Zuffanti Fabio

Storie notturne

Pubblicato il: 25 Aprile 2018

Sarà pure un caso ma chi segue con una certa attenzione l’attività di case editrici piccole e medie avrà colto che in questi ultimi anni un certo numero di musicisti, non certo di secondo piano, hanno pubblicato il loro esordio nel campo narrativo; spesso racconti brevi, difficilmente classificabili secondo canoni prestabiliti, che interpretano il realismo in una maniera del tutto peculiare. Stesso discorso vale per il genovese Fabio Zuffanti, compositore quanto mai eclettico – parliamo di progressive, elettronica, pop, folk, jazz, classica, cantautorato, psichedelia, postrock, industrial, dark-gothic – e adesso autore, per Ensemble, di “Storie notturne”, raccolta brevi racconti, alcuni dei quali al limite del “microracconto”. Un esordiente nella narrativa che ha voluto ricordare in un’intervista proprio la sua predilezione per i racconti di Buzzati; e quindi – viene di conseguenza – per il suo “realismo magico”.

Magari è soltanto una congettura ma il fatto che compositori, pianisti, jazzisti, e ora Zuffanti, si siano rivelati particolarmente predisposti a navigare “in bilico tra il reale e l’onirico” ci fa ricordare il legame indissolubile e complesso tra musica, razionalità matematica e arte in grado di esprimere l’inesprimibile. In altri termini come se un musicista, col suo carico di necessaria razionalità e competenze matematiche, abbia voluto ritagliarsi, anche sulla carta stampata, uno spazio non condizionato dai limiti della realtà. Del resto anche il titolo, “Storie notturne”, fa riferimento a quelle ore dove la lucidità tende a perdersi ma nel contempo, oltrepassati i confini della razionalità, si svelano lati inaspettati di se stessi e del prossimo. È lo stesso autore che, a più riprese, ce lo conferma; certo non limitandosi alla definizione della sua opera come “benefico rifugio solitario alle pressioni della vita”. Così in “storia notturna#11” (prose numerate in maniera crescente e anonima come a volersi svincolare da elementi oggettivi e compiuti): “Ti sembra piuttosto di navigare come una barchetta in un liquido viscoso, nel labile confine tra il sogno e la veglia. In quei frangenti è come se l’intera tua vita si rivestisse di tetra inquietudine, è come se le fondamenta del tuo esistere cominciassero pericolosamente a sfaldarsi” (pp.19).

Labilità e incompiutezze svelate dal sogno e che la musica, arte al confine, può in qualche modo sanare e riportare in equilibrio, come leggiamo in “storia notturna #27”: “È stato […]   uno squarcio verso una realtà perfetta. Non parliamo poi di quando la musica si armonizza col volto di una persona, ne sottolinea la bellezza, ne sfiora i contorni, la rende viva. Se un’armonia esiste in questa vita tua la scorgi tramite la musica. Senza musica tu saresti cieco” (pp.51).

Peraltro questo approccio “espressionista”, caratterizzato dalla descrizione di situazioni non del tutto compiute, dove l’indeterminatezza di luoghi, tempi e personaggi la fa da padrone, ci consente di parlare appunto di prose piuttosto che di veri e propri racconti, con una trama ben definita. Pagine in cui l’incerto stato di chi esprime i suoi stupori e le sue paure, la sostanziale consapevolezza che possiamo gestire molto poco di quello che ci sta intorno, evidenzia il confine labilissimo tra pensieri ancora lucidi e la caduta nel dormiveglia e nel sogno: introspezione, soggettività, toni meditativi, abbondanza di metafore, rappresentano i veri fili conduttori tra i racconti#. Di “trame” – ripetiamolo – non è proprio il caso di parlare. Se perciò è vero che alcune raffigurazioni indecifrabili potranno suscitare qualche critica e perplessità, ritenendo che in realtà l’autore si sia applicato con fin troppo raziocinio nello scandagliare le possibili alterazioni psichiche del dormiveglia, va anche detto – ed è un aspetto positivo – che questa mancanza di precise coordinate rende la lettura dei “racconti#” tutt’altro che scontata.

“Storie notturne” che, tra l’altro, nonostante la voluta rappresentazione onirica presenta uno stile molto controllato: un flusso di coscienza, ammesso sia tale, in qualche modo anomalo nel suo essere nitido, dove la sintassi funziona a dovere. Da questo punto di vista – forse felice di contraddizione di musicista sempre in equilibrio tra razionalità matematica e ispirazione – nessuno sperimentalismo temerario e lettura che scorre spedita tra meditazioni e situazioni surreali.

Edizione esaminata e brevi note

Fabio Zuffanti, (Genova, 1968) è considerato uno dei musicisti italiani più eclettici e rappresentativi. Nella sua carriera ha lavorato da solista e collaborato con molti gruppi (Finisterre, Maschera Di Cera, Höstsonaten e molti altri), pubblicando numerosi album e ottenendo numerosi riconoscimenti internazionali. Sulla sua opera, in Canada, nel 2016, è uscita “Jeux de Miroirs”, una biografia scritta da Michel Bilodeau. Ha pubblicato diversi saggi tra cui” O casta musica” (2012), “Ma che musica Suoni?” (2014) e “Prog, 101 dischi al 1967 al 1980” (2016, scritto in collaborazione con Riccardo Storti); e una raccolta di poesie, “Il giorno sottile” (2016). “Storie Notturne” è il suo esordio nella narrativa. Il suo sito internet è: www.fabiozuffanti.com

Fabio Zuffanti, “Storie notturne”, Ensemble (collana “Officina”), Roma 2018, pp. 66.

Luca Menichetti.  Lankenauta, aprile 2018