McEwan Ian

Lessons

Pubblicato il: 1 Agosto 2023

Quando il titolo di un libro è affidato a una sola parola, la tentazione è sempre quella di cercare nel testo quel passaggio o quella serie di episodi in grado di svelarne la scelta, quasi che questa sia la chiave per comprenderlo nella sua interezza. A ricondurci a più cauti consigli in merito è proprio una chiosa, una delle tante che il protagonista, Roland, fa a se stesso, nelle battute finali del romanzo: “A shame to ruin a good tale by turning it into a lesson”. Peccato rovinare una bella storia trasformandola in una lezione. Tralasciando per un attimo il paradosso per cui la lezione è proprio non voler trarre alcun insegnamento dagli eventi, è in questo modo che il protagonista dell’ultimo lavoro di Ian McEwan traccia, a posteriori, la rotta da seguire nella lettura la sua storia, ossia ribaltando la prospettiva: le lezioni rappresentano lo spunto di partenza per la narrazione e non il contrario.

Muovendoci da questo presupposto, la ricerca di tutte le occorrenze della parola “lesson” nel romanzo rivela delle corrispondenze affascinanti tra gli episodi della vita di Roland, gli insegnamenti e le figure nodali che li impartiscono, personaggi che, come la bright halo di woolfiana memoria, illuminano la vicenda del protagonista. Una lezione è l’evento che innesca il ricordo insonne della maestra di piano, Miss Cornell, la figura che inizierà Roland ancora adolescente alla scoperta dell’eros; è sempre una lezione quella che Alissa, la prima moglie di Roland, confesserà di non potergli dare su come scrivere un romanzo; saranno lezioni di guida quelle alle quali legherà la memoria del padre, il maggiore Robert, e poi ancora la parola lezione tornerà con la morte di Daphne, seconda moglie; infine Roland stesso darà a sua volta lezioni, come spiantato maestro di tennis, diviso tra falliti tentativi di giornalismo e una modesta carriera da pianista, i cui inizi promettevano ben altri traguardi. Nell’avvicendarsi delle lezioni, si ha quasi l’impressione che la vita di Roland, tratteggiata  dall’infanzia fino ai settant’anni, sia più un contenitore di vite, eventi e scelte altrui alle quali lui è inevitabilmente esposto e sulle quali letteralmente ‘veleggia’: ‘how easy it was to drift through an unchosen life, in a succession of reactions to events’.

In un’intervista, McEwan ha confessato di aver preso in considerazione “Roland Swimming” come ipotesi di titolo del romanzo e possiamo immaginare perché: Roland si muove con la grazia di un equilibrista, o di un nuotatore, tra le vite altrui, delle rette nitide, definite da scelte e rinforzate da un’autodisciplina che fin da principio sa non poter essere sua. Ciascun personaggio pare possedere la forza di un telos predefinito: Miss Cornell cerca il matrimonio con lui, programmando tutti gli anni a venire insieme, la prima moglie, Alissa, lo abbandona per poter scrivere romanzi e ha successo, la madre Rosalind sacrifica un figlio nato fuori dal matrimonio pur di gettare basi solide per un matrimonio che è la sua ragione di vita, Daphne trasmette tutta la sua energia nel lavoro e nella famiglia, costruendo a sua volta per Roland il nido della vecchiaia, Lawrence, il figlio, evolve in modo antiteticamente lineare al padre in una figura affermata e solida nei rapporti familiari. Roland non può inserirsi come tessera in questo mosaico di lezioni, perché c’è qualcosa che lo rende fuori posto: nella prima pagina è descritto come un “private labyrinth of cold sorrow” di cui prende coscienza fin da bambino, seguendo dallo spartito il Clavicembalo Ben Temperato di Bach, e che poi scopriremo essere il timore di compiere scelte definitive. Ogni nota, ogni passaggio obbligato, e in senso esteso ogni scelta, sembra alzare una nuova siepe che infittisce il labirinto oltre il quale Roland sogna uno spazio di assoluta libertà, nel quale vivere le proprie avventure. Lo sogna in Libia da bambino, lo intravede quasi fosse un’epifania: “an idea of greater freedom elsewhere, some emancipated life just beyond reach, one that would be denied him if he made unbreakable commitments […] He was waiting for existence to part like a curtain, for a hand to extend and help him step through a paradise regained ” Nel pollice di Roland bambino che sbaglia la nota, nel dire “scusa” a se stesso, intravediamo già la cifra di quel che lui sarà da adulto: insofferente alla regola che lo renderebbe infallibile, sceglie inconsciamente di autosabotarsi, sente il peso di un rigore che alla lunga non può sostenere, abbandonando ogni proposito, sempre in modo profondamente consapevole.

Dove risiede allora la grazia di Roland? Le lezioni, le storie, le vite altrui si depositano nel fondo della sua coscienza, e lì vengono costantemente intessute con le memorie del passato e gli eventi della storia mondiale per acquistare un nuovo significato, rivisitati e  riletti più volte nel corso del tempo. Arriviamo così alla storia con Miss Cornell: la corsa in bici che lo porterà a casa della sua insegnante, e così alla sua iniziazione sessuale, viene descritta come l’unica scelta mai compiuta in vita sua. Ad innescare la sequenza di eventi, abilmente dilatata da McEwan attraverso le incursioni del piano temporale dal quale il Roland adulto rievoca il tutto, è la crisi missilistica di Cuba e la minaccia di una guerra nucleare. Le fantasie che Roland condivide coi suoi compagni di collegio sugli scenari apocalittici e i piani di sopravvivenza da manuale scout, si infrangono di fronte alla parola vaporised, la cancellazione totale del suo mondo. La domanda, angosciata, che sorge quasi immediatamente in ragazzi in piena pubertà, certi che tutti i loro giochi, fantasie e goliardate non porteranno ad altro che al primo rapporto sessuale è se saranno polverizzati prima che l’esperienza possa verificarsi. La crisi storica catalizza la decisione di Roland e gli consente di autoassolversi; la bici vola verso la casa dell’insegnante e una volta consumato l’atto, ancora una volta, il filtro della sua coscienza mescola l’esperienza personale a quella universale del sesso: “It was either hilarious or it was tragic, that people should go about their business in the conventional way when they knew there was this. Even the headmaster, who had a son and a daughter, must know. Even the Queen. Every adult knew. What a a facade. What a pretence.”

Il dialogo delle vicende personali con il corso degli eventi storici risponde, per ammissione dello stesso McEwan, al bisogno di indagare attraverso la forma del romanzo come i grandi eventi penetrino nel microcosmo creato dalle relazioni dei singoli individui, determinandone le scelte e influenzando anche il modo di percepire e decodificare la realtà. La funzione delle vicende di ordine planetario è di assolvere, secondo l’autore, al ruolo di “colonna sonora” della storia. Il riferimento alla sfera musicale non è casuale, dato che Lessons è percorso, dall’inizio alla fine, da riferimenti musicali. In modo simile agli eventi storici, la musica non è il semplice oggetto della narrazione nel percorso evolutivo di Roland, ma anche “l’incidente” che apre la narrazione, un’ulteriore chiave di accesso interpretativa e un modo di immergersi per i lettori ancora più in profondità nel flusso di associazioni che scorrono nella coscienza di Roland. L’epigrafe dedicata a Finnegans Wake di Joyce, in tal senso, sembra darci un’indicazione preziosa: sentire e poi prepararsi alla caduta. Quale citazione potrebbe del resto descrivere meglio, su tutte, la scena del concerto di Bob Dylan. “Simple Twist of Fate” suona i suoi primi accordi: la ascoltiamo insieme a Roland per poi precipitare nel fondo dei suoi pensieri, dove troviamo l’esperienza della Berlino ancora divisa, degli amici conosciuti attraverso i dischi proibiti e poi dispersi dalla Stasi, il desiderio di averli lì con sé: “a reverie – of the Heise family again, this time of Florian, banished from his circle of literary and musical friends, from his harmless record collection under his bed […] all of it to be buried under a life of dull labour. A simple twist of fate, to be born in the GDR. If only Florian could be beamed down here, just for one hour.” Non è pertanto azzardato affermare che Lessons è un romanzo che si può ascoltare, letteralmente andando a cercare i brani dai quali farsi accompagnare nella lettura per un suo pieno godimento.

In Inventions and Memory, la riflessione che McEwan inserisce alla fine del romanzo, si legge che in nessun’altra opera l’autore ha dato tanto di se stesso, ed è un legame che va al di là di alcuni parallelismi biografici. In effetti Lessons si potrebbe leggere quasi fosse un metaromanzo, tanti sono i riferimenti alla scrittura vista tanto dalla parte di chi si dedica all’atto creativo, come di chi legge con sguardo critico e appassionato. I romanzi della ex moglie Alissa, che Roland divora avidamente, non senza strapparci qualche risata nella sua tragicomica ricerca di riferimenti a se stesso, rappresentano un’impietosa pietra di paragone per lui che intraprende la strada della scrittura e al tempo stesso un’occasione di riflessione sulla trasformazione della materia creativa in arte. Ecco cosa accade quando Roland riprende in mano i diari che aveva iniziato a compilare più di trent’anni prima: “A grand mass of detail was what he found and events, conversations, even people that he could not remember. In those sections it was as if he was reading of someone else’s past. […] Boring, no insight, passive.”

Cosa fa sì che un affastellamento di eventi si trasformi in una storia? Nelle righe che seguono, McEwan si appropria della voce del suo personaggio per definire, attraverso la critica delle opere di Alissa, la sua idea di narrazione: “Her way of setting or unfolding a scene was far superior, so were the logic and tension that lay between one sentence and the next. Her knack of knowing how one good detail could illuminate the whole had the gleam of vital intelligence.” In seguito, Roland brucerà tutti i suoi diari, giungendo alla conclusione che c’è molto di più nella memoria e nelle sue riflessioni che in tante pagine di fatti, dove nessuna domanda e nessun dubbio appare. Dettagli, tensioni, domande sono tutto ciò che Roland porta con sé in quel libro immaginario del quale non vedrà la fine, e che idealmente consegna alla nipotina Stephanie. Il libro, la lezione, è semplicemente il fatto stesso di vivere assaporando quella tensione fra dettagli in grado di illuminare il tutto, rinunciando a ogni significato nascosto.  Sulla scorta di questo pensiero, Roland conquista quella libertà assoluta che cerca fin da bambino: “He loved her and in the liberated moment he thought that he hadn’t learned a thing in life and he never would”. Al comando e alla presa dell’abusante Miss Cornell sul piccolo Roland, solo e lontano dalla famiglia si sovrappone, in un senso di giustizia poetica, la mano della nipotina, che esorta e conduce il vecchio Roland, ormai amato patriarca, a cena, e noi lettori alla fine della storia.

Edizione esaminata e brevi note

Ian McEwan è autore di due raccolte di racconti: Primo amore, ultimi riti (Somerset Maugham Award 1976) e Fra le lenzuola; un libro per ragazzi: L’inventore di sogni; un libretto d’opera: For You; i saggi Blues della fine del mondo e Lo spazio dell’immaginazione e la raccolta di saggi Invito alla meraviglia (che contiene anche Blues alla fine del mondo); il romanzo breve Il mio romanzo viola profumato e i romanzi Il giardino di cementoCortesie per gli ospitiBambini nel tempo (Whitbread Novel of the Year Award 1987), Lettera a BerlinoCani neriAmsterdam (Booker Prize 1998), SabatoSolarMieleNel guscioMacchine come meLo scarafaggio e Lezioni. Dai romanzi L’amore fataleEspiazioneChesil Beach e La ballata di Adam Henry sono stati anche realizzati adattamenti per il grande schermo. Tutti i libri di Ian McEwan sono pubblicati in Italia da Einaudi.

Ian McEwan, Lessons, Jonathan Cape, 2022

Ian McEwan, Lezioni, traduzione di Susanna Basso, Einaudi, 2023

ndr: recensione sul testo in lingua originale