Meneghello Luigi

I piccoli maestri

Pubblicato il: 24 Novembre 2006

La Resistenza veneta sull’altopiano di Asiago, vista in chiave antieroica e antiretorica, vissuta da un gruppo di giovani universitari vicentini con tutto l’entusiasmo, la voglia di fare e di cambiare, l’inesperienza e l’improvvisazione della loro età, è l’argomento principale di questo atipico libro di Meneghello.

L’autore rivisita le vicende della guerra partigiana e le trasfigura con ironia e distacco, accantonando ed evitando esagerazioni e patetismi.

L’inizio della storia vede il protagonista-narratore (coincidente con l’autore stesso) e Simonetta, la sua ragazza, ritornare a guerra finita sull’altopiano, alla ricerca dei luoghi dove lui ha combattuto.

Di qui si diparte tutta una rievocazione della Resistenza in questa parte d’Italia, narrata dall’inconsueta prospettiva dei giovani borghesi letterati che senza esitare, con naturalezza, scelgono di salire in montagna dopo l’8 settembre e la dispersione dell’esercito italiano, per dar vita a un loro gruppo: una banda partigiana indipendente che si auto-addestra al combattimento e poco per volta acquisisce sempre più coscienza di sé.

Nei mesi trascorsi in montagna il protagonista cresce in consapevolezza e responsabilità assieme ai suoi amici. Dapprima si sentono inadeguati e impreparati: le loro azioni non sono ben congegnate, risentono dell’improvvisazione e dell’inesperienza. Quindi i ragazzi acquistano sempre più coscienza del loro ruolo e della loro originalità rispetto all’esperienza delle altre formazioni partigiane.

Vogliono diversificarsi dai “rossi” che troppo spesso si lasciano alle spalle macerie e case bruciate: desiderano che le popolazioni subiscano meno conseguenze possibili e sembrano beneamati, appoggiati, talvolta protetti dagli abitanti dei paesi e delle vallate.

Quando incontrano popolani combattenti viene dimostrata loro, in genere, ammirazione per lo spirito pratico e la naturalezza nell’agire.

Sono “apprendisti italiani” che ben presto fanno scuola e, verso la fine del libro, i ragazzi sono diventati “maestri in proprio, gelosamente indipendenti da ogni scuola, rigorosi, esigenti. I comunisti sparavano di più, e guastavano con mano più pesante, ma noi avevamo più vivo il senso delle conseguenze dei guasti e degli spari”.

Sono “garbati e quasi soavi”, “artigiani-artisti, dalla produzione severamente limitata, e con un forte senso di autonomia professionale e personale”.

Sono persone che hanno saputo scegliere e hanno fatto la loro parte con naturalezza, senza boria, senza ferocia inutile, talvolta improvvisando o sbagliando o facendo confusione, partecipando senza indugio agli eventi e alla straordinaria animazione ideologica di quegli anni.

Vivi e colorati, sognatori, ma reattivi, “piccoli maestri itineranti”.

Naturalmente la letteratura emerge viva nel testo o con citazioni dirette di testi e autori o nell’uso di termini ricercati o nel modo di vedere i fatti da parte del narratore: è un futuro intellettuale, si sente diverso da quel popolo che pure difende e apprezza.

Uno dei tratti più originali del libro è, in ogni caso, il tono ironico, distaccato, antiretorico mediante il quale tutta la vicenda viene raccontata; si evita di narrare fatti leggendari o esagerati, propendendo per le piccole cose, per le azioni effettivamente compiute. Naturalmente non mancano i rastrellamenti, la paura, gli episodi cruenti, le fucilazioni: ma la brutalità, l’angoscia e il dolore sono attenuate dal filtro della memoria.

Come ben evidenzia Maria Corti nella sua introduzione al libro, Meneghello scrive “I piccoli maestri” nel 1963, vent’anni dopo i fatti accaduti: questo gli consente di avere un distacco nei confronti della materia trattata ben superiore rispetto ad una stesura ravvicinata nel tempo.

La memoria ha operato una selezione nelle vicende e ha conservato le più significative: l’autore, oltretutto, vede se stesso e i suoi compagni in una luce differente. Talvolta ricorda come in sogno o attraverso il dormiveglia episodi e voci, che così risultano sfumate, smorzate.

Il paesaggio dell’altopiano di Asiago costituisce il teatro delle vicende e diverrà per sempre, nel ricordo di chi ha combattuto, luogo della memoria, d’una bellezza particolare ed esclusiva.

Dapprima è “difforme, inanimato, inerte”. Poi: “A mano a mano le parti vive, energiche, armoniche del paesaggio prendevano il sopravvento sulle altre, e presto trionfarono dappertutto, e noi ne eravamo come imbevuti […] Lassù, per la prima volta in vita nostra, ci siamo sentiti veramente liberi, e quel paesaggio s’è associato per sempre con la nostra idea della libertà”.

L’altopiano è “paesaggio smeraldino”, “Le case s’indorano e luccicano in alto”, “tutto era di smalto e d’oro”, “Sono in piedi sull’orlo dei grandi declivi verdi che scivolano all’ingiù con bei piani limpidi, immensi”.

Difficile confrontare il libro di Meneghello con la letteratura della Resistenza: perché “I piccoli maestri” non è memorialistica in senso stretto e tuttavia non è invenzione pura, romanzo, perché si richiama a esperienze realmente vissute.

Non è un capolavoro: è un libro godibile e piacevole che costituisce una valida testimonianza della “frattura della linea d’ombra”: riflessione, coscienza, scelta, decisione e azione.

Per la coerente adozione di toni antiretorici, può essere accostato a “I ventitre

giorni della città di Alba” di Beppe Fenoglio.

Articolo apparso su lankelot.eu nel novembre 2006

Edizione esaminata e brevi note

Luigi Meneghello (Malo-Vicenza 1922), scrittore italiano, ha vissuto a Reading in Inghilterra. Attualmente vive metà dell’anno a Londra e metà a Thiene. Sua opera prima è ”Libera nos a Malo” (1963), cui seguono “I piccoli maestri” (1964, ed. riveduta 1976), “Pomo pero” (1974), “Fiori italiani” (1976), “Bau-sete” (1988), “Il Dispatrio” (1994). Ha scritto anche vari saggi che contengono elementi autobiografici e studi sulle tradizioni dialettali: “Jura” (1987), “Maredè Maredè” (1991). Due volumi con le sue opere complete, a cura di F.Caputo, sono stati pubblicati da Rizzoli.

Luigi Meneghello, “I piccoli maestri”, Mondadori, Milano 2002.

Introduzione di Maria Corti. In appendice è riportata, con qualche ritocco, l’utile nota introduttiva dell’autore premessa alla seconda edizione (1976: intitolata “Di un libro e di una guerra”).

Il libro ha avuto una stesura assai tormentata; a partire dalla prima edizione del 1964, è seguita un’edizione drasticamente riveduta “per via di levare” nel 1976, un’edizione “con pochi ritocchi” nel 1986, “una piccola rettifica” nel 1990. È stato tradotto in più lingue.

Dal libro è stato tratto il grazioso film “I piccoli maestri” (1998) di Daniele Luchetti.