Poli Paolo, Pannacci Giovanni

Siamo tutte delle gran bugiarde. Conversazione con Paolo Poli

Pubblicato il: 30 Marzo 2016

“Una volta in scena come capisce se lo spettacolo funziona, se interessa il pubblico?

Sto molto attento ai pompieri.
Cioè?
Savinio, il più giovane dei fratelli De Chirico, nel libro Palchetti romani, un volume che riunisce le critiche teatrali degli anni ’30-’35, scrive: quando si vede una gamba di pompiere fra le quinte, vuol dire che lo spettacolo va bene. Altrimenti i pompieri si stufano a vedere tre o quattro volte lo stesso spettacolo” (pag. 72).
Chi non conosce Paolo Poli può pensare che si tratti di un vecchio attore che si nasconde dietro citazioni colte per fare ancora effetto in chi lo ascolta. Io ho avuto il piacere di assistere agli spettacoli di questo grande maestro soltanto due volte, nella mia città: l’ultima pochi mesi fa, quando, nonostante gli 81 anni, l’attore cantava e saltellava per il palco con indosso una parrucca fucsia e il viso coperto da un ventaglio nero, con cui dosava i tempi delle battute. Paolo Poli ha un’energia mostruosa che è pari soltanto alla sua cultura, che è innanzitutto esperienza di vita. Lungo le 95 pagine di conversazione con Giovanni Pannacci, Poli racconta (e divaga su)la sua vita immergendo il lettore in anni segnati dal talento di grandi personaggi: ecco spuntare Moravia, Pasolini (“mi detestava”, pag. 34), Parise, Laura Betti, Natalia Ginzburg, Fellini, Blasetti, Zeffirelli, Nino Manfredi, Visconti, Flaiano, Kezitch, Palazzeschi, Carmelo Bene, Eduardo, De Sica.
“Quando ero a Firenze e facevo l’università, il nostro professore, Carlo Battisti, fu scelto da De Sica per fare Umberto D. Quindi avevamo il nostro professore che girava e che poi ci raccontava quello che avveniva sul set. Tutti i soldi che guadagnò li mise nel vocabolario delle lingue ladine” (pag. 29).
Poli è restio a parlare della sua vita. Preferisce discorrere di tutt’altro, senza mai rinunciare alla malizia e al piacere di mettere in imbarazzo il suo interlocutore. Giovanni Pannacci sembra faticare per portare a termine la sua missione. Poli è sfuggevole, una libellula che svolazza verso il soffitto del suo salotto bianco dietro piazza Navona, ma di tanto in tanto è costretto a tornare sulla terraferma per rispondere alle domande. L’infanzia, le critiche, i ricordi, l’attore fiorentino preferisce sorvolare e magari raccontare aneddoti piccanti, senza mai abbandonare la raffinatezza che lo contraddistingue, aprendo istintivamente una parentesi su Pinocchio (e sul flusso di coscienza joyciano che analizza poi, cambiando subito argomento). Pare di sentirlo, con quella voce femminile dall’accento toscano eppure impostata – ricorda la pacatezza del suo amico Fellini, nel parlare –, elegante e talvolta sboccato, ma mai volgare. Il suo umorismo è sottile e politicamente scorretto e i suoi spettacoli hanno conosciuto più volte il potere della censura (Scalfaro gli fece chiudere l’opera su Santa Rita da Cascia).
“Il vero sovrano d’Italia chi è, se non il Papa? Trovo pessimo che il Papa ogni giorno ci faccia conoscere il suo pensiero. Però ho molto amato l’umanità di Giovanni XXIII. Ho letto il suo diario dell’anima. È bello. Dice: ‘O, mio Signore, vorrei mettermi lì a pregare, ma m’addormento…’ Carino! Insomma, uno che dice così è un santo” (pag. 19).
Una delle qualità di Poli è, secondo l’autore del libro: “la capacità di mescolare l’elevato col grossolano, la vera arte con la paccottiglia, il fascino dell’abiezione col gusto della recitazione” (pag. 17). In quanto artista egli è un mistificatore, in quanto attore è un esperto del gesto, un bugiardo che, nel gioco di maschere e generi sessuali con cui ama presentarsi, nascondersi, truccarsi, egli stesso conclude autodefinendosi una bugiarda. Un libertino, la sorella di se stesso. Un seduttore e un folle. Un attore “professore”, laureato con tanto di lode in Letteratura francese, colto così come doveva esserlo chi saliva sul palco secondo l’ideale di Carmelo Bene.
Paolo Poli lascia senza parole, sia in scena, che in tv, che sulla carta. Dice di essersi divertito, senza rimpianti né rimorsi, e non si è ancora fermato. La sua vita è sul palco e sempre lo sarà. E ascoltarlo, e leggerlo, restituisce alla memoria il suo carattere più affascinante: leggero e sfuggevole, indipendente e inafferrabile.

Edizione esaminata e brevi note

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE
Giovanni Pannacci, scrittore per il teatro, la pubblicità e il web. È apparso nell’antologia Da dove vengo io (Giulio Perrone Editore, 2008).
Paolo Poli (1929-2016), attore e regista teatrale italiano, uno dei grandi nomi teatrali del secondo Novecento. Nel 2009 è uscito l’audiolibro Storia di un gatto (Mediando), in cui presta la voce a un racconto di Enrico Costa, nel 2013 Sempre fiori mai un fioraio (Rizzoli).
Giovanni Pannacci “Siamo tutte delle gran bugiarde. Conversazione con Paolo Poli”, Giulio Perrone Editore, Roma, 2009.
Approfondimento in retePerrone / intervista / da Fazio
Luca Martello, 10 aprile 2010.