Fusco Antonio

La pietà dell’acqua

Pubblicato il: 28 Giugno 2015

Un anno dopo “Ogni giorno ha il suo male” Antonio Fusco, evidentemente soddisfatto del riscontro di pubblico e di critica, ha voluto riproporre le indagini del commissario Casabona, anche questa volta alle prese con un omicidio in quel di Valdenza. Una provincia toscana immaginaria soltanto per il nome, tra l’altro molto simile alla reale Valdelsa, che sembra avere molto a che fare con l’ambiente lavorativo dell’autore: ricordiamo, infatti, che Fusco è criminologo forense e dirigente della Squadra mobile della questura di Pistoia. Anche Bali, uno dei luoghi della vicenda, ricorda l’autentico lago di Vagli, caratterizzato da un paese sommerso (Fabbriche di Careggine)e da periodici svuotamenti. E’ proprio qui, a confini di Valdenza, che il commissario Casabona, tornato al lavoro in pieno agosto, dopo l’ennesima lite familiare, si ritrova ad indagare sull’omicidio del “becero”, alias Qurino Spagnesi, un anziano e odioso personaggio. La revolverata alla nuca fa pensare ad una vera e propria esecuzione, molti elementi non tornano, e oltretutto interviene inaspettatamente la direzione antimafia nelle vesti di un ambizioso e losco funzionario di polizia. Anche l’atmosfera dei luoghi – lo svuotamento della diga costruita nel dopoguerra fa riapparire il vecchio borgo di Torre Ghibellina – contribuisce ad alimentare sospetti e tensioni tra poliziotti. I sospetti e le  ambiguità inizialmente investiranno anche una collega francese di Casabona, giunta a Bali in incognito, e che, spacciatasi per giornalista, è intenzionata ad indagare su un preoccupante dossier redatto nel primo dopoguerra e poi passato di mano in mano: la morte dello Spagnesi e di quelle che seguiranno sono infatti legate a quella denuncia di complicità in una strage nazista perpetrata nei dintorni di Torre Ghibellina. All’immagine del lago che si svuota e fa riemergere il borgo medievale si accompagna quindi, come una sorta di metafora, il riemergere di colpe e di antichi delitti – ben evidenziati da frequenti analessi – che a quanto pare possono diventare motivo di nuovi omicidi. La trama del nuovo romanzo di Fusco, nel prendere spunto dalle stragi dell’ultima guerra mondiale, attinge a piene mani da quelli che ancora possiamo chiamare i misteri della Repubblica, non ultimo il cosiddetto “armadio della vergogna”, ed è sostanzialmente incentrato sul contrasto, insanabile, tra giustizia e “ragion di Stato”. Anche la descrizione di uno dei più ambigui e cinici personaggi, il cosiddetto “onorevole”, ricorda un notissimo ex presidente del consiglio, ancora evocato come anima nera della prima repubblica: “era rimasto uguale a vent’anni prima. Forse leggermente più curvo, ma l’abito, gli occhiali, il modo di portare i capelli all’indietro, erano gli stessi” (pp.126).

Il contrasto tra legge e Stato diventa tanto più acuto se ad indagare è un commissario come Casabona, prototipo di professionista integerrimo e votato al lavoro, al punto da mettere a repentaglio il suo matrimonio. Se la figura del protagonista letterario non pare aver mostrato una particolare evoluzione rispetto il precedente romanzo, sempre in ansia per la sua situazione familiare, è probabilmente Antonio Fusco ad aver conseguito un più efficace equilibrio stilistico e narrativo: la trama e l’epilogo a sorpresa di “La pietà dell’acqua” ci sono sembrati più meditati, esito di una concatenazione di avvenimenti più credibili rispetto quanto letto in “Ogni giorno ha il suo male”. Rispetto la prosa del romanzo d’esordio, che qua e là forse mostrava un linguaggio un po’ burocratico e qualche riferimento di troppo alle emozioni di Casabona, nella “La pietà dell’acqua”, pur non caraterizzandosi per originalità (le frasi brevi ed essenziali sono ormai un marchio di fabbrica di ogni autore poliziesco), tutto sembra scorrere con maggiore disinvoltura.

Se poi è vero che ormai il genere “giallo” o “poliziesco” si sta inflazionando a dismisura, non possiamo rimproverare certo Fusco, poliziotto autentico, di aver mostrato scarsa fantasia: plausibile abbia voluto raccontare qualcosa che conosce in prima persona. In questo senso la prospettiva del narratore probabilmente ha contribuito a ridimensionare qualche stereotipo che spesso si accompagna ai romanzi di genere. Ci dicono infatti che, rispetto il classico poliziesco tutta trama ed enigma, il cosiddetto noir si caratterizza per una maggiore attenzione alla figura dell’investigatore, alle pulsioni oscure della mente umana, al realismo e alla critica sociale. Da questo punto di vista anche “La pietà dell’acqua” ha qualcosa del noir, ma quanto meno non ci sono dubbi sull’integrità del detective, il colpevole è comunque assicurato alla giustizia nonostante i tradimenti dei colleghi poliziotti, il discrimine bene – male è palpabile malgrado la presenza di una pervasiva corruzione. Anche i problemi che angustiano il commissario Casabona non investono tanto la sfera dell’etica professionale, ma sono semmai riconducibili alla famiglia e alla vita privata. Da qui i ripetuti richiami alla malinconia del poliziotto, non ultimi i riferimenti all’opera di un celebre scrittore francese: “Gli cadde l’occhio su un libro di Jéan-Claude Izzo: Total Khéops. Lo aveva letto nell’edizione italiana, Casino totale, un noir magnifico. Ma mai come quella sera ne aveva compreso fino in fondo il titolo” (pp.110). Il commissario Casabona quindi ha nuovamente scovato il colpevole di una lunga serie di delitti, ma ci ha lasciato ancora frustrato da complicati problemi personali: le premesse per un terzo romanzo ambientato nella provincia tutt’altro che idilliaca della Valdenza ci sono tutte.

Edizione esaminata e brevi note

Antonio Fusco,  è nato nel 1964 a Napoli. Laureato in Giurisprudenza e Scienze delle Pubbliche amministrazioni, è Funzionario nella Polizia di Stato e Criminologo forense. Ha lavorato a Roma e a Napoli. Dal 2000 vive e lavora in Toscana, dove si occupa di indagini di polizia giudiziaria

Antonio Fusco, “La pietà dell’acqua”, Giunti Editore (collana M), Firenze 2015, pp.224.

Luca Menichetti. Lankelot, giugno 2015