von Hayek Friedrich August

Liberalismo

Pubblicato il: 15 Agosto 2012

Prima di affrontare qualsiasi discorso su von Hayek è opportuno ricordare, grazie all’ottimo Lorenzo Infantino, una definizione di liberalismo: “Istituzionalizzazione della libertà individuale di scelta, conseguita tramite la limitazione e il controllo del potere pubblico”. Praticamente è il “governo della legge”, che si sostituisce al “governo degli uomini”.  Il passo successivo, per capirci di più ed andare oltre un concetto per forza di cose fin troppo vago, potrà essere “Liberalism”. Il libro fu scritto da von Hayek nel 1973 su richiesta dell’Istituto Treccani, e rappresenta una sintesi di quanto l’autore austriaco aveva elaborato nei decenni precedenti. L’economista austriaco con questa sua breve opera ha voluto offrirci un percorso di lettura riguardo le idee e le vicende storiche che hanno visto protagonista il cosiddetto movimento liberale. Movimento peraltro molto diversificato, come andremo subito a vedere.

E’ un punto di vista privilegiato visto che da molti Hayek è considerato il maggiore esponente della cultura liberale del Novecento. Un’opera sintetica – non più di ottanta pagine – che meriterebbe profonde riflessioni a fronte di ogni singolo paragrafo. Anche il lettore meno ferrato in economia potrà comprendere che in questo caso brevità significa l’esatto contrario della sommarietà: semmai un potente concentrato di analisi e concetti. Non è questo il contesto per farla troppo lunga, ma probabilmente sarà sufficiente cogliere alcuni passaggi nei quali von Hayek esplicita, con estrema chiarezza, la sua elaborazione di liberalismo, con l’analisi di un percorso storico che nei vari paesi ha portato ad esiti molto diversi. Tra i passaggi più significativi la chiarissima distinzione tra le due anime del cosiddetto schieramento liberale e che fa capire perché, ad esempio in Italia, spesso si faccia una distinzione, anche grazie a Croce, tra liberalismo e liberismo. Secondo von Hayek vi è un’anima rigorosamente evoluzionistica, che prevale nella tradizione britannica, e un’anima razionalistica, che prevale nella tradizione continentale europea. Due tradizioni che apparentemente hanno trovato una convergenza su alcuni postulati di base, quali la libertà di pensiero, di parola, di stampa. Ma è un accordo che non può nascondere profonde differenze: il liberalismo di tipo britannico ha assunto come valore supremo  la libertà individuale, mentre il liberalismo di tipo continentale si è praticamente identificato con il movimento democratico. E von Hayek, che qui mostra tutto il suo purismo di teorico, più volte insiste nel marcare le differenze tra democrazia e liberalismo. Alla prima spetta di risolvere il problema di chi deve governare e questo tocca a tutti i cittadini. Al liberalismo, qui identificato col liberismo, spetta invece il compito di delimitare l’ estensione dell’intervento di quel potere pubblico che deve svolgere un compito residuale e dare invece spazio alla più estesa e libera cooperazione sociale.

Leggiamo direttamente von Hayek: “Il declino della dottrina liberale, iniziato dopo il 1870, è strettamente connesso a una reinterpretazione della libertà come disponibilità, da ottenere attraverso l’azione dello Stato, dei mezzi necessari al raggiungimento di una vasta gamma di fini particolari” (pag. 43). Poi ancora: “Con la sua insistenza sul principio di una legge uguale per tutti e la conseguente opposizione ad ogni forma di privilegio legalmente riconosciuto, il liberalismo di è venuto a trovare in stretto rapporto con il movimento per la democrazia. E in effetti, nelle lotte ottocentesche per ottenere governi costituzionali, il movimento liberale e quello democratico sono stati spesso indistinguibili. Col passare del tempo, sono però divenuti sempre più evidenti le conseguenze del fatto che le due dottrine sono in ultima istanza legati a problematiche diverse. Il liberalismo è interessato alle funzioni di governo e, in particolare alla limitazione dei suoi poteri. Per la democrazia, il problema centrale è quello di chi debba dirigere il governo. Il liberalismo esige che ogni potere – è quindi anche quello della maggioranza – sia sottoposto a limiti. La democrazia giunge invece a considerare l’opinione della maggioranza come il solo limite ai poteri governativi”. Qui uno dei passaggi più efficaci, che peraltro richiama anche situazioni molto vicine a noi: “la democrazia si contrappone al governo autoritario, il liberalismo si contrappone al totalitarismo. Nessuno dei due sistemi esclude necessariamente l’opposto dell’altro: infatti, una democrazia può benissimo esercitar un potere autoritario ed è al limite concepibile che un governo autoritario agisca secondo principi liberali” (pag. 54). E qualcosa che ricorda la nostra Italia contemporanea: “è anche vero che la democrazia si manterrà liberale soltanto se la maggioranza si asterrà dall’usare il proprio potere per concedere ai propri sostenitori vantaggi particolari, benefici cioè che non possono essere tradotti in norme generali, valide per tutti i cittadini” (pag. 55).

L’opera di Hayek – come anticipato – si caratterizza per una particolare chiarezza espositiva, pur cogliendo nello stesso tempo una certa rigidità di posizioni, tipica del teorico puro che rifugge da ogni eclettismo. In altri termini il lettore potrebbe trovare nelle parole dell’economista austriaco, tutte intese a difendere la purezza dell’autentico liberalismo, un certo dogmatismo e quindi la riproposizione del mai morto duello Keynes – Hayek. C’è da aggiungere che nel testo di Hayek non ho vi trovato una prosa e dei contenuti tali da poter gratificare i teorici dell’anarco-capitalismo e degli estremisti libertarian, con buona pace di certi presunti analisti, in realtà molto confusi, che non hanno ben chiara la differenza tra un liberista e un anarco-capitalista e che vedono nell’economista austriaco un personaggio infame, mentore dei regimi dittatoriali. Non vi ho trovato nemmeno quel compiaciuto e provocatorio cinismo tipico di liberisti come Ricossa (che non a caso nel 1999 ha dato alle stampe “Da liberale a libertario”). Molto si può criticare in Hayek, come appunto questa rigidità di teorico che forse non ha permesso di cogliere appieno il suo ruolo propositivo per una società aperta, ma davvero non è il caso di perdere troppo tempo nella lettura di interpreti che ne fanno il padre di ogni sopruso ai danni delle classi meno privilegiate. Molto meglio leggere “Liberalismo” e da lì ragionare e criticare, evitando la confusione indotta da chi mostra evidente malafede e incompetenza.

Edizione esaminata e brevi note

Friedrich August von Hayek (Vienna, 8 maggio 1899 – Friburgo, 23 marzo 1992) è stato un economista e filosofo austriaco, tra i più importanti economisti del XX secolo. Esponente storico del liberalismo, è stato uno dei più importanti rappresentanti della scuola austriaca ed uno dei maggiori critici dell’economia pianificata e centralista. Nel 1974 è stato insignito, insieme a Gunnar Myrdal, del Premio Nobel per l’economia. È considerato uno dei maggiori avversari delle politiche interventiste classiche del pensiero di John Maynard Keynes, nonché uno dei più importanti difensori delle teorie liberali del XX secolo. Tra le sue opere: Monetary Theory and the Trade Cycle (1929), The Road to Serfdom (1944), The Fatal Conceit: The Errors of Socialism (1988).

Friedrich A. von Hayek, Liberalismo, Rubbettino editore (collana Biblioteca Austriaca), Soveria Mannelli 2012, pag. 80

Luca Menichetti. Lankelot, agosto 2012