Bassani Giorgio

Il giardino dei Finzi-Contini

Pubblicato il: 14 Marzo 2010

Su ispirazione della memoria lo scrittore è spinto a raccontare di un’elegante e aristocratica famiglia ebraica, vissuta in raffinato isolamento a Ferrara e distrutta poi con la deportazione e lo sterminio.

Riappaiono tra le sue evocative pagine i Finzi-Contini: il professor Ermanno e la signora Olga con l’anziana madre Regina e i loro figli Alberto e soprattutto Micol, per sempre bella e sfuggente, affascinante e tragica.

Il narratore si trova in visita alla necropoli etrusca di Cerveteri nel 1957 e la vista di tutte quelle tombe gli fa ricordare un’altra sepoltura, quella monumentale dei Finzi-Contini nel cimitero ebraico di Ferrara, dove soltanto l’infante Guido – primo figlio del professor Ermanno e della signora Olga – e il giovane Alberto hanno potuto trovare riposo. Tutti gli altri sono stati spazzati via come foglie al vento.

Con questo cupo assolo di morte si apre il romanzo, il capolavoro di Bassani, posto al centro del ciclo di Ferrara.

Chissà come nasce e perché una vocazione alla solitudine” (p.17).

Raffinati, eleganti, ricchissimi i Finzi-Contini hanno sempre vissuto in elevato isolamento, senza mai integrarsi nella comunità ebraica ferrarese. Inattingibili, appaiono lontanissimi, “come se li proteggesse tutt’attorno una parete di cristallo”. Alberto e Micol studiano da privatisti e vengono a dare gli esami a fine anno scolastico, sono educati, gentili, ma forse leggermente ironici, distaccati, come fossero ospiti anche a scuola. Parlano con un accento particolare, spiccando le sillabe di certi vocaboli e scivolando su quelle di altri e chiamano la loro lingua il finzi-continico.

La loro casa – la magna domus – in stile inglese, è situata al centro di un enorme e fascinoso giardino, cui il narratore guarda con attrazione e curiosità, per lungo tempo costituirà per lui un hortus conclusus inviolato, una sorta di paradiso terrestre custodito da alte mura.

Sappiamo fin dall’inizio che ora quel luogo non esiste più e che la casa, danneggiata dai bombardamenti, è stata occupata dagli sfollati, “gente inasprita e selvaggia”. Gli spazi della bellezza sono stati perciò violati e deturpati dalla storia.

Eppure quello stile, quell’eleganza hanno lasciato tracce incancellabili in colui che ha avuto il privilegio di venire ammesso in quei luoghi riservati a pochi. In un momento di solitudine e desolazione il narratore – adolescente – viene richiamato dall’immagine della bellezza: Micol Finzi-Contini si affaccia al muro di cinta del giardino come da un davanzale, “la testa bionda al sole”.

È ancora una ragazzina, ma è già bellissima, il narratore ne rimane affascinato e prova per lei e per il suo mondo appartato un’irresistibile attrazione.

Al di sopra della sua testa il cielo era azzurro e compatto, un caldo cielo già estivo senza la minima nube. Niente avrebbe potuto mutarlo, sembrava, e niente infatti l’ha mutato, almeno nella memoria”. (p.50)

Gradualmente si delineano i personaggi e gli ambienti, che Bassani descrive con sapiente maestria, caricando gli oggetti di riferimenti simbolici. Così il primo incontro del narrante con Micol è pervaso da un senso di morte e da una fantasia amorosa adolescenziale. La ragazza lo conduce all’interno di una di quelle montagnole coniche con l’apertura d’ingresso spesso interrata, assai frequenti nelle mura di Ferrara. Somigliano ai montarozzi etruschi e servivano come deposito di armi nel Quattro-Cinquecento. Non sono tombe, ma ci somigliano. Il luogo, buio come un sepolcro, crea una sensazione di disorientamento nel giovane e poi scatena la sua fantasia. Amore e morte sono già collegati e quello che sembra essere l’ingresso in un posto paradisiaco – il giardino – è pervaso da una dimensione mortifera, i cui semi sono già presenti.

Dieci anni dopo, nel 1938, un’inattesa telefonata di Alberto Finzi-Contini riporta il narratore verso quegli spazi appartati. In Italia sono entrate in vigore le leggi razziali, gli ebrei sono esclusi dal circolo sportivo, ma i Finzi-Contini possiedono un campo da tennis nel loro terreno e lo scrittore sarà ospite insieme ad altri giovani. Lasceranno che fuori la storia abbia il suo corso – le leggi razziali in fondo fanno quasi piacere se consentono di coltivare la solitudine aristocratica.

Il narratore, ormai laureando in Lettere, rivedrà Micol, divenuta una splendida e sfuggente ragazza. In lunghe passeggiate lo condurrà attraverso il giardino, gli dischiuderà il suo universo simbolico, i luoghi dell’infanzia e dei ricordi. Incantato, lui s’innamorerà perdutamente. “E sempre riprendevo a sognare di lei”.

Eppure un senso di morte s’insinua, il giardino è pervaso da una dimensione di disfacimento e da una corrosione interna, i luoghi sono intrisi di tristi premonizioni. Micol accompagna il narratore nella rimessa, fin dentro la vecchia carrozza, il cui sportello si chiude con uno “schiocco secco e preciso da tagliola”. Sembra di essere in un “piccolo salotto soffocante”, quasi una tomba, e si prova un senso di vaga oppressione simile a quello che pervaderà la stanza di Alberto, già segnato dalla malattia e dalla morte.

Osserva Micol confrontando la vecchia carrozza che il custode si ostina a riparare per non decretarne la fine, e l’annoso sandolino ormai disfatto:

Anche le cose muoiono, caro mio. E dunque, se anche loro devono morire, tant’è, meglio lasciarle andare. C’è molto più stile, oltre tutto, ti sembra?” (p.114)

Tra i frequentatori di casa Finzi-Contini, un giovanotto milanese, Giampiero Malnate, robusto e corpulento. “Anch’io lo trovavo grosso e opprimente, il Malnate; anch’io, come lei, provavo assai spesso una forma di vera insofferenza per quella sincerità, per quella lealtà, per quell’eterna protesta di schiettezza virile, per quella pacata fiducia in un futuro lombardo e comunista che traluceva dai suoi troppo umani occhi grigi”. (p.148)

Di professione chimico, Malnate sarà protagonista di infervorate discussioni politico-sociali col narratore e avrà un ruolo essenziale nel finale del romanzo.

Nel giardino della bellezza trascorrerà l’estate tra partite a tennis, rinfreschi e apparizioni lungo i vialetti del cosiddetto côté vecchi: l’anziana nonna Regina, il distinto e colto professor Ermanno con le sue giacche di tweed, la signora Olga, in lutto perenne dopo la morte del primogenito Guido, i due zii materni Herrera di Venezia, l’uno tisiologo e l’altro ingegnere, devoti e pii.

Tutti i personaggi vengono accuratamente presentati in modo da conferire una dimensione corale al romanzo e creare un affresco completo nel quale spiccano i quattro giovani: Micol, Alberto, Malnate e lo scrittore.

Con l’inverno e il maltempo cessano gli incontri sportivi, Micol parte per Venezia, dove intende laurearsi a Ca’Foscari con una tesi su Emily Dickinson, ma il narratore continua a frequentare casa Finzi-Contini grazie agli inviti di Alberto, sempre affiancato dall’amico Malnate, verso il quale sembra mostrare un’attrazione vagamente omosessuale.

Alberto è un personaggio particolare, mostra una “strana espressione di simpatia distaccata, oggettiva, che in lui, lo sapevo, era il segno del massimo interesse per gli altri del quale fosse capace”.(p.142)

Segnato dalla malattia e dalla morte, è una figura sterile, che tende a defilarsi, a scomparire anche fisicamente un po’ per volta.

Il narratore diviene un ospite costante della magna domus. Il professor Ermanno gli offre la possibilità di usufruire della sua biblioteca dopo che è stato estromesso da quella pubblica e lo tiene in paterna considerazione.

Micol tornerà, bella come sempre, ma quando lo scrittore eccederà in un gesto d’affetto, lei lo respingerà. La bellezza sarà perduta per sempre, forse esigeva levità oppure aveva intuito la propria precarietà e ha preferito distaccarsi.

Rimarrà nella memoria, velata di nostalgia e d’incanto.

La mia storia con Micol Finzi-Contini termina qui. E allora è bene che anche questo racconto abbia termine…” (p.277)

Romanzo complesso e ricco “Il giardino dei Finzi-Contini” racchiude molti significati: è racconto di formazione e crescita, di passaggio dall’adolescenza alla maturità; è un’ulteriore approfondimento del romanzo di Ferrara e dell’analisi bassaniana sulla stirpe ebraica; è narrazione della bellezza e dell’incanto, incarnati da Micol e violati dalla storia.

In una dimensione di continuità echeggiano numerosi riferimenti a personaggi delle opere precedenti di Bassani (Fadigati, Clelia Trotti, Lida Mantovani), è come se fossero tutti riuniti simbolicamente attorno alle mura del giardino.

L’io narrante, che avevamo già visto ne “Gli occhiali d’oro”, qui s’identifica definitivamente con lo scrittore che ripercorre i fatti alla luce della memoria, ormai consapevole di quanto è accaduto a tutti i personaggi.

Dentro il cerchio delle mura di Ferrara si estende un altro confine, quello del giardino, emblema di una élite ristrettissima, una minoranza nella minoranza.

Sullo sfondo sembra risuonare l’eterno interrogativo di Bassani: e se gli ebrei fossero stati perseguitati per il loro senso di distacco verso i non ebrei?

All’inizio del romanzo è forte nel narratore il senso di appartenenza, infatti considera i compagni di scuola goìm, non ebrei “esseri semplici e rozzi condannati a vita in fondo a irremeabili abissi d’ignoranza”. 8p35)

Verso la fine, alla cena di Pasqua, il narratore, molto più distaccato, si sentirà, a casa sua, unico vivo in un “convegno di spettri”. L’atmosfera è estremamente cupa e triste, i vivi paiono simili ai morti.

Guardavo in giro ad uno ad uno zii e cugini, gran parte dei quali di lì a qualche anno sarebbero stati inghiottiti dai forni crematori tedeschi, e certo non lo immaginavano che sarebbero finiti così, né io stesso lo immaginavo, ma ciò nondimeno già allora, quella sera, anche se li vedevo tanto insignificanti nei loro poveri visi sormontati dai cappellucci borghesi o incorniciati dalle borghesi permanenti, anche se li sapevo tanto ottusi di mente, tanto disadatti a valutare la reale portata dell’oggi e a leggere nel domani, già allora mi apparivano avvolti della stessa aura di misteriosa fatalità statuaria che li avvolge adesso, nella memoria”. (pp.177-78)

All’ora del rientro dei parenti, quando tutti sono scesi nel portico, irrompe una raffica di vento d’uragano, che viene dalla notte: è un cupo presagio, che fa disperdere i presenti:

“È vento d’uragano, e viene dalla notte. Piomba nel portico, lo attraversa, oltrepassa fischiando i cancelli che separano il portico dal giardino, e intanto ha disperso a forza chi ancora voleva trattenersi, ha zittito di botto, col suo urlo selvaggio, chi ancora indugiava a parlare. Voci esili, gridi sottili, subito sopraffatti. Soffiati via, tutti: come foglie leggere, come pezzi di carta, come capelli di una chioma incanutita dagli anni e dal terrore…” (p.179)

Ben diversa è invece l’atmosfera a casa Finzi-Contini, dove però si tende a ignorare il presente, a non vederlo (così come si fingerà di non vedere la malattia di Alberto), si è talmente autosufficienti da non aver bisogno di altro.

Micol è consapevole di tutto questo, allontanando il narratore gli dà la possibilità di crescere, di lasciare Ferrara, di salvarsi in qualche modo dall’isolamento e dall’atmosfera di morte incombente.

“Morii per la bellezza…” recita la poesia della Dickinson che Micol traduce, una bellezza fragile come i làttimi, opalescenti oggetti in vetro di cui si circonda, una bellezza che ama “il caro, il dolce, il pio passato”, “per lei, più del presente contava il passato, più del possesso il ricordarsene” (p.212)

Allontanato dall’incanto, il narratore prenderà altre vie, mentre Micol rimane nella dimensione del ricordo e dell’elegia, creatura per sempre misteriosa, eternata nella luce della giovinezza.

Articolo apparso su lankelot.eu nel marzo 2010

Edizione esaminata e brevi note

Giorgio Bassani, (Bologna 1916- Roma 2000) letterato, poeta, romanziere e sceneggiatore italiano.

Giorgio Bassani, Il giardino dei Finzi-Contini, Milano, Oscar Mondadori 1984.

Dal romanzo è stato tratto il film di Vittorio De Sica (1970), che non fu approvato dall’Autore.

Links: http://fondazionegiorgiobassani.it/biografia.htm

http://it.wikipedia.org/wiki/Giorgio_Bassani

http://www.italialibri.net/autori/bassanig.html

http://cronologia.leonardo.it/storia/biografie/bassani.htm