Speciale Antonella, Verrocchi Emanuela

Il futuro sarà di tutta l’umanità. Voci dal carcere

Pubblicato il: 27 Dicembre 2015

Di primo acchito potrà forse risultare un po’ enigmatico un titolo che fa riferimento ad uno dei versi “cannibali” di Oswald De Andrade. Se però pensiamo a De Andrè, uno dei più convinti ammiratori dello scrittore brasiliano, e alla sua cultura libertaria (“La ballata del Michè”), allora forse tutto diventa più chiaro. Ma al di là della scelta azzeccata o meno di un titolo, è di tutta evidenza il tema affrontato dal libro della Dissensi edizioni. In particolare Antonella Speciale, responsabile di Laboratori di scrittura autobiografica e creativa negli Istituti penali, è stata da subito molto esplicita: “Questa è una ricerca aperta, parziale e soggettiva, basata sulla mia esperienza personale e senza alcuna pretesa di esaustività […] è un testo per tutti, semplice, umano, che pone tanti interrogativi affiorati nel corso dei laboratori” (pp.10). Testimonianze, quindi, di prima mano, valorizzate da scritti di reclusi, anche ergastolani, che intendono affermare la necessità di una piena applicazione dell’art. 27 della Costituzione; mentre quella che è stata definita la culla del diritto si ritrova ad avere a che fare con una realtà da terzo mondo, tra morti in carcere, sovraffollamento, sanzioni dell’Unione Europea.

Un’applicazione dell’art.27 C. che, secondo Antonella Speciale, vorrebbe dire “chiudere gli IMP [ndr: Istituti Penali Minorili] o, almeno, ridurli al minimo per casi davvero gravi dove comunque il sostare delle persone sia il più breve possibile, utilizzare ogni risorsa economica del Ministero per creare strutture protette alternative alla detenzione, con sorveglianza diversificata a seconda dei casi” (pp.25). L’utopia, ammesso la si possa definire così, è quella di restituire il reo alla vita civile in condizioni migliori, non peggiori, “nel rispetto delle vittime, che vanno in primis sempre tutelate”. Affermazioni condivisibili anche da parte di coloro che spesso vengono tacciati di giustizialismo (termine che vuol dire tutto e niente). Altro discorso, ovviamente, riguarda i forcaioli. Comunque sia l’argomento è a dir poco delicato e controverso; e non è un caso che l’interpretazione più condivisibile l’abbiamo trovata nelle parole di Riccardo Noury, autore della postfazione e soprattutto portavoce di Amnesty International Italia: “Questo volume ribadisce che la detenzione non è condizione per la perdita di umanità, dignità e diritti. Sempre che vogliamo rispettare la Costituzione italiana, sfidata di questi tempi da una pericolosa teoria, per cui i diritti umani spettano solo a chi ‘si comporta bene’ e possono essere sottratti a chi si comporta male” (pp.119).

Una dignità che, in primis, può essere recuperata grazie ad un lavoro onesto, come ben si comprende leggendo il capitolo a cura di Emanuele Verrocchi, “Ma dopo mi fate lavorare?”. E qui, come sappiamo, sorgono problemi seri: “primo scoglio: l’assenza di una rete sociale in grado di funzionare da deterrente rispetto l’azione deviante: quindi la difficoltà del reinserimento sociale una volta fuori dal carcere. Un’assenza che alimenta la recidiva. Una volta fuori dal carcere, si ritorna ai vecchi contesti devianti […] Non esiste un modello di reinserimento codificato e ripetibile. Esiste, invece, un ostacolo culturale” (pp.48). Apparentemente ovvietà; ma solo apparentemente. Una ricetta sicura che riesca a conciliare difesa sociale, la punizione del reo e la necessità di rispettare le norme costituzionali, non sembra a portata di mano. La stessa Antonella Speciale, evidentemente molto coinvolta con la sua attività culturale dentro le carceri, in questo libro ha mostrato grande empatia verso i detenuti, al punto da scrivere, con una certa enfasi, parole polemiche in merito al cosiddetto 41 bis (più volgarmente “carcere duro”) e alle “istituzioni totalizzanti”; citando, oltretutto, Falcone quando, a proposito dell’attentato dell’Addaura, parlò di “menti raffinatissime”. In altri termini lo Stato si accanirebbe con gli sfigati, con la manovalanza, mentre rimarrebbero impuniti i mandanti dei peggiori crimini.

Preso atto che non è possibile archiviare con poche battute il rapporto di causa ed effetto fra criminalità e disagio sociale, così rispolverando per l’ennesima volta il contrasto tra “soggetti conservatori” e “soggetti socialitari” (espressioni tipiche della scienza politica), non possiamo nemmeno negare che, in argomento, politici, commentatori e maître à penser, da tempo, si sono sbizzarriti con affermazioni a dir poco surreali. Tanto che, piuttosto di “menti raffinatissime”, dovremmo parlare di “menti furbissime”, quelle che giocano su due tavoli: massimo rigore forcaiolo nei confronti dei cosiddetti delinquenti comuni, garantismo peloso quando si tratta di difendere i propri compagni di merende.

Edizione esaminata e brevi note

Antonella Speciale, vive in Sicilia e da anni si occupa di Laboratori di scrittura autobiografica e creativa  negli Istituti penali per minori e adulti. Laureata in Lingue e letterature straniere, ha pubblicato opere di poesia e narrativa, articoli inerenti alla questione carceraria, ed ha partecipato ai seminari del Progetto Memoria di Sensibili alle foglie sugli anni ’69- 89 (lotta armata, nascita del 41 bis, tortura ecc.). Destini Dentro, 2013, edito da Sensibili alle foglie, è la sua ultima opera di narrativa.

Emanuele Verrocchi, vive a Sulmona, in Abruzzo; sindacalista della CGIL, da novembre 2012 è Segretario Generale della Fillea Cgil della Provincia dell’Aquila. Laureato in Scienze Internazionali e Diplomatiche, si occupa, per il sindacato, anche di immigrazione e di politiche per la legalità.

Antonella Speciale, Emanuele Verrocchi, “Il futuro sarà di tutta l’umanità. Voci dal carcere”, Dissensi Edizioni, Viareggio 2015, pp.120.

Luca Menichetti. Lankelot, dicembre 2015