Morin Edgar

Di guerra in guerra

Pubblicato il: 28 Febbraio 2023

Edgar Morin, il centounenne sociologo francese, possiede una tale autorità intellettuale e morale che sarà difficile che i nostri media, i nostri molto cosiddetti maîtres à penser, azzardino a definirlo putiniano. Tutt’al più i nostri impavidi combattenti per la libertà – dal salotto di casa loro –  tenderanno a ignorare il suo “Di guerra in guerra”, senza  ragionarci nemmeno un istante. Ma cosa avrà mai scritto di talmente “putiniano” il sociologo francese? Proprio nulla; anche se sappiamo che di questi tempi basta esprimere delle perplessità sulla conduzione della guerra, oppure citare le parole “contestualizzazione”, oppure peggio ancora “pensiero complesso”, per essere additati come paladini del tiranno russo: “Già in tempi cosiddetti normali, è predominante la conoscenza compartimentata e decontestualizzata. Quando imperversa l’isteria fanatica o l’isteria di guerra, essa diventa sovrana e provoca l’odio di ogni conoscenza complessa  e di ogni contestualizzazione” (pp.38). Il fatto è che Morin, in poche pagine, esprime un ammirevole “pensiero complesso”, nemmeno semplicemente “pacifista”, semmai molto realista. Con diversi richiami alla propria autobiografia, Morin ricorda i tratti comuni degli orrori di guerra dal 1940 all’attuale invasione dell’Ucraina, con l’obiettivo esplicito di far comprendere che la priorità è “evitare  la peggiore tragedia di una nuova guerra mondiale”, rifiutando ogni facile propaganda.

Le analisi contenute in “Di guerra in guerra” colpiscono soprattutto per la grande onestà intellettuale: “ogni guerra racchiude in sé manicheismo, propaganda unilaterale, isteria bellicosa, spionite, menzogna, preparazione di armi sempre più mortali, errori e illusioni, imprevisti e sorprese”  (pp.10).

La sua onestà intellettuale si coglie soprattutto nel racconto delle radicalizzazioni di guerra, che sempre fa il paio con l’occultamento delle verità: “E così come occultammo la barbarie dei bombardamenti americani, occultammo quella dello stalinismo: l’orrore dei campi hitleriani che scoprimmo sul posto ci impedì di vedere o ci fece ignorare l’orrore del Gulag sovietico” (pp.23).

Molte delle affermazioni di Morin che troviamo in questo suo piccolo libro potrebbero apparire del tutto scontate agli occhi di coloro che ancora riescono a ragionare, ma appunto per questo non sono affatto scontate: “Ci sono guerre più criminali di altre, come quella condotta dalla Germania nazista contro l’Urss, o l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Ma ogni guerra, per sua natura alimentata dai governanti e dai media, per la propaganda unilaterale e spesso menzognera, comporta una criminalità che va al di là dell’azione strettamente militare” (pp.37); “Subiamo una propaganda di guerra che ci fa odiare la Russia, ammirare incondizionatamente tutto ciò che è ucraino e occultare ogni contesto, come quello della guerra ininterrotta dal 2014 fra l’Ucraina e le province russofone irredentiste, così come il ruolo degli Stati Uniti, che comunque un giorno bisognerà esaminare dal punto di vista storico” (pp.40). Effettivamente i nostri atlantisti senza se e senza ma potrebbero irritarsi non poco nel leggere alcuni passaggi: “I nostri media indicano un solo imperialismo, quello russo, che cerca di ricostituire la Grande Russia; sono muti sull’altro imperialismo che interviene ovunque sul globo, contravvenendo spesso, come la Russia in Ucraina, alle convenzioni internazionali” (pp.55); “L’Ucraina è una preda geopolitica ed economica fra due titani, date le sue considerevoli ricchezze, soprattutto industriali e minerarie nel Donbass” (pp.88); “Se la Russia putiniana è l’autrice di questa guerra, lo è al termine di un processo di radicalizzazione reciproca” (pp.90).

“Per la pace” è l’ultimo capitolo del libro e, di fatto, rappresenta l’urgenza di trovare un compromesso per una tregua, pena il rischio di una guerra mondiale più devastante della precedente, nonché la constatazione di come ormai il fanatismo, l’isteria, la radicalizzazione, praticamente il “sonnambulismo” di cui parla Mauro Cerutti in prefazione, abbia preso il sopravvento, anche grazie a dei media che non dimostrano di certo la correttezza e l’oggettività di Morin: “Parlare di cessate il fuoco, di negoziati è denunciato come una ignominiosa capitolazione da parte dei bellicosi, che incoraggiano la guerra che vogliono a tutti i costi evitare a casa loro” (pp.99).

Edizione esaminata e brevi note

Edgar Morin, (1921, Parigi)  è sociologo, filosofo e saggista francese di origine ebraica. Iniziatore del “pensiero complesso” – la necessità di una nuova conoscenza che superi la separazione dei saperi presente nella nostra epoca e che sia capace di educare gli educatori ad un pensiero della complessità -, è uno dei più grandi intellettuali contemporanei.
Ha partecipato alla Resistenza (rinunciando agli studi universitari) assumendo il cognome della sua futura moglie: Morin. Ha preso parte a movimenti anarchici, pacifisti e libertari e al Partito Comunista Francese, da cui è stato espulso nel 1951.
Negli anni Cinquanta è stato ricercatore presso il C.N.R.S. (Centre national de la recherche scientifique) compiendo studi sul divismo, i giovani e la cultura di massa. Oggi è il direttore per la sezione scienze umane e sociali.
Nel 1956 ha fondato la rivista «Arguments», trattando i temi politici centrali degli anni Cinquanta e Sessanta. Nel 1967, con Roland Barthes e Georges Friedmann, ha fondato la rivista «Communications», di cui è tuttora co-direttore. Nel 1969, un soggiorno al Salk Institut lo ha messo in contatto con la teoria dei sistemi che ha influenzato profondamente le sue ricerche epistemologiche.
Attualmente è Presidente dell’Associazione per il Pensiero Complesso, con sede a Parigi, e Presidente dell’Agenzia europea per la Cultura (UNESCO).
Nel 2012 è stato insignito del Premio Scanno per la sociologia.

Edgar Morin, “Di guerra in guerra. Dal 1940 all’Ucraina invasa”, traduzione di Susanna Lazzari, con prefazione di Mauro Ceruti, Raffaello Cortina Editore, Milano 2023, pp. 106.

Luca Menichetti. Lankenauta, febbraio 2023