La spiegazione di questo libro è tutta nell’introduzione dell’autore, Sandro Cappello: suo padre un giorno andò a trovarlo e gli portò un dattiloscritto, la sua autobiografia. Sandro lo legge e ci mette mano, al padre non va bene ma la versione da lui nuovamente rivista non è un granché. Il libro viene allora rivisto da Sandro dopo la morte del padre e finalmente pubblicato. Abbiamo quindi la storia di Alfeo Cappello, nato in un paesino delle campagne venete nel 1926 e morto nel 2019. Venuto al mondo in una famiglia di mezzadri sull’orlo della miseria, se n’è andato dopo essere diventato un imprenditore di successo, padre di cinque figli, nonno di undici nipoti, bisnonno di due pronipoti.
La storia segue un classico schema autobiografico, capitoli numerati che ripercorrono in ordine più o meno lineare la storia della sua vita, narrata in prima persona. Come spesso succede, i capitoli dedicati all’infanzia sono quelli più lunghi e dettagliati e man mano che si prosegue, la narrazione diventa un po’ più scarna e meno nostalgica.
Proprio questi primi capitoli sono una fantastica testimonianza della vita nelle campagne venete nella prima parte del secolo scorso: leggendo oggi queste pagine sembra veramente che si tratti di un altro continente, situazioni di povertà assoluta, una sistema praticamente feudale con padroni nobili e il resto della popolazione in condizione di sudditanza, con possibilità quasi nulle di migliorare la propria situazione.
Alfeo nasce in una famiglia di mezzadri, vivono in una sorta di stalla con due vacche magre e coltivano un pezzo di terra del loro padrone, il padre resta disabile ancora relativamente giovane e così il peso del mantenimento familiare ricade sui figli, con la madre costretta a fare quello che può per mettere qualcosa in tavola: quasi sempre si tratta di polenta ed era uso strusciarla su di una sardina salata appesa al soffitto per darle più sapore. A proposito di quest’usanza, Alfeo ci racconta un episodio cruento ma molto esplicativo: “una volta un gatto ebbe la malaugurata idea di fare un salto per prenderla (la sardina) al volo. Il capo famiglia, che aveva il falcetto a portata di mano, lo colpì con un colpo secco, che era ancora in volo. Lo aveva tagliato a metà, cospargendo la tavola di sangue e interiora. Aveva rovinato la povera cena e nessuno quella sera mangiò più niente. Il giorno dopo però, la cena era più ricca, perché si mangiarono il gatto con la polenta.”
Alfeo ha solo quindici anni quando inizia la Seconda Guerra Mondiale e così sfugge all’arruolamento, dovrà però darsi alla macchia durante l’occupazione tedesca. Alla fine verrà fatto prigioniero ma riuscirà a fuggire dal treno che lo stava portando in Germania e a tornare a casa.
Nel Dopoguerra si mette in società con i suoi due fratelli e fonda un negozio di mobili che presto comincerà a crescere e che li porterà in pochi anni a diventare dei veri imprenditori. La seconda parte del libro si occupa soprattutto di questa parte della sua vita, tra gli anni Cinquanta e Sessanta e ci fa capire molto di come funzionassero gli affari quegli anni.
Tra un lavoro e l’altro Alfeo trova il tempo di procurarsi una “morosa”, sposarla e farci cinque figli, ci racconta anche della sua passione per i viaggi e delle scorribande con gli amici del bar del paese, o “asinate” come gli piace chiamarle.
Riguardo allo stile generale del libro, è ammirevole come rispecchi bene la personalità e l’età di chi lo scrive: si vede subito che siamo davanti ad un anziano che ripercorre la sua vita, ce lo ricorda lui stesso qua e là, ma non è tutto, il personaggio che impariamo a conoscere pagina dopo pagina ci appare assolutamente coerente con una narrazione diretta, schietta e senza peli sulla lingua, ma allo stesso tempo cordiale, mai volgare e sempre rispettosa. In alcuni momenti, i racconti, gli aneddoti, l’ambientazione geografica, ricordano quelli di Mauro Corona, che in effetti non vive troppo lontano dalle campagne padovane.
L’unica nota negativa del libro sono alcuni capitoli discorsivi dove Alfeo ci dà la sua opinione sulla politica, la guerra, i sindacati e altri argomenti generali, lui stesso chiede scusa per quelle sembrano solo le ciarle di un vecchio, si tratta in verità di opinioni interessanti che in effetti potrebbero occupare meno spazio.
Ho trovato questo libro veramente appassionante, in quanto conterraneo del protagonista mi ha fatto compiere un vero viaggio nel passato della mia terra e si tratta certamente di una bella storia di vita raccontata in modo coerente con il suo protagonista. Lo consiglio ai miei conterranei veneti e a chi fa fatica a credere che non molto tempo fa eravamo un paese povero.
Edizione esaminata e brevi note
Sandro Cappello, “Vita Di Alfeo”, MnM Print Edizioni, Poggio Rusco (MN), 2020.
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