Carr Maurice

La famiglia Singer

Pubblicato il: 4 Luglio 2021

Tra le novità dell’ultimo periodo spicca  per i tipi di Tre Editori l’autobiografia di Maurice Carr, figlio di Esther (Hindele) Singer (poi maritata Kreitman), sorella maggiore dei due noti scrittori Israel Joshua (Shiya) e Isaac Bashevis (Yitzhak) Singer (Nobel per la letteratura nel 1978).

Maurice (Moishe-Morris, che poi cambierà il cognome Kreitman in Carr) porta sulle spalle una eredità multipla: l’appartenenza religiosa, da cui – pur prendendo le distanze rituali – non è possibile prescindere; l’ingombrante presenza di una madre incompresa; la fama degli zii e, non ultima, una vena narrativa che lo spinge a scrivere, con la consapevolezza tuttavia di non poter eguagliare chi lo ha preceduto, anche per scelta. Sarà giornalista, corrispondente del Daily telegraph, ma scriverà assai poco (un unico romanzo, The house of Napolitano e una raccolta di racconti da lui stesso tradotti in inglese di autori yiddish ma non solo) e sotto lo pseudonimo di Martin Lea, dedicandosi piuttosto a pubblicare, dopo averli tradotti, gli scritti della madre e di altri autori ebrei. Saggiamente, la figlia Hazel cui è affidata la prefazione del libro sceglie, tra le arti, di seguire quella trasmessale dalla madre, la pittura, così da non doversi preoccupare di alcun doloroso confronto.

Più che un affresco familiare riguardante i tre fratelli Singer, il libro parla dei Kreitman: Esther, chiamata Hindele (Hinde), figlia di un rabbino chassidico e di una donna estremamente colta ma sacrificata al ruolo di moglie e madre e perciò amareggiata dalla propria esistenza, che alla figlia impone le stesse sofferenze (durante il viaggio in occasione delle nozze di Esther, Bathsheva butterà dal finestrino del treno tutti i racconti affidatile dalla figlia) e lo stesso destino, facendone un’altra donna arrabbiata con la vita. Avrun Kreitman, il padre di Maurice, uomo dai molti lavori, dapprima deve lasciare la famiglia perché richiamato sul fronte russo durante il Primo conflitto mondiale, poi sceglie di non occuparsi proprio della moglie che non ama e che lo disprezza e del figlio, trattato più che altro come un’appendice materna. Il ragazzo si fa un dovere di studiare, diplomarsi, trovare un buon lavoro. Ci sarà anche l’amore per Lola Fuchs, figlia dello scrittore esule Abraham Mosche, e sarà causa di una dolorosa rottura con la madre che per Maurice aveva certamente altri progetti. Esther Singer vorrebbe riprendere a scrivere e capisce che anche il figlio ha questo desiderio – e questo talento. Ma la nuova famiglia deve essere sostenuta ed egli sacrifica ogni velleità letteraria alla cronaca giornalistica.

Il rapporto con la madre, soprattutto, occupa moltissime pagine, oserei dire l’intero scritto: la presenza ingombrante, a tratti asfissiante di Esther-Hindele rendono il protagonista una persona estremamente insicura e fragile. Lo confessa alla futura moglie Lola, in un dialogo che risale all’inizio della loro frequentazione. Come mai non sta scrivendo un nuovo romanzo? chiede Lola, che tuttavia non conosce così bene l’inglese da comprendere quello appena pubblicato (che resterà anche l’unico). Maurice confessa di non avere nulla da dire. Lo bloccano i racconti inesauribili di sua madre, riferiti a quella alte heim (che potremmo tradurre con “antica patria”, riferita alle terre di origine dei Singer in Polonia) da cui ella viene, assieme alle migliaia di parole narrate e tramandate di generazione in generazione e scritte da lei e dai suoi ben più noti fratelli; lo bloccano le crisi epilettiche di Esther, cui ha dovuto assistere fin da bambino, culminate con quella gravissima che lo porta a giurare di aver cura di lei per sempre, nonostante l’evidente antipatia che intercorrerà fin da subito tra suocera e nuora. Lo blocca il rimorso di non aver seguito l’ideale politico che lo animava e lo spingeva ad andare a combattere in Spagna, sempre a causa della madre del tutto contraria al proposito, terrorizzata all’idea di restare sola.

Maurice si dedica perciò a vivere una vita non sua, quanto meno per una buona parte della giovinezza: la madre gli procura buone scuole e una preparazione di base in quella che è la conoscenza del Talmud, come si conviene a un buon ebreo (sebbene egli prenda abbastanza presto le distanze da tutte le implicazioni religiose della propria tradizione e preferisca ben presto i musei alle sinagoghe: la dimensione personale di fede è presto risolta con un “ateismo logico” abbracciato dagli stessi zii Singer).

Avendo più di tutti gli illustri parenti la padronanza della lingua inglese, Maurice traduce autori ebrei dall’yiddish, la lingua quasi esclusivamente usata dagli Ebrei d’Europa con fierezza e un pizzico di ostinazione, compresi i lavori di sua madre e alcuni scritti degli zii. Molte pagine sono dedicate alla storia personale di Lola, la donna sposata di cui Maurice si innamora e che per lui divorzia da un marito impostole dalla tradizione. Ma anche in queste pagine si avverte la necessità di raccontare “qualcun altro”.

Legame indissolubile nella storia degli Ebrei del Novecento è poi quello tragico con il nazismo e la guerra. Maurice, nato ad Anversa ma trasferitosi assai presto con la famiglia in Inghilterra, si salva dalle nefandezze sofferte dagli Ebrei durante la Seconda Guerra mondiale: l’Olocausto resta sullo sfondo, non vi si accenna quasi. Lola ha una breve esperienza di prigionia con la sua famiglia in Austria all’indomani dell’Anschluss, ma tutto finisce bene e i Fuchs emigrano in Inghilterra. Forse non è possibile parlarne, non quando le cose si stanno svolgendo, non immediatamente dopo, quando Maurice va a Parigi, a guerra appena terminata per conto dell’agenzia di stampa Reuters. Scriverà a mo’ di inciso, quasi alla fine del libro: “Prendo il treno per la Germania per seguire il processo di Ilse Koch “la cagna di Buchenwald”. La mia vita di adulto è cominciata”.

La famiglia Singer riguarda dunque soprattutto la maggiore dei fratelli Singer, e suo figlio, in una non inconsapevole riabilitazione della donna rifiutata dalla propria madre e di conseguenza della scrittrice rifiutata dal mondo (molto maschile e maschilista) della narrativa ebraica. Sarà proprio Maurice a pubblicare in inglese il romanzo più famoso di Ester Kreitman, Deborah (pubblicato in yiddish come Der Sheydims Tants, La danza dei demoni). Gli zii Singer sono spesso presenti nella loro assenza fisica, perché ricordati o desiderati. Ci sono alcuni incontri memorabili, come l’estate a Sweder (durante la quale Maurice li scopre come persone e come scrittori, conosce i nonni e ha notizie del terzo fratello di Esther, di cui porta il nome, e che per risarcire la madre della perdita dei figli come ebrei osservanti, diventa un fervente zelota) o l’epilogo in cui l’autore rievoca gli ultimi incontri con i fratelli Singer. La famiglia nel complesso è la scusa dell’autore per parlare di sé, tenendola sullo sfondo: occorre riconoscere quella vena narrativa che scorre anche nel proprio sangue, può aiutare la parentela con i Singer, ma alla fine tutta questa “fama pregressa” diventa una zavorra che impedisce la liberazione di una creatività personale.

Con la propria autobiografia (che verso la fine prende i tratti di un diario) Maurice Carr ci vuol forse trasmettere soprattutto una storia di oppressi che diventano oppressori: sua madre era stata misconosciuta e schiacciata dalla notorietà dei fratelli (Maurice non si esime dal raccontare episodi poco edificanti sulle vite di entrambi, quasi a restituirne una dimensione “umana” pur nel pieno riconoscimento del valore artistico, di cui inevitabilmente va fiero), ed era stata trattata dalla sua stessa madre alla stregua di un oggetto riuscito male: Bathsheva non si era mai occupata della figlia e se Dio l’aveva maledetta facendola nascere femmina, avrebbe almeno dovuto risarcirla con un primogenito maschio. Ma così non era stato e Esther aveva fatto per prima le spese della delusione materna verso Dio e verso gli uomini. In un modo che vorrebbe essere differente, ma che non raggiunge davvero un diverso risultato, Maurice viene soffocato dalle aspirazioni materne, dalla necessità di lei di scrivere e di trovare un posto nell’universo letterario dominato soprattutto dalla componente maschile, di diventare “un’altra Singer”.

I più famosi zii aleggiano come i fantasmi dei loro racconti sulla famiglia male assortita di Maurice, occupano i pensieri e gli affetti di sua madre, poco ricambiata in questo, si mostrano a tratti e sempre accompagnati dalle proprie idiosincrasie, piuttosto indifferenti alle sorti del resto della famiglia. Entrambi emigrano negli Stati Uniti a metà anni Trenta, ma Israel muore molto presto, nel 1944, dieci anni dopo è la volta di Esther, e in questo decennio scompaiono anche la loro madre Bathsheva e il fratello più piccolo, Moshe, deportati dalla Polonia in Kazakistan durante l’occupazione russa. In un qualche modo misterioso, i rapporti tra Isaac e suo nipote si intensificano all’indomani di tutti questi lutti (Isaac che pure trattava il fratello maggiore con venerazione, si sente quasi “liberato” dalla sua morte, e certamente dal continuo confronto) e vi sono diverse visite a Tel Aviv, dove ormai Maurice risiede con la famiglia. Ma i rapporti vengono interrotti dallo stesso Maurice per una frase offensiva verso la memoria di sua madre Esther. Se ne rammarica, il nipote dei Singer, comprende l’equivoco e l’insensatezza del gesto, ma di fatto non compie quel passo che avrebbe potuto riavvicinarlo allo zio.

Faith Jones, che ha pubblicato qualche anno fa un breve studio sulla prima vera traduzione inglese di Isaac Bashevis Singer, ritiene che Maurice Kreitman abbia volutamente pubblicato sotto pseudonimo la raccolta dei racconti da lui tradotti (fra cui uno suo, uno di sua madre e due degli zii) per prendere le distanze dall’I.J. Singer già molto noto autore dei Fratelli Askhenazi (Isaac sarebbe diventato famoso più avanti). Dalle memorie di Maurice questo in verità non traspare: gli preme spiegare perché in quella raccolta vi sia il cattolico Proust e giustifica la presenza di sua madre, degli zii e di se stesso con un “flagrante hold-up familiare” di cui va evidentemente orgoglioso. Ma è indubbio che la parentela con i Singer non possa passare sotto silenzio per quanti pseudonimi si utilizzino.

Non è inusuale, anzi direi che è molto frequente, che un parente famoso in qualche modo blocchi o comunque segni l’esistenza di coloro che assieme al nome ne abbiano ereditato anche il talento: gli stessi fratelli Singer raccontano nelle loro vite tale verità, e Maurice Carr – come si è visto – interrompe volontariamente questa catena limitante, rinunciando di fatto a diventare il “quarto Singer”. Con una bellissima veste editoriale, impreziosita dalle riproduzioni dei disegni di Hazel Karr (figlia di Maurice e Lola) e corredata di un necessario albero genealogico, La famiglia Singer arricchisce le conoscenze di una delle più note famiglie di scrittori ebrei grazie al lavoro memorialistico –  improntato alla sincerità probabilmente consentita dalla scomparsa di tutti i protagonisti – dell’ultimo discendente.

Edizione esaminata e brevi note

Maurice Carr (Moishe Morris Kreitman 1913-2003) nasce nel 1913 ad Anversa da Esther Singer (sorella maggiore dei fratelli Singer) e da Avrun Kreitman. Trasferitosi a Londra con la famiglia, affronta qui il periodo delle due guerre mondiali, studiando e lavorando come cronista. Dopo il secondo conflitto mondiale vive a lungo a Parigi con la moglie Lola Fuchs e la figlioletta Hazel prima di trasferirsi in Israele. Torna a Parigi negli ultimi anni, e qui muore nel 2003. Pubblica un unico romanzo con lo pseudonimo Martin Lea (The house of Napolitano) e alcuni racconti, traducendo anche gli scritti della madre (Der Sheydims Tants col titolo Deborah) e alcuni racconti degli zii Israel Joshua e Isaac Bashevis (nella raccolta Jewish Stories of Today). Come cronista e giornalista lavora per il Daily Telegraph, il Jerusalem Post, Maariv, Haaretz, Commentary Magazine, ed è redattore capo dell’Israël Magazine.

Maurice Carr, La famiglia Singer, traduzione e note Giorgio Ritter, illustrazioni di Hazel Karr e Lola Carr, Tre editori, Roma, 2021, 225 p.

Titolo originale: The Singer Family: The Other Exile – London

Hazel Karr ha un sito: http://www.hazelkarr.com/index-english.html

Vi si trovano anche le illustrazioni dedicate alla famiglia: http://www.hazelkarr.com/famille-singer-carr-fuchs-english.html

Ilde Menis, luglio 2021