Tobino Mario

Il figlio del farmacista

Pubblicato il: 2 Aprile 2009

“Il figlio del farmacista” è la prima opera in prosa di Tobino dopo tre raccolte di poesie. Scritto nel 1938, ma pubblicato nel 1942, viene definito romanzo a sfondo autobiografico, ma è in realtà costituito da un insieme di prose dai vari registri stilistici, aventi come cardine la persona dell’Autore e la sua formazione.

Ritroviamo così la vita nel paese natio (Viareggio), la farmacia del padre, gli studi a Bologna, la laurea in medicina, l’esperienza con gli alpini in Alto Adige, il manicomio dove Tobino inizia a lavorare.

Alcune prose hanno il respiro del racconto – e potrebbero essere lette separatamente – altre sono permeate da un marcato lirismo oppure puntano a un realismo descrittivo (le pagine sulla farmacia), che sa sempre rivestire quei ricordi di una luce particolare e appassionata. È come se Tobino procedesse per illuminazioni, cambiando registro e facendosi ora ironico, ora piuttosto enfatico, ora sognante, sempre tenendo presenti i propri ricordi, rivisitati per tappe e in una dimensione a volte favolosa. Di sé parla in terza persona definendosi “il figlio del farmacista”, si sdoppia tra io narrante e persona narrata che è lo stesso io.

Dalle pagine si staglia il ritratto di un giovane irruente, sanguigno, appassionato osservatore di uomini e natura, amante della vita, impetuoso. La sua camera è “carica di sogni”.

Dall’adolescenza a trent’anni è stato come quelle fiamme che si vedono uscire dai tetti delle case di campagna che han preso fuoco per il fieno che stipa tutto il piano superiore, e lingue lambiscono il cielo notturno”.

Il figlio del farmacista ama la poesia e la insegue, la cerca, ha un temperamento anticonformista, libertario, indipendente, fuori da scuole o conventicole letterarie d’élite. Sa guardare al genere umano con ironia, simpatia, pietà, talvolta disprezzo o ira, ma questi ultimi sono sentimenti di breve durata, poiché prevale in lui una dimensione di passione, di ammirazione per le capacità dell’uomo.

Le pagine dedicate alle erbe – allora molto usate e sapientemente dosate dal farmacista per preparare i medicamenti – e alle loro virtù curative tramandate da una generazione all’altra sono emblematiche a questo riguardo.

C’è già in Tobino quell’energia che non lo abbandonerà mai, quel “brulicante amore” che troverà espressione nel suo lavoro, nella sua vita dedicata ai malati di mente, quelle figure che compaiono verso la fine del libro.

si accorse dunque, dopo poco che viveva in manicomio, il figlio del farmacista che i matti non erano per lui mistero ma con estrema facilità s’impadroniva del loro pazzo pensiero tanto da poter discorrere la loro lingua….”

In questa prima prova narrativa Tobino cambia registro narrativo con disinvoltura, è come se sperimentasse, provasse le proprie capacità alla ricerca del modulo espressivo più congeniale dopo le poesie degli anni precedenti e così talvolta si lascia trascinare dell’enfasi, rasenta l’autocompiacimento, scivola nel barocchismo, specie in alcune osservazioni sulle città italiane.

Non manca al giovane il desiderio d’unirsi alla natura, alla sua scintillante essenza vitale. Egli possiede la capacità di osservare e cogliere gli spunti positivi per una vita calda e serena in piccoli dettagli dell’esistenza (due gatti che giocano, le barche nel porto, la polvere dorata su certi palazzi). Tutto sembra farsi nuovo sotto il suo sguardo e lui si sente pieno di vita e d’amore.

Bellissime e affettuose le pagine dedicate al padre, gran lavoratore, un uomo che, a differenza dei suoi contemporanei, preferisce trascorrere il tempo libero con la sua famiglia e non all’osteria. Egli edifica una casa “fatta di carne” sopra la farmacia, crea una razza nei figli, è un uomo forte e bello, una figura che non si dimentica, una sorta di nume tutelare che sa essere tenero e affettuoso.

Lo vediamo in un episodio famigliare: uno dei suoi bambini si è ammalato e il medico ha consigliato aria di mare. Il padre allora lo porta tra le braccia, chiusa la farmacia, sulla riva a passeggiare per ore, incurante di stanchezza e fatica.

Testo spesso trascurato dalla critica a favore di altre opere più note di Tobino, “Il figlio del farmacista” costituisce un buon esordio narrativo e soprattutto è prodromico alle opere future dell’Autore.

Articolo apparso su lankelot.eu nell’aprile 2009

Edizione esaminata e brevi note

Mario Tobino (Viareggio 1910-Agrigento 1991) psichiatra e scrittore italiano.

Mario Tobino, Il figlio del farmacista, Milano, oscar Mondadori1980. Introduzione di Fausto Gianfranceschi.

Links:

http://it.wikipedia.org/wiki/Mario_Tobino

http://www.italialibri.net/autori/tobinom.html

http://www.fondazionemariotobino.it/tobino_vita.php