Magliani Marino

Prima che te lo dicano altri

Pubblicato il: 24 Gennaio 2019

È la prima volta che Marino Magliani si affaccia su un orizzonte distopico. Questa, infatti, è la vocazione della collana “Narrazioni” di Chiarelettere, cui appartiene Prima che te lo dicano altri, romanzo sospeso tra due estremi di un segmento lungo cinquant’anni (1974-2024) e largo un oceano, l’Atlantico – la pozzanghera, come l’autore la chiama –, arco liquido sospeso tra la Liguria e l’Argentina, le due terre della memoria che, all’interno di questa storia, si specchiano l’una nell’altra.

È appunto dalla Liguria, regione d’origine dell’autore – ma da lui spesso evocata da lontano, poiché vive in Olanda – che prende le mosse la trama. Questa racconta la vita di un ragazzino, Leo Vialetti, che nella Val Prino, nell’entroterra di Imperia (dove Magliani è nato), passa le sue giornate scorrazzando tra rovi e carruggi di paese, e ricevendo ripetizioni e saggi insegnamenti da un argentino, Raul Porti. Costui finisce per prendere il posto sua della figura paterna, che Leo non conosce. E siamo nell’estate del 1974, poco prima che Porti se ne vada, sparendo misteriosamente.

Quando, in un interessante gioco di capitoli alterni, ci spostiamo all’altro estremo temporale, il 2024, il Leo Vialetti adulto, innestatore e bracconiere, si aggira tra i rovi ormai dilaganti, in un territorio ligure lasciato a se stesso e preda della speculazione edilizia. Decide di aggiudicarsi la vecchia casa di Raul, che è stata messa all’asta, ma il suo spirito è irrequieto e non si accontenta di quella “toppa”. Ha bisogno di decifrare il destino di quel singolare vice-padre, e segue questo interrogativo fino all’altro limite del lungo argo spaziale della sua vita: l’Argentina. E qui inizia la seconda stagione di questo romanzo a due anime, che rappresenta la sua fase più nettamente distopica, con i fantasmi del passato di terrore suscitati dalla dittatura di Videla e dai suoi sgherri, che s’immaginano ancora operanti, sottotraccia.

È in questo universo oscuro che si addentra l’allucinante ricerca di Vialetti, roso da un dubbio logorante e sospeso ancora una volta tra due poli linguistici, con l’italiano che si mescola allo spagnolo in un suggestivo lunfardo, gergo degli emigranti italiani parlato a Buenos Aires e in tutta la regione del Río de la Plata, e divenuto capsula culturale e metafora dell’esistenza del protagonista, da sempre, come le sue piante, ibrido e perciò incompiuto. Privo com’è di padre, e con madre certa – come dice la ben nota massima – solo in termini anagrafici, visto il rapporto non particolarmente stretto che li lega, viene da chiedersi se non sia in realtà soprattutto figlio della Val Prino, anch’essa frammista di italiano e dialetto (il ligure) e, in sé, micro-universo distopico, retto da caotiche leggi di casualità e trascuratezza. Le stesse, in fondo, che lo hanno reso uomo ai margini, semiclandestino nel suo essere bracconiere e contaminatore di opposti nella sua passione per gli innesti.

È proprio questo il compito che le sue origini gli impartiscono. Tentare, con una mossa fuori dagli schemi qual è il suo lungo viaggio, di completare l’innesto più complesso e cruciale: quello nella vita di un uomo scelto – senza esserne consapevole – come il padre che non aveva mai avuto.

Precisamente in questo nucleo di assenza, e nel tentativo di colmarla, si manifesta l’aspetto più intrinsecamente distopico del romanzo. Quello che, attraverso l’orrore del mondo, conduce dentro l’anima viscerale di un’esperienza di radicale trasformazione.

 

Edizione esaminata e brevi note

Marino Magliani, nato a Dolcedo, nell’entroterra di Imperia, vive in Olanda, e gran parte della sua produzione narrativa è legata al tema del dialogo ideale tra il Nord che ha scelto e la Liguria da cui proviene. Esordisce con il romanzo storico L’estate dopo Marengo (Philobiblon, 2003), per poi pubblicare con Sironi Quattro giorni per non morire (2006) e Il collezionista di tempo (2007). Seguono, per Longanesi, Quella notte a Dolcedo (2008) e La tana degli alberibelli (2009). Quindi pubblica La spiaggia dei cani romantici (Instar, 2011), dove il passato trascorso in Argentina e in Spagna riemerge con forza, ed edito anche in Olanda. È altresì autore di testi letterari dal sapore più squisitamente storico-geografico-naturalistico, come Amsterdam è una farfalla (Ediciclo, 2011), Soggiorno a Zeewijk (Amos Edizioni, 2014), Il canale bracco (Fusta, 2015) e L’esilio dei moscerini danzanti giapponesi (Exòrma, 2017). Ha inoltre pubblicato raccolte di racconti come Carlos Paz e altre mitologie private (Amos Edizioni, 2016), nella quale compare il racconto Sabbia, che si è aggiudicato il Premio Frontiere-Grenzen del 2017, e la silloge poetica All’ombra delle palme tagliate (Amos Edizioni, 2018). È traduttore letterario dallo spagnolo e dall’olandese.

Marino MaglianiPrima che te lo dicano altri, Chiarelettere, 2018.