Cianci Antonietta

Radici

Pubblicato il: 13 Novembre 2020

C’è da chiedersi che potenza di senso possa avere il titolo di questo libro, “Radici”, edito da Transeuropa nel febbraio del 2020, specialmente una volta saputo che la sua autrice Antonietta Cianci, nata a Napoli nel 1980, vive per lavoro a Bergamo, dove insegna ed è dunque per certi versi una sradicata.
Quale condizione migliore, in fondo, per un poeta? Tante volte così straniero nella propria lingua da generare un proprio idioma, una lingua ombra che scorre accanto a quella che usiamo normalmente per comunicare.

Non tanto in questo libro, però, dove il linguaggio della quotidianità si fa manifesto di una poetica delicata, sobria e leggera solo in apparenza, in realtà magmatica, caotica nel profondo dei suoi contenuti emozionali, contenuti perfino laceranti, che il linguaggio colloquiale e piano si incarica di ammaestrare. Viene in mente un verso di una canzone di Guccini “Oh se aprissi del tutto le porte” cioè se questo caos liberasse così potentemente le sue vertigini semantiche ed esplodesse in faccia all’ordine che lo imprigiona. Bello sì, lo sappiamo, se non fosse anche rischioso perché ciò che ci imprigiona è anche ciò che ci custodisce

Cianci lo dice chiaramente che il caos è la sua vera natura e alcuni dei testi migliori lo testimoniano, le nuoce forse la nostalgia dell’ordine che qua e là trapela. Non bisogna, infatti, dimenticare la massima implacabile di Adorno. “L’arte è mettere caos nell’ordine”.

Radici, dicevamo. Tema biograficamente pregnante, abbiamo aggiunto. Cosa sono in sostanza queste radici?

Sono luoghi innanzitutto, la città di Napoli, Ischia, il Vesuvio, nella poesia che apre il libro, rivolta a un tu cui la poetessa chiede di salvare i suoi “colori più belli”; è l’infanzia in cui però il ricordo di ciò che siamo si confonde come si confondono alba e tramonto; è “la casa paterna” che si trova “alla periferia del mio disordine”. C’è da dire che un libro sulle radici è anche un canzoniere d’amore molto sui generis perché spesso l’amore si rovescia in odio, amore amaro, forse disilluso ma terribilmente centrale:

“ti lascio solo
con i tuoi occhi stanchi e ciechi
con l’anima sporca
di rimpianti e autoinganni
in bilico fra passato e presente
sospeso
fra il senso di me e la mia assenza.”

Il tema dello sradicamento serpeggia ed emerge in versi come questo: “Amo la mia identità senza luogo”.
L’amore è scandito in una coppia dai reciproci silenzi che sembrano affinare l’anima.
Le radici sono nel magma di un’interiorità ulcerata, caotica, confusa, in perenne ricerca della quadratura di un cerchio impossibile, che, se si interroga sulle dimensioni del proprio caos, si chiede anche cosa l’amato possa trovare in questa confusione.
Disordine, caos, confusione appunto, immagini di cose sparpagliate ricorrono nel testo e sembrano cozzare con questa scrittura ordinata e fin troppo lineare. Questi versi raccontano dunque una scissione, le profondità magmatiche del poeta incapsulate in bozzolo di codici più rassicuranti.

Emergono immagini nitide di paesaggi, percepiti nelle proprie fibre odorose:

“Sono in viaggio
lungo la via che
all’ombra dei pini marittimi
del porto
giunge fino a Platamona
nell’aria assolata
che profuma di oleandri
nel tepore estivo
che sa di bouganville.”

Là dove il mare sembra farsi pensiero e tutto “si bagna di luce/si tinge di possibile” e poi s’impone la ricerca di qualcosa di sacro che vada oltre e dia valore anche alle aridità del vivere comune. La stazione ferroviaria, luogo di transito per antonomasia, con le sue infinite possibilità diventa così correlativo oggettivo di questa smania di cercare alternative, nella speranza che “l’albero delle possibilità” rimanga sempre rigoglioso.
Si capisce infine che le radici sono nell’amore, per quanto sofferto, nella reciprocità di questo cammino che la coppia protagonista di questi versi compie negli anni, perdendosi, ritrovandosi ma sempre nella consapevolezza di un legame indissolubile come quello appunto che lega un fiore alle sue radici.

Edizione esaminata e brevi note

Antonietta Cianci è nata a Napoli nel 1980, vive a Bergamo dove insegna. “Radici” è la sua prima raccolta di poesie

Antonietta Cianci, Radici, nota introduttiva di Carmine Cimmino, Transeuropa, febbraio 2020

L’altrove
Il mediano
Poetry factory

Ettore Fobo, Lankenauta, novembre 2020