusino contro l’Alta Velocità”, edito dalla milanese Mimesis, che sostanzialmente riproduce, attualizzandola, proprio la tesi di laurea di Roberta Chiroli. Un lavoro, tra l’altro, ben scritto, con taglio divulgativo e molto approfondito. L’intento è stato di comprendere e illustrare il significato che la lotta riveste per gli attivisti No Tav: ovvero ripercorrere la storia del movimento attraverso le narrazioni dei suoi protagonisti, presentare “la sua struttura organizzativa e le pratiche che elabora per comunicare e agire come soggettività politica” (pp.181), nonché descrivere le dinamiche attraverso cui si è costituita un’identità collettiva in Vad di Susa. Un impegno che viene descritto anche grazie alla citazione di comunicati, che contestano radicalmente la stampa mainstream e le loro caricature da sindrome Nimby e dei montanari cavernicoli ed estremisti: “la criminalizzazione del dissenso, la violenza sulla popolazione, la distruzione del territorio, lo spreco di denaro pubblico, purtroppo, nel nostro paese, non sono parole ma triste realtà che cambia, migliora e si modifica solo grazie nostro impegno di cittadini responsabili, attivi e resistenti” (pp.155).

Non a caso la precedente esperienza con l’autostrada A32 avrebbe permesso ai valligiani, che nel frattempo si sono ampiamente informati su normativa esistente e problemi tecnici, “di rigettare le accuse di essere dei montanari ottusi, nemici delle sviluppo e del benessere del paese nonché ribadire quanto sia necessario vigilare sull’uso che la politica fa del genero pubblico, denaro di tutti i cittadini, per opere infrastrutturali che incidono fortemente sui territori e i loro abitanti” (pp.45).

Se già nel 1993 si era concretizzato il Documento dei “Quattro No”, redatto dall’intero Consiglio della Bassa Val Susa (“NO perché la Val Susa non è in grado di sopportare altre infrastrutture; NO perché la qualità dell’ambiente è un diritto fondamentale della comunità locale; NO perché le scelte vengono assunte in palese contrasto con il diritto dei cittadini di avvalersi del bene natura quale elemento prioritario della vita; NO perché è demagogico affermare che la costruzione della linea ad Alta Velocità risolva il problema occupazionale in Valle”), poi l’analisi dei disastri avvenuti nel Mugello e lo studio attento della normativa, hanno permesso ai “montanari” di proporsi al di fuori della loro Valle con una competenza sorprendente. Nel contempo la Procura di Torino, soprattutto dopo i casi di Edoardo Massari, Maria Soledad Rosas e Silvano Pellissero, “viene così pienamente identificata come alleato di quel partito trasversale degli affari che spingeva per la realizzazione della Tav” (pp.57). Al di là delle considerazioni dei valligiani, che evidentemente hanno la percezione di una vera e propria occupazione militare, la Procura viene tirata in ballo non solo per le condanne ma anche per le richieste di archiviazione. Così Roberta Chiroli nella premessa al libro: “Non è dato sapere secondo quali teorie sia illogico che in situazioni di conflitto possano verificarsi episodi di violenza a sfondo sessuale e come la presenza di un collega garantisca l’innocenza di un agente. Inoltre per la Procura le frasi ‘puttana, sei una puttana! Adesso con quella bocca (spaccata da una manganellata che ha richiesto 6 punti si sutura esterna e due interni) non la fai più la puttana!’ non sono da considerare ingiurie ma “generiche imprecazioni. Come recentemente messo in evidenza da Senaldi (2016) sembra essersi instaurato un diritto penale del nemico per gli appartenenti al movimento No Tav, una condizione che sospende lo stato di diritto e porta a forzature delle norme giuridiche e ad una censura delle libertà politiche” (pp.25).

In tal senso anche le parole di Erri De Luca, autore della prefazione, ci sono sembrate molto efficaci: “In Valle di Susa valgono i rapporti di forza: il danneggiamento simbolico di una recinzione del famigerato cantiere è considerato un attacco al cuore dello Stato. La tesi di una studentessa è un atto sovversivo […] In Valle di Susa si manifestano i sintomi turchi di disuguaglianza dei cittadini di fronte alla legge. Lo stupro di suolo, di salute pubblica con disprezzo dell’integrità fisica dei residenti, compromessa dallo spargimento di amianto da perforazione di rocce amiantifere, l’occupazione militare con il suo continuo stato di eccezione per un’area di interesse strategico (e qui ci vuole la pernacchia fragorosa di Edoardo De Filippo in L’oro di Napoli): di questo si tratta in una parte del territorio di questa Repubblica. Di questo trattano le ragione di una Valle che non si lascia schiacciare e così riscatta al proprio onore di cittadini, il mio e di molti altri” (pp.12). Parole che archiviano definitivamente la grettezza da sindrome Nimby imputata ai valligiani e che si legano invece alle conclusioni della ricerca di Roberta Chiroli. A fronte di una stampa ostile che si limita a riprodurre slogan e non fa i conti con la realtà (corridoio Lisbona-Kiev archiviato da tempo, analisi costi-benefici perennemente contestati, lo scandalo della legge-obiettivo) e di governi che hanno inteso privilegiare interessi opachi, emerge la dimensione della solidarietà e della costruzione di un legame comunitario tra persone con esperienze e culture politiche diversissime: “la partecipazione al movimento è diventata la quotidianità ed essere No Tav è l’unico modo possibile di essere” (pp. 183).

Edizione esaminata e brevi note

Roberta Chiroli, ex studentessa di antropologia alla Ca’ Foscari di Venezia. Lo scorso giugno, a causa del suo lavoro di ricerca basato sull’osservazione delle attività del Movimento No Tav, è stata condannata in primo grado dalla Procura di Torino a due mesi di carcere. La vicenda ha destato grande scalpore ed è stata oggetto di particolare attenzione da parte dei principali media nazionali.

Roberta Chiroli, “Ora e sempre No Tav. Pratiche e identità del movimento valsusino contro l’Alta Velocità”, Mimesis (collana “Eterotopie”), Milano 2017, pp.200. Prefazione di Erri De Luca

Luca Menichetti. Lankenauta, aprile 2017