Sepetys Ruta

Avevano spento anche la luna

Pubblicato il: 21 Gennaio 2012

“Avevano spento anche la luna” è il romanzo d’esordio di Ruta Sepetys. La scrittrice è nata negli Stati Uniti ma ha origini lituane. Come capita a molti autori, di recente, anche la Sepetys deve aver deciso, un bel giorno, di mettersi a scavare nel passato della sua famiglia, probabilmente alla ricerca di quelle radici che, prima o poi, chiunque vuole recuperare e comprendere.

Ebbene, dalla storia della sua famiglia, Ruta ha recuperato la vicenda si suo nonno, il padre di suo padre. Un soldato dell’esercito lituano che, quando l’URSS di Stalin invase la Lituania nel 1940, fu costretto a fuggire dal suo Paese natale e a cercare scampo in Germania. Il regime, infatti, aveva deciso di dare la caccia, catturare, internare o eliminare tutte quelle persone che, a proprio insindacabile giudizio, potessero essere considerate antisovietiche. La stessa Sepetys, nella nota di chiusura del romanzo scrive: “Si calcola che Iosif Stalin abbia fatto uccidere più di venti milioni di persone durante il suo regno del terrore. I paesi baltici di Lituania, Lettonia ed Estonia persero più di un terzo della loro popolazione durante la persecuzione sovietica. Le deportazioni si estesero fino alla Finlandia“.

Le prime deportazioni vennero effettuate a partire dal 14 giugno 1941. Ed è esattamente questa la data in cui inizia il romanzo e la storia di Lina e della sua famiglia. Lina è una ragazzina lituana di 15 anni, figlia di un rettore universitario. Il 14 giugno 1941 alcuni uomini dell’NKVD, la polizia segreta russa, bussano alla porta di casa e obbligano lei, sua madre e suo fratello minore Jonas ad abbandonare tutto e a salire su un camion. “Esattamente un anno prima, i sovietici avevano cominciato a trasferire truppe oltre il confine, nel nostro paese. Poi, in agosto, la Lituania era stata ufficialmente annessa all’Unione Sovietica. Una volta che mi ero lamentata a cena, il papà mi aveva sgridato dicendomi di non dire mai e poi mai qualcosa di negativo sui sovietici. Mi aveva mandato in castigo in camera mia. Dopo quella volta non dissi più niente ad alta voce. Ma ci pensavo molto“.

Il padre di Lina non è in casa ma per la famiglia Vilkas non c’è scampo: deportati. Insieme ad altri prigionieri vengono ammassati in vagoni ferroviari, serviti fino a poco prima per trasportare animali, e trasferiti verso le steppe russe. Il viaggio dura settimane e lascia diversi cadaveri lungo i binari. I soldati russi non hanno nulla da invidiare ai nazisti e per i perseguitati del regime sovietico si impone un destino molto simile a quello degli ebrei nei campi di sterminio.
Lina è un’artista in erba. Disegna anche da deportata e a modo suo cerca una via di fuga dalla prigionia che le viene imposta. E’ una ragazzina determinata e forte ma privazioni, prepotenze, freddo, malattia e fame possono piegare qualsiasi volontà. Nel campo di lavoro prima e nel campo di prigionia poi, Lina, suo fratello Jonas e sua madre Elena cercano di resistere e di sopravvivere come possono.

Le descrizioni della Sepetys sono piuttosto verosimili e riescono a calamitare l’attenzione del lettore. La voce narrante della deportata ragazzina e i dialoghi continui e serrati danno alla storia notevole dinamicità. Si scorre velocemente lungo le righe e ci si immerge in una porzione di Storia che, ancora oggi, si preferisce spesso tacere o minimizzare.

“Avevano spento anche la luna”, oltre ad avere un titolo italiano a mio avviso molto più intrigante dell’originale, ha il potere di gettare luce su una delle atrocità più laceranti che si siano consumate nel XX secolo, accanto alla Shoah. Ma, nonostante riconosca tale merito al libro e alla sua autrice, non posso esimermi dal sottolineare due “limiti” di questa opera. Seppur ispirato a vicende vere, si avverte, nel profondo, che la storia di Lina è un’invenzione letteraria. Probabilmente aver letto decine di libri scritti da sopravvissuti all’Olocausto mi rende particolarmente sensibile a certi argomenti e a certe voci. Lina racconta una storia autentica ma è come se la interpretasse. Questa “finzione” forse è ravvisata solo da occhi un po’ più attenti e da spiriti un po’ più allenati.
In secondo luogo, ho avuto la sensazione che la conclusione del romanzo sia frettolosa ed inadeguata, quasi come se l’autrice volesse dare un taglio immediato e netto al dramma che ha raccontato per circa 300 pagine. Un epilogo tanto sbrigativo mi ha sorpresa e spiazzata. Non mi aspettavo di certo che la Sepetys ci raccontasse tutta la vita dei personaggi di cui ha popolato la sua storia, ma nemmeno che li archiviasse nell’arco di due striminzite paginette.

Edizione esaminata e brevi note

Ruta Sepetys è nata a Detroit, in Michigan, nel 1967. E’ discendente di una famiglia di rifugiati lituani. Ha studiato Finanza Internazionale presso l’Hillsdale College ma ha studiato anche in Francia. Dopo la laurea, Ruta si è trasferita a Los Angeles dove ha fondato una società di entertainment con sede a Nashville. “Avevano spento anche la luna” è il suo romanzo d’esordio e racconta la storia della deportazione di cui fu vittima il popolo lituano a partire dal 1941. Il libro è stato tradotto in alcune decine di lingue ed ha conquistato numerosi riconoscimenti.

Ruta Sepetys, “Avevano spento anche la luna“, Garzanti, Milano, 2011. Traduzione di Roberta Scarabelli. Titolo originale: Shades of Gray (2011).

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