Devannes Vincent

L’uomo che viaggiava con la peste

Pubblicato il: 9 Gennaio 2013

Chi è veramente Albert Dallien? Perché sta fuggendo dalla Francia? Per quale motivo va proprio in Argentina? Cosa è successo durante la guerra? Argentina, tra gli anni ’50 e il 1978. È sufficiente un’occhiata su wiki per capire come la situazione nel paese latinoamericano fosse a dir poco complessa nel periodo in cui si svolgono i fatti descritti nel romanzo. A questo aggiungiamo la famigerata operazione O.D.E.SS.A., diamo una spruzzata di Che Guevara, mescoliamo col nascente traffico di cocaina ed ecco che abbiamo un’idea del contesto in cui il protagonista trova a muoversi tra le pagine del libro.

Protagonista il cui nome, Albert Dallien, è fittizio, e di cui, nonostante sia egli stesso il narratore della storia, poco sapremo della sua vita antecedente, della sua vita europea.

“Non so più se ho fatto Dallien a mia immagine e somiglianza o se è lui che mi ha completamente assorbito.” (pag. 120)

Un romanzo sulla perdita d’identità, sulla menzogna, sulla narrazione di sé, su come gli eventi esterni possano influenzare le decisioni delle persone, su come i sentimenti possano cercare la ribellione, su come certa storia detta con la s maiuscola possa infine arrivare anche a chi non si credeva, a toccare persone che non immaginavi. La Storia ingloba nomi, identità, persone, e restituisce il tutto cambiato.

Albert arriva in Argentina illegalmente, con questa falsa identità legata a qualcosa di misterioso, e dopo un po’ dal suo arrivo si mette al servizio della malavita di Buenos Aires in virtù dei suoi studi, aiutando un dottore tedesco, Gregor si fa chiamare, anche lui fuggito (e ricordiamo: è da poco finita la seconda guerra mondiale), a far abortire le prostitute protette di Don Wence. Prostitute che preferiscono abortire più e più volte, sapere comunque che potrebbero dare la vita, piuttosto di agire in modo da non rimanere più incinta. Trova l’amore, lo perde. Un incontro fortuito gli spalanca le porte dell’aristocrazia argentina, e si sente come dai fatti sia trascinato: un uomo che, più che agire, re-agisce a ciò che gli capita, spinto da convenienze di sopravvivenza, con il passato che lo opprime, senza poterlo mai confidare ad alcuna persona. Con il trascorrere degli anni al passato europeo si aggiunge quello argentino, che diviene altrettanto opprimente. La sua vita nel paese sudamericano è costruita su menzogne, e la verità tenta Albert ed al tempo stesso lo terrorizza. Questa paura, per contrasto, diviene anche ciò che lo fa sentire vivo, che lo fa continuare a vivere. La menzogna come stile di vita per necessità, e la verità è ciò che la potrebbe distruggere.

Mattone dopo mattone ecco il Dottor Dallien, ricco, stimato, nell’aristocrazia argentina, che lavora con la malavita, che fa il chimico per il traffico di coca, che ha agganci con i rifugiati tedeschi e con l’esercito degli Stati Uniti, mentre l’Argentina conosce Perón, la rivoluzione, il golpe militare, la dittatura, i desaparecidos…Dallien è sempre lì, di fianco eppure in mezzo alla Storia, fino a raccogliere confessioni come questa:

“<<Era solo un canile. Con gli ebrei al posto dei cani.>>” (pag. 171)

Dallien è una presenza la cui consistenza è in ciò che racconta, in ciò che si racconta, e si assiste ad una messa in scena che è vita che vorrebbe essere solo messa in scena e che viene sopportata pensando che è una messa in scena. Invece diviene, è vita, ed è la vita di Albert Dallien.

“E questa verità non è il contrario della menzogna, è il contrario del nulla. […]

Se incrocio uno specchio, non ho alcun ricordo di colui che ha utilizzato quella faccia prima di me. Un ragazzo dell’altro lato dell’oceano, a quanto pare. Solo un vecchio ruolo di cui mi restano soltanto stralci di battute. La differenza tra un impostore e un attore non è tecnica ma morale. Il rimpianto opprimente di aver mancato la mia vocazione di attore non viene tanto da un sentimento di privazione, quanto dal ritardo col quale me ne sono accorto. Rimpiango quella lunga inquietudine perché non sapevo di avere un’identità. La mia caratteristica era proprio di non averne, non crederci, non darle più importanza che a dei vestiti sempre fuori moda prima di essere consumati. […] Ruoli che ho sempre interpretato con sobrietà, da un luogo segreto della mia coscienza che ho esplorato poco, ma abbastanza da sapere che quel luogo è vuoto, che è solo una postazione da cui guardo la vita come un attore durante il giorno di riposo.” (pag. 126-127)

Edizione esaminata e brevi note

Vincent Devannes, francese, è autore di sceneggiature e cortometraggi che hanno partecipato a importanti festival internazionali come quelli di Montreal e di Berlino. Sotto lo pseudonimo di Gustav Caroll ha pubblicato una satira, Contre lo sport, che ha avuto un grande successo di critica. Dopo Memorabilia, sta scrivendo il suo terzo romanzo. L’uomo che viaggiava con la peste, tradotto in tedesco ed ora in italiano, è il suo primo romanzo.

Vincent Devannes, L’uomo che viaggiava con la peste, Neo Edizioni, Castel di Sangro (AQ) 2012

Traduzione di Camilla Diez

Progetto grafico e illustrazione di Toni Alfano

Il sito della casa editrice: QUI

La pagina del libro (con rassegna stampa): QUI

ab, gennaio 2013