Finalmente è arrivato anche in Italia, pur con grave ritardo. L’ultima fatica dell’irlandese Neil Jordan, Breakfast on Pluto, si affaccia a fine maggio nelle sale italiane dopo aver affascinato le platee del vecchio continente, tanto da entrare con pieno merito nella cinquina per il miglior film europeo dell’anno appena trascorso. È ancora una volta un romanzo di Patrick McCabe la fonte di ispirazione del regista di Sligo, a dieci anni dal poco fortunato The butcher boy (1997, comunque premio alla regia a Berlino, tratto da un romanzo omonimo che fu finalista al Booker Prize nel 1992), primo incontro tra Jordan ed uno dei migliori scrittori irlandesi contemporanei.
Irlanda, fine anni Cinquanta. Storia di Patrick “Kitten” Braden (nel romanzo Patrick “Pussy” Braden), bimbo abbandonato davanti ad una chiesa, raccolto da un prete e dato in adozione ad una famiglia che lo tiene con sé solo per incassare l’assegno di mantenimento. Patrick capisce, sin dalla prima infanzia, che il suo corpo maschile è solo un involucro ingannevole: si sente bambina, vuol vestire abiti femminili e non fa nulla per nasconderlo. Anzi, man mano che cresce, lungo l’adolescenza, il suo modo di essere viene percepito – con suo profondo piacere – come una provocazione per l’ambiente cattolico tradizionale che lo ospita. Ha comunque tre amici, due compagni di scuola ed un ragazzo affetto dalla sindrome di Down. Sono anni difficili, l’ombra del terrorismo si fa sempre più scura, la politica è in fermento, il governo inglese pronto a stroncare qualsiasi offensiva dell’ I.R.A. Ma a Patrick tutto ciò sembra scivolare addosso, e vista la realtà di provincia sempre più stretta e opprimente, decide di partire alla volta di Londra. Il Sessantotto è alle porte, il suo sentirsi donna sempre più avvalorato dalle fattezze efebiche del volto, dalla silhouette aggraziata, dagli abiti attillati del periodo. Passerà indenne attraverso le esperienze più stravaganti, ai pericoli più impensati, alle convenzioni morali della gente. Ha scelto di viaggiare per un motivo preciso: è in cerca della madre, da lui chiamata emblematicamente Lady Fantasma, che riesce anche a trovare – ma non le dirà nulla – dopo che finalmente, nella maniera più imprevedibile, proprio il vero padre gli si manifesterà. Un padre presentito, che gli era accanto da sempre, che aveva scelto il silenzio per un motivo comprensibile, estraneo a viltà o disinteresse. E allora il viaggio intrapreso alla ricerca della madre diventa un tragitto che lo porterà a a trovarsi del tutto. Sullo sfondo gli entranti Settanta, epoca di speranza, di conflitti politici sanguinosi, di colori e di sapori che sembrano lontanissimi, che vengono filtrati dall’occhio di un protagonista per il quale, alla fine della storia, non possiamo non sentire vicinanza.
Un viaggio iniziatico, dunque, un’incantevole storia narrata da un maestro del cinema europeo, già autore di film del calibro de La moglie del soldato, Intervista col vampiro e Michael Collins. Proprio con La moglie del soldato (1992), opera candidata all’Oscar come miglior film, Breakfast on Pluto trova, all’interno della cinematografia di Neil Jordan, la più evidente affinità tematica. Terrorismo, travestitismo, ricerca di identità, tre elementi utilizzati allora in una cornice più melodrammatica qui riproposti in chiave più leggera, quasi di commedia. Ma Breakfast on Pluto è molto più di una classica commedia, è un’opera che fonde ironia, intelligenza, dramma, toni grotteschi e surreali (vedere il divertente dialogo sottotitolato tra gli uccellini), dando vita ad un insieme di rara intensità emotiva. È un viaggio nel ricordo di un tempo in fermento, mai nostalgico o ideologico, restituito attraverso le più suggestive musiche dei Sessanta e i Settanta, popolato da un’umanità che, con tutte le sue contraddizioni, era colma di speranza per il futuro. Cantare questo tempo fiammeggiante attraverso un protagonista come Patrick “Kitten” Braden (un travestito) è, a differenza di ciò che i diffidenti a priori possono immaginare, un colpo di genio di McCabe, il quale consente a Jordan di sviluppare una sceneggiatura credibile, briosa e ricca di pathos, ma allo stesso tempo leggera come una piuma e perfetta nel dosare e circoscrivere i tempi del dramma. Dramma pur presente, non solo e non tanto per alcune dure prove superate da Patrick, ma soprattutto negli attentati e nelle vendette terroristiche. Jordan lascia sullo sfondo il duro conflitto politico in atto (sapientemente, senza peraltro farlo mai mancare), per valorizzare i motivi biografici e formativi del protagonista, il suo strambo tragitto alla ricerca di una madre immaginata come una Dea. E qui mi scatta un parallelo, per gli appassionati cinefili, pur in una cornice diversissima, con Big Fish, indimenticabile e relativamente recente capolavoro burtoniano. Breakfast on Pluto è infatti una sorta di fiaba, ancorché assai verosimile, che ha un incedere simile a quello del film di Tim Burton: anche lì un viaggio in ricerca (di qualcuno e di sé); anche nel film di Burton, come nel caso in questione, un protagonista che trova se stesso, che rafforza la sua natura attraverso l’incontro con strani personaggi. E come in Big Fish, in Breakfast on Pluto il finale chiude in maniera circolare una storia di formazione che si fa viaggio da sé a sé. E lo spettatore non può che parteciparvi, immedesimandosi in questi strambi ma adorabili protagonisti, dalla prima all’ultima scena.
Qui il traghettatore è un bravissimo Cillian Murphy (Il vento che accarezza l’erba, Batman Begins), che offre una prova maiuscola padroneggiando con la giusta misura un personaggio rischiosissimo, che proprio con la misura sembra non aver nulla a che fare. Eppure sorprende, incanta, restituisce ironia e malinconia, diverte e commuove: un plusvalore per il film, come in poche altre occasioni può esserlo un attore. Le fattezze androgine lo hanno reso poi di una credibilità che rasenta la perfezione. Ottimo anche il resto del cast, con un Liam Neeson (già Michael Collins per il regista irlandese) sempre abile nei ruoli fortemente espressivi.
Un viaggio su un lontanssimo pianeta, quest’intensa opera di Jordan, che non scade mai nel patetico e nel qualunquistico, perché Plutone è il luogo immaginifico cui approdare per trovare sé oltre il contesto accogliente, per acquisire la consapevolezza che la vita è spesso altrove rispetto a ciò che vogliono farci credere. Che la felicità è una dimensione tutta personale, una terra interiore, forse lontana – Plutone, appunto – ma mai veramente irraggiungibile. Un grande film, tra i migliori dell’ultimo cinema europeo, che vi consiglio vivamente.
Federico Magi, maggio 2007.
Edizione esaminata e brevi note
Regia: Neil Jordan. Soggetto: tratto dal libro omonimo di Patrick McCabe. Sceneggiatura: Neil Jordan. Direttore della fotografia: Declan Quinn. Montaggio: Tony Lawson. Interpreti principali: Cillian Murphy, Liam Neeson, Ruth Negga, Laurence Kinlan, Stephen Rea, Brendan Gleeson, Conor McEvoy, Gavin Friday, Ian Hart, Ruth McCabe, Eva Birthistle, Brian Ferry. Scenografia: Tom Conroy. Costumi: Eimer Ni Mhaoldomhnaigh. Musica originale: Anna Jordan. Produzione: Pathé Pictures International, BSE / IFB, Northern Ireland Film and Television Commission, Number 9 film Ltd, Parallel Film Production Ltd. Origine: Irlanda / Gran Bretagna, 2005. Durata: 135 minuti.
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