Durante le mie solite passeggiate romane nel Ghetto, mi capita, di tanto in tanto, di passare davanti a Palazzo Cenci. Ed è forse proprio durante una di queste camminate che ho pensato di non aver mai approfondito la storia di Beatrice Cenci. Di lei sapevo poco, evidentemente. Quel poco che, immagino, sappiano un po’ tutti: una bella fanciulla che viene giustiziata, più o meno ingiustamente, perché accusata di aver ucciso suo padre. Tutto qui. Il resto è una sorta di sfocato mito, una leggenda dall’intenso sapore letterario che è arrivata dopo. Molto dopo l’anno della sua morte, l’11 settembre del 1599. Perché Beatrice, nel corso dei secoli, è stata tramutata magicamente in eroina grazie al potere delle lettere, della musica, del cinema e del teatro.
Al libro di Lamberto Antonelli, dunque, sono giunta per sanare una sorta di vuoto: volevo conoscere un po’ meglio la storia di Beatrice e della sua morte atroce. E sono stata pienamente soddisfatta. Il “caso” Cenci è affrontato dall’autore in maniera decisamente contemporanea. L’idea di Antonelli è sicuramente originale: ricostruire la vicenda della bella Beatrice attraverso lo stile tipico della cronaca giornalistica. C’è tutto quello che oggi siamo abituati a leggere attraverso i giornali o Internet: comunicati stampa, articoli da inviati speciali, approfondimenti, interviste, indiscrezioni e persino qualche pettegolezzo. Come se un cronista odierno avesse fatto un salto nel tempo finendo nel XVI secolo. Espediente letterario curioso, divertente ed efficace. Non c’è dubbio.
Le esperienze giornalistiche professionali di Lamberto Antonelli, d’altro canto, gli consentono una perfetta padronanza della materia. Ed è più che evidente che l’autore abbia saputo gestire in maniera impeccabile la documentazione ufficiale relativa a fatti narrati che deve aver consultato e studiato con estrema attenzione e che nel suo testo riporta, in molti casi, in versione originale.
Dagli “articoli” del libro è quindi possibili ricostruire quella “cronaca di una tragedia” indicata nel sottotitolo. Perché di tragedia, in senso classico, si tratta. Francesco Cenci, il padre di Beatrice, è dipinto per quello che effettivamente doveva essere: un uomo brutale, violento, aggressivo e potente. Imputato di alcuni omicidi, più volte tratto in prigione e più volte scarcerato grazie all’intercessione di importanti personalità del tempo, papa compreso. E’ condotto di fronte ai giudici per “colpe nefandissime” consistenti, per lo più, in violenza e sodomia nei confronti di ragazzi o serve che attira in casa e che costringe ad andare a letto con lui. Allontanato da Roma e costretto più volte a pagare multe salatissime, Francesco Cenci è noto per il suo pessimo carattere e per la prepotenza con la quale gestisce ogni faccenda. Anche all’interno della sua famiglia.
Beatrice è una delle figlie avute con la prima moglie. Ormai vedovo, Francesco sposa in seconde nozze Lucrezia Petroni, vedova a sua volta. Ed è proprio Lucrezia, matrigna di Beatrice, a finire sul ceppo e a morire decapitata poco prima di Beatrice. Alle due donne, infatti, viene inflitta la condanna più grave per la morte di Francesco Cenci. Il cadavere dell’uomo è rinvenuto alla Petrella, luogo del Cicolano (Rieti), in cui Francesco aveva condotto moglie e figlia. La cronaca: “10 settembre 1598. Ci giunge notizia in questo momento che don Francesco Cenci è deceduto nella giornata di ieri nella sua rocca alla Petrella. Stando alle prime notizie avrebbe trovato la morte in modo tragico, cadendo da un ballatoio del castello in una sottostante scarpata. Mancano per ora altri particolari…”. Inizialmente tutto lascia immaginare che Francesco Cenci sia precipitato nel vuoto a causa di un buco creatosi al suo passaggio tra le assi marce del ballatoio. Lo confermano sia Beatrice che Lucrezia. Eppure qualcosa non convince gli inquirenti tanto che, ad un certo punto, è lo stesso pontefice, Clemente VIII, a voler capire come siano andati realmente i fatti.
Antonelli, quindi, ricostruisce passo dopo passo il processo, gli interrogatori, gli aspri confronti fra gli accusati, le torture, le misteriose scomparse e ricomparse dei protagonisti. Perché oltre a Beatrice e a Lucrezia, la morte di Francesco Cenci coinvolge anche Olimpio Calvetti, presunto amante di Beatrice, Marzio detto “Il Catalano” e Giacomo Cenci, fratello di Beatrice. La lettura è incalzante e febbrile, proprio come accade quando la cronaca descrive un intricato caso di omicidio. Tutti conosciamo l’epilogo, ovviamente, ma capire i dettagli, scovare gli inganni, conoscere la psiche dei personaggi e scoprire le ambiguità che hanno caratterizzato uno dei “gialli” più intricati del passato è comunque un’esperienza di lettura notevole.
Ora conosco decisamente meglio la vicenda di Beatrice Cenci. So che ha delle colpe e che le ha espiate nella maniera più disumana. Escludendo l’aspetto più romantico della sua storia, Beatrice rimane comunque una vittima perché è così che la memoria popolare vuole che sia. Vittima delle angherie e delle sevizie di suo padre, vittima di una giustizia che ne ha riconosciuto i torti e che non ha avuto alcuna pietà spingendola, a soli 22 anni, su un patibolo allestito in piazza Castel Sant’Angelo, sotto la mannaia. Di fronte alla condannata vi era una folla mai vista che disapprovava quanto stava avvenendo. Dopo la morte di Lucrezia e Beatrice la casata Cenci fu spogliata di tutti i suoi averi che, neppure tanto stranamente, vennero acquistati a prezzi stracciati da Gian Francesco Aldobrandini, nipote del papa.
Edizione esaminata e brevi note
Lamberto Antonelli è nato nel 1921. Pratica la professione giornalistica dal 1946. Ha lavorato per numerosi giornali, per la TV e per la radio. A soli 17 anni scrive per “L’Avventuroso” e a 19 lavora per l’Agenzia Stefani (ora Ansa). Dopo aver abbandonato l’esercito, durante la II Guerra Mondiale, sceglie di affiancare antinazisti. Dopo la Liberazione lavora per “Risorgimento Liberale”. E’ autore di vari scoop ed è considerato l’inventore della “cronaca nera”. Lavora anche con Ennio Flaiano e Vittorio Gorresio. Nel 1946 crea la prima agenzia fotogiornalistica italiana facendo ricorso all’ausilio dei primi paparazzi. Ha lavorato come redattore, capocronista, caporedattore e direttore di vari organi giornalistici italiani.
Lamberto Antonelli, “Beatrice Cenci. Cronaca di una tragedia”, Aracne Editrice, Roma, 2002.
Pagine Internet su Beatrice Cenci: Wikipedia / Roma Segreta / Enciclopedia Treccani / Ritratto di Guido Reni
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