Ispirato a una storia vera: se nessuno lo avesse specificato, avrei anche potuto credere che “Il libro di David” fosse un “originale”. Il ragazzino protagonista della storia, infatti, avrebbe potuto proprio essere quel Dawid Rubinowicz al quale lo scrittore danese Stig Dalager si è ispirato. Dawid è stato deportato a Treblinka e, purtroppo, non è sopravvissuto alla Shoah. Ma ha lasciato alcuni quaderni in cui ha raccolto, dal 1940 al 1942, i suoi appunti personali. Il diario di Rubinowicz è stato rinvenuto quasi per caso e pubblicato anche in Italia (per Einaudi) diversi anni più tardi.
David, come Dawid, viene perseguitato dai nazisti perché ebreo e costretto a vivere per lunghi mesi all’interno del Ghetto di Varsavia. David è solo un bambino di 11 anni quando i tedeschi cominciano ad imporre agli ebrei polacchi come lui, nato in un villaggio dalle parti di Kielce, di non prendere i mezzi pubblici, di non mettersi in viaggio, di non andare a scuola. Suo padre e sua madre tentano di proteggerlo come possono ma David sa molto più di quanto gli adulti riescano ad immaginare. E sa anche che presto delle SS verranno a prenderli. Tutto avviene in fretta, la famiglia di David e gli altri ebrei del paese vengono ammassati e costretti a camminare tra la neve e il ghiaccio. Dalager descrive con estrema abilità ogni dettaglio, restituendoci l’esatta sensazione di essere a fianco di un bambino che osserva con stupore e terrore quanto gli accade attorno facendoci percepire la stessa atroce perplessità di un’umanità smarrita che non sa cosa la aspetta.
David è rinchiuso insieme agli altri in un edificio sporco e gelido. Molti si ammalano, qualcuno muore. Il trasferimento voluto dalle SS arriva poco tempo più tardi. I primi a dover andare via sono i bambini. La fuga è impossibile. Anche David viene caricato sul camion ma, durante il tragitto, c’è un incidente: l’autocarro tedesco finisce fuori strada e David viene catapultato lontano. Scappa. Non sa dove e non sa verso cosa, ma scappa. Lo seguiamo attraverso rocambolesche avventure e qualche pericoloso incontro fino ad assistere al suo arrivo a Varsavia. Qualcuno gli spiega come intrufolarsi nel Ghetto e lui giunge all’interno di un mondo che somiglia fin troppo ad un inferno. Nel ghetto polacco, uno dei più grandi e terribili dell’Europa del tempo, era ammassato mezzo milione di persone costrette a vivere in condizioni pessime. David impara a cavarsela come può. Lavora per il mercato nero, rubacchia e vive di piccoli espedienti. Vede mendicanti, malati e moribondi ovunque e sa che il suo destino non gli riserva nulla di buono.
Dalager, oltre a raccontarci la vicenda del piccolo David, si sofferma su episodi e vicende realmente avvenute. Inserisce, all’interno della narrazione, degli scorci introspettivi su personaggi inquietanti e terribili come Reinhard Heynrich o Heinrich Himmler, si sofferma sulle frivole inquietudini dell’amante di Hitler, la famigerata Eva Brown, ma ci racconta anche il dissidio interiore e l’atroce destino di Adam Czerniakow, il capo della comunità ebraica del ghetto di Varsavia a cui i tedeschi chiesero di mandare a morte migliaia di persone. A loro si unisce anche la storia di Adina Natalelut, un’infermiera ebrea che, fingendosi cattolica, riusciva a rimanere fuori dal ghetto salvo tornarvi ogni giorno per curare i bambini malati e in fin di vita.
“Il libro di David” è un romanzo storico perfettamente riuscito, ma è anche il racconto toccante e tragico della vita di un bambino che, probabilmente proprio come Dawid e come milioni di altri giovanissimi, è stato costretto a diventare grande in fretta e senza alcuna pietà. Perché la Shoah di cui anche Dalager parla, oltre a portare allo sterminio di milioni di esseri umani, ha annientato l’infanzia di una quantità spaventosa di bambini. Un aspetto che spesso viene dato per scontato o lasciato ai margini della Storia ma che, in realtà, merita attenzione e comprensione.
Edizione esaminata e brevi note
Stig Dalager è nato nel 1952 a Copenhagen, in Danimarca. Si è laureato in Letteratura comparata ed ha lavorato per diversi anni come docente universitario. Nel 1982 ha deciso di dedicarsi definitivamente alla scrittura e, da allora, ha pubblicato decine di opere tra romanzi, racconti, raccolte di poesie, testi teatrali, televisivi e cinematografici. Numerosi dei suoi libri sono stati tradotti in altre lingue o hanno dato spunto per produzioni cinematografiche. E’ considerato uno degli scrittori danesi contemporanei più importanti ed interessanti. In Italia sono stati pubblicati, da Lantana Editore, “Quei due giorni di luglio” (2011) e “Il libro di David” (2012).
Stig Dalager, “Il libro di David“, Lantana Editore, Roma, 2012. Traduzione di Eva Kampmann. Titolo originale “Davids Bog” (Per Kofod, 1995).
Stig Dalager: Wikipedia / Sito ufficiale (dk) / Scheda Lantana
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