“ ‘Adesso dimmi se secondo te questa è una canzone d’amore’ Natale ci pensò ‘Direi di no’ ‘E perché’ ‘Be’ innanzitutto non c’è mai una lei a cui si rivolge…’ ‘Esatto’ ‘…e poi mi sembra che, anzi, parli di morte…’ ‘Ecco perché sei mio amico’ ‘C’è altro?’ ‘Direi di sì: si sdraia sopra l’erba a sentire un sottile dispiacere, si domanda perché la tristezza quando cade in fondo al cuore non fa rumore, guida come un pazzo a fari spenti nella notte per vedere se è difficile morire… stringe le mani per fermare qualcosa che è dentro di lui ma nella mente dell’interlocutore non c’è, ovvero quello che chiunque chiamerebbe emozioni, perché sono impossibili da chiamare in altro modo, e secondo te questo non è lo spleen di Baudelaire, do you know?’ ‘Yes I know’ ‘Pensa che i critici coglioni e i compagni lo reputano un cantante disimpegnato!’ ”. (p.143)
Saliamoli i gradini con le punte / E pure sconoscendo se calziamo un’epoca, una storia, una leggenda / in cui calati, risalendo siamo. E l’anta si spalanca / Dicendo abbiamo tempo tu intendevi dire il contrario / Vedevi necessario che quanto vai inventando oggi / Non te lo ritrovassi sempre vivido tra i piedi tale e quale / Esatto nel reale / Con i particolari talmente precisi / Un domani da non credere / Che i fatti siano intrisi / Di te così profondamente. Lucio Battisti, A portata di mano
Eh sì, caro Lucio, i fatti sono ancora talmente intrisi di te tanto da ispirare una storia. E non una storia qualsiasi, ma la Storia. Quella degna della maiuscola, perché riguarda un popolo intero (l’Italia), una Città Eterna (Roma) e il più grande cantautore che ad oggi la musica leggera italiana ricordi (te stesso, Lucio). Sì, cantautore, Lucio, status artistico che in molti hanno stentato a riconoscerti per ottusa ignoranza o, peggio ancora, per immotivato pregiudizio (ideologico). E ancora un ultimo sì, caro Lucio, sei stato e resti il più grande di tutti. Sembra quasi superfluo affermarlo perché, al di là dei gusti personali, le tue canzoni hanno segnato profondamente quasi quarant’anni di storia Patria, lasciando tracce indelebili nella memoria di più generazioni. È immaginabile che da considerazioni molto simili sia partito Adriano Angelini Sut nello sviluppare quel grande affresco corale che porta come titolo L’ultimo singolo di Lucio Battisti, una vera e propria saga che intreccia le storie di tre famiglie tra loro assai differenti per cultura, estrazione sociale e provenienza, le cui vicende abbracciano un arco temporale che sfiora il mezzo secolo di durata.
Siamo a Roma, primi anni Cinquanta, in periodo di piena ricostruzione e di rinnovata fiducia per un futuro che sembra indirizzarsi verso un diffuso benessere. Nella Città Eterna si incrociano le vite dei De Santis, immigrati abruzzesi del nuovo ceto impiegatizio, degli Antei, importanti costruttori ex fascisti che hanno scelto di calzare i più confortevoli e redditizi panni democristiani, e dei Leoni, commercianti ebrei di tessuti, romani da diverse generazioni. Sarà grazie ai figli, tutti nati negli anni Cinquanta, che le vicende di queste tre famiglie confluiranno in un’unica grande storia; una storia che si fa paradigma di quel tempo andato pieno di sogni e aspettative, di mutamenti sociali e culturali, di conflitti e di tensioni. Un tempo vivo. Estremamente vivo, la cui colonna sonora ideale sono proprio le canzoni di Lucio Battisti.
Natale De Santis cresce ascoltando la musica dell’artista di Poggio Bustone, suonando la chitarra con talento e anelando di poter raggiungere le sue vette artistiche. Già da fanciullo, Romano Antei forgia il suo fisico attraverso le arti marziali, diventando presto campione in erba di tali discipline; intraprende giovanissimo la via dell’attivismo politico, criticando le scelte paterne per abbracciare gli ideali fascisti del nonno. Romano e Natale, pur divisi da sei anni di differenza, si ritroveranno nella stessa scuola, il Giulio Cesare, viste le due bocciature subite dal giovane Antei. Saul Leoni, crescendo, ma restando comunque fedele alle sue radici, si sentirà un po’ soffocare dall’ortodossia religiosa di famiglia, soprattutto quando incontra Rosa De Santis, sorella di Natale. Tra i due, nonostante lei sia cattolica, è immediato colpo di fulmine. Un amore che darà l’innesco all’incrocio di destini che vedrà protagoniste le tre famiglie.
Sgombriamo subito il campo da questioni esegetiche o interpretative, estetiche o addirittura ideologiche, perché L’ultimo singolo di Lucio Battisti è inequivocabilmente un grande romanzo, forse uno dei migliori dato alle stampe in Italia nel nuovo millennio. E da qui mettiamo un punto e possiamo ripartire, andando ad indagare i motivi che determinano tale perentoria affermazione. È un’opera dall’amplissimo respiro, figlia indubbiamente di tanto studio e ricerca, generata da un forte sentimento di ambivalenza che l’autore non nasconde mai verso la sua città e verso le sue genti. Come tutti i sentimenti profondi e contrastanti, quest’odio-amore che traspare a più riprese dalle pagine del romanzo investe la narrazione con impeto non comune, permettendo al lettore di immedesimarsi in personaggi complessi e sfaccettati. Le loro forti caratterizzazioni consentono infatti ad Adriano Angelini Sut di traghettarci abilmente nella storia di una città e del suo popolo; una città e un popolo che, come accennato in precedenza, si fanno paradigma dell’Italia uscita dalle ceneri del Secondo conflitto mondiale. Un tempo di fede e di ideali, a loro modo e perlopiù puri e sinceri, nonostante i servizi segreti e i depistaggi, il mondo ancora diviso in due blocchi, il terrorismo di matrice politica, l’eterna questione mediorientale e una gioventù che parlava ingenuamente di rivoluzione inseguendo il posto in banca e la sicurezza economica.
La decisa connotazione dei personaggi aiuta il lettore non solo a trovare il giusto feeling con la storia, ma anche a far luce su alcune questioni che sono dirimenti per l’economia del romanzo e che Adriano Angelini Sut tratta in maniera assai meno convenzionale rispetto a tanta letteratura del dopoguerra. E mi riferisco evidentemente a due mondi i quali, nel nostro immaginario, non solo non si incontrano ma sono percepiti in aperto conflitto, senza bisogno di interrogarsi troppo sui perché. E mi riferisco, per dirla in modo che tutti possano comprendere, all’antitesi che ci suggerisce la vicinanza dei termini “ebreo” e “fascista”. L’autore riesce a far muovere in parallelo le vicende di Romano Antei e della famiglia Leoni, unite idealmente da un personaggio su tutti, quel Natale De Santis che ha come unica riconoscibile connotazione l’amore per la musica e per Battisti in particolare, colui che, probabilmente – se vogliamo proprio individuarne uno –, è il vero protagonista del romanzo e possibile alter ego dello stesso Angelini Sut. L’autore si sforza di penetrare i due mondi distanti mettendosi in aperta disposizione, evitando le grossolanità e cercando di andare al cuore delle questioni indagate. Il suo è uno sguardo da antropologo, partecipe ma alla giusta distanza. E la scelta è vincente, da tutti punti di vista, perché l’impresa non era affatto semplice per un “esterno”, soprattutto nel restituire l’universo post-fascista. Si capisce che non è un mondo a cui è sentimentalmente vicino, come invece sembra esserlo rispetto a quello ebraico, ma si intuisce che l’ha conosciuto e ciò gli consente di approcciarlo senza quel pregiudizio atavico che ha caratterizzato – e che ahimè ancora caratterizza – la letteratura del dopoguerra. Di più, riesce a far convivere in modo sorprendentemente armonico queste due realtà le quali, grazie ai suoi personaggi, si sfiorano continuamente senza mai toccarsi veramente.
La grande amicizia che s’instaura sin dal primo incontro tra Romano e Natale, nonostante le palesi differenze di superficie, è uno degli indubbi punti di forza del romanzo. Tra i personaggi non direttamente sulla ribalta che emergono prepotentemente dalla narrazione c’è certamente Simone, fratello maggiore di Saul che sceglie di andare a vivere a Tel Aviv per servire militarmente Israele piuttosto che restare in Italia con le mani mano a “subire”; c’è Marco-Aaron, figlio di Saul, che decide fin da ragazzino di studiare e aderire totalmente alla cultura di famiglia; e infine Valerio, figlio di Romano che prova a venire a capo, per mezzo di un diario conservato da Natale, delle tragiche vicende vissute da un padre che non ha quasi conosciuto ma per il quale sente una profonda vicinanza che va oltre gli stessi legami di sangue. E per non farsi mancare proprio nulla, Angelini Sut, nell’ultima parte del libro, tocca anche il tema del karma e della reincarnazione, forse per spiegare un’amicizia talmente forte ed esclusiva da rappresentare, agli occhi di chi vi parla, l’anima profonda di questo splendido romanzo. Un’opera destinata a essere riscoperta e valorizzata, quando questo tempo ingrato e anestetizzato lo consentirà. Un libro che, mi piace crederlo, lo stesso Lucio avrebbe amato senza riserve.
“Natale sospirò. Ripensò al film The day After. Guardò Francesco. Ripensò al mondo dove lo avrebbe fatto vivere. Non era un bel mondo. Aveva sempre pensato che gli esseri umani potessero accorgersene, fare qualcosa. Poi aveva perso fiducia. La musica gli serviva come anestetico. Anche perché, a ben vedere, non c’era molto che si potesse fare. Chi, secondo lui, credeva di poter cambiare il mondo con le rivoluzioni era un illuso. Le rivoluzioni non servivano a niente, soltanto a sostituire gruppi di potere con altri. La vera rivoluzione, semmai si fosse potuta fare, sarebbe dovuta partire dalle piccole cose di tutti i giorni, come crescere un figlio con dei principi sani. Provare a non fare mai del male a nessuno. Difendersi, lì dove era possibile. Poi aveva scoperto la ruota astrale delle vite e le rinascite, e l’illusione che nutriamo nel poter controllare le cose”. (p.425)
Federico Magi, aprile 2021.
Edizione esaminata e brevi note
Adriano Angelini Sut (Roma, 1968). Ha collaborato con Il Foglio e Radio Radicale. Ha pubblicato, tra gli altri, i romanzi “L’ultimo singolo di Lucio Battisti” (selezionato al Premio Strega 2018) e “Jackie”, e il saggio “Mary Shelley e la maledizione del lago”. L’ultima sua opera di narrativa, pubblicata da pochi mesi, è “Imago Lux”.
Adriano Angeli Sut, L’ultimo singolo di Lucio Battisti, Gaffi, 2018.
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