La casa in collina è uno degli ultimi libri di Pavese, fu pubblicato infatti nel 1949 ed è ambientato durante il periodo della Resistenza nelle Langhe, le colline tra le quali Pavese è nato e dove ha vissuto per lunghi periodi.
Il protagonista è Corrado, un professore quarantenne che insegna a Torino e che poi, nel periodo dei bombardamenti, cerca di notte rifugio in collina, nella casa di due signore, una delle quali, Elvira, vorrebbe legarlo sentimentalmente a sé. Corrado è un uomo solitario, colto, che ama girare per le colline con Belbo, il cane delle sue padrone di casa e durante una delle sue escursioni incontra un gruppo di sfollati, gente del popolo, semplice e immediata. Tra loro ritrova Cate, una sua amica della giovinezza, con la quale aveva intrecciato una relazione amorosa, ora diventata ragazza-madre: una figura femminile dal carattere forte e deciso.
A Dino, il figlio di Cate, Corrado si affeziona particolarmente, fino al punto da pensare che sia suo, con un desiderio di paternità che appare chiaramente.
Nel frattempo si svolgono le vicende della guerra civile e Cate partecipa attivamente alla Resistenza insieme ai suoi amici, finendo poi deportata. Dino fuggirà in montagna, Corrado troverà rifugio nei paesi dell’infanzia e rimarrà solo per non aver saputo prendere, al momento giusto, una decisa posizione nella guerra civile.
Il romanzo è, come sempre accade per le opere di Pavese, complesso e ricco di spunti di riflessione: vi è una chiara vicinanza tra Corrado e Pavese stesso, che non aveva saputo combattere nella Resistenza come i suoi amici e si era rifugiato sulle colline; possiamo poi confrontare Corrado con Stefano (altro intellettuale), il protagonista del romanzo breve Il carcere (non a caso compone assieme a La casa in collina il volume Prima che il gallo canti: anche questo titolo non sembra casuale, è una citazione evangelica “Prima che il gallo canti, mi rinnegherai tre
volte” e allude a un tradimento, a una mancata assunzione delle proprie responsabilità con le conseguenze che questo comporta).
Possiamo ritrovare qui alcuni temi ricorrenti dell’opera pavesiana: la solitudine, l’incapacità di vivere, di legarsi agli altri e di realizzare rapporti umani costruttivi, le immagini mitiche delle colline, che però vengono violate e distrutte dall’irruzione della storia con la sua violenza, la Resistenza vissuta drammaticamente per non avervi preso parte (di qui il sentirsi vivo “per caso”).
Nelle ultime amare pagine Corrado esprime le sue finali considerazioni su quel che è successo, sulla guerra e sulla necessità di prendere una posizione.
“Finirà per costringerci a combattere anche noi, per strapparci un consenso attivo. E verrà il giorno che nessuno sarà fuori dalla guerra – né i vigliacchi, né i tristi, né i soli”.
Qui Corrado-Pavese si pone alcune domande fondamentali, si rivede come in uno specchio e prende consapevolezza della propria continua fuga dalle responsabilità, dall’orrore e dal dolore. Per lui le colline sono rimaste soltanto il luogo del mito e dell’infanzia, ma ormai queste terre sono state devastate dalla guerra civile e non possono più essere come prima, nulla può più essere come prima.
Ecco allora che Pavese si interroga sul perché tutto questo sia accaduto sotto gli occhi di ciascuno e si domanda soprattutto il senso di tante morti da entrambe le parti.
“Ma ho visto i morti sconosciuti, i morti repubblichini. Sono questi che mi hanno svegliato. Se un ignoto, un nemico, diventa morendo una cosa simile, se ci si arresta e si ha paura a scavalcarlo, vuol dire che anche vinto il nemico è qualcuno, che dopo averne sparso il sangue bisogna placarlo, dare una voce a questo sangue, giustificare chi l’ha sparso”.
Gli interrogativi che l’autore si pone sono esistenziali e rimangono alla fine del libro, senza risposte definitive: “E dei caduti che facciamo? -Io non saprei cosa rispondere. Non adesso, almeno. Né mi pare che altri lo sappiano. Forse lo sanno unicamente i morti, e soltanto per loro la guerra è finita davvero”.
L’unico invito è forse quello alla comprensione (che non significa condivisione dei valori sostenuti dalla controparte) e ad un maggiore impegno per costruire qualcosa di nuovo e migliore che possa dare un senso a tutto quel sangue sparso.
Edizione esaminata e brevi note
Cesare Pavese (Santo Stefano Belbo, 1908 – Torino, 1950) scrittore italiano. All’attività di romanziere e poeta affiancò quella di saggista e traduttore e fu tra i fondatori della casa editrice Einaudi.
Cesare Pavese, “La casa in collina”, Einaudi, Torino 1979. Prefazione e note di Gina Lagorio.
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