I nomi di Bruneri – Canella e dello Smemorato di Collegno sono convinto che tutt’ora rimangano famosi quale caso paradigmatico di giustizia spettacolarizzata. Il problema, se vogliamo considerarlo tale, è che semmai la storia dell’uomo affetto da amnesia, ritrovato e poi accusato di essere un impostore qualcuno la potrà ricordare per aver visto il film di Totò o qualche altra mediocre pellicola; e non per altre ragioni. Quindi il libro di Christine Dal Bon, volendo raccontare la “vera” storia di quanto accadde tra il 1928 e il 1933, potrà fare giustizia di molti pregiudizi. In questo senso il cinema, o un certo tipo di giornalismo che poi vedrà il culmine con i plastici di Bruno Vespa, non è detto abbia come priorità raccontare una vicenda nella maniera più oggettiva possibile, senza romanzare o sollecitare il voyeurismo dell’opinione pubblica più bigotta. Certo è che il caso Bruneri-Canella aveva tutte le caratteristiche per far sfogare fantasie e malevoli pettegolezzi. Giulio Canella, stimato filosofo cattolico, era scomparso durante un’azione di guerra nel 1916. Anni dopo fu riconosciuto dalla moglie, dai figli e da alcuni amici, in quel di Collegno, in un uomo da anni smemorato da tempo, che alternava momenti di maggiore lucidità ad altri di estrema confusione mentale. Fu sufficiente però una lettera anonima per farlo diventare Mario Bruneri, un adultero, un pericoloso anarchico e truffatore seriale, che, spacciandosi per Canella, sarebbe così sfuggito alla giustizia e ai suoi doveri coniugali.
Da qui l’odissea giudiziaria che vide l’opinione pubblica e i cosiddetti esperti dividersi tra i sostenitori di Canella e quelli di Bruneri. I processi, basati su prove alquanto dubbie, perizie altrettanto discutibili e palesi omissioni, portarono poi alla sentenza definitiva della Cassazione: l’uomo era Mario Bruneri. La famiglia, dopo che l’uomo ribattezzato dalla giustizia come Mario Bruneri ebbe scontato i residui di pena si trasferì in Brasile. Le autorità sudamericane, con buona pace della sentenza italiana, iscrissero i tre figli della coppia con il cognome Canella, e lo Smemorato fu iscritto all’anagrafe col nome di Giulio Canella, riconoscendogli il titolo di professore. La moglie Giulia, forse la vera protagonista del libro di Christine Dal Bon, dopo la morte del marito, avvenuta nel 1941, si è sempre battuta per la revisione del processo e per dimostrare la falsità di quanto veniva spacciato dai sostenitori di Bruneri. C’è da dire che in quel 1931, anno della sentenza della Cassazione, il clima non era probabilmente dei più favorevoli per la famiglia Canella. Certi presunti esperti avevano detto la loro, non potevano fare ammenda di eventuali sciocchezze e quindi ostinarsi a sostenere la tesi dello smemorato come Bruneri diventava una sorta di legittima difesa. Per di più le pressioni governative erano notevoli: leggiamo come il presidente della Cassazione D’Amelio sia stato letteralmente costretto dal ministro Rocco ad esprimersi per la tesi Bruneri.
Vicenda paradossale anche riguardo le due fazioni dei “canelliani” e dei “bruneriani”. Da quanto possiamo capire leggendo il libro, autentica anima nera della vicenda fu Padre Agostino Gemelli. Questi, anni prima, già aveva avuto a che fare con Giulio Canella, lo aveva estromesso dalla collaborazione ad una rivista filosofica, e adesso era in prima linea a sostenere la tesi di Mario Bruneri smemorato di Collegno. Agostino Gemelli, in un libro che sostiene a spada tratta le ragioni della famiglia Canella, non ci fa una gran figura e, salvo ricordare anche le tante controversie che lo videro protagonista, bisogna ammettere che qui ci appare una specie di Don Verzè, magari intellettualmente più accorto ed evoluto. E infine il paradosso: malgrado proprio un prete abbia dato un gran contributo ai cosiddetti bruneriani, mentre lo Stato italiano aveva sentenziato definitivamente, anni dopo la Chiesa cattolica, anche grazie all’opera decennale di Don Germano Alberti, per bocca del Segretario di Stato Giovanni Benelli precisò che riconosceva nello Smemorato il professor Giulio Canella, e che pertanto i figli nati dalla coppia erano da considerarsi legittimi. Christine Dal Bon, l’abbiamo già detto, ha scritto questo libro, basandosi in gran parte sulle memorie di Giulia Canella, e ha sposato in pieno la tesi della famiglia, contestando quegli illustri studiosi che, soprattutto al tempo, si erano ostinati ad identificare Bruneri come lo Smemorato e motivavano le loro diagnosi con le parole sesso e soldi.
L’autrice, e pensiamo ci sia riuscita, ha voluto ricostruire la vicenda minimizzando pettegolezzi e malizie, ma semmai facendo rilevare tutti gli elementi in favore di Canella che da subito furono omessi, il clima sociale e politico complicato e ben poco favorevole alla famiglia del filosofo cattolico, e non ultima la propria esperienza di psichiatra che ha curato casi analoghi di cosiddetta amnesia d’identità: “Tra gli autori più recenti c’è chi sorvola del tutto sull’ammalato n. 44.170, sull’aspetto clinico, sul riconoscimento della famiglia Canella, le testimonianze e le proteste. C’è chi si concentra esclusivamente sul secondo personaggio, Mario Bruneri che non entra in scena che un anno dopo il ricovero in ospedale, a partire dalla lettera anonima. Solo una persona bene informata può rendersi conto di queste scorciatoie e controlli che mirano a semplificare la storia e a condurre al più presto a una sua conclusione prestabilita sotto un velo di scientificità” (pag. 128). “L’uomo di nessun colore”, titolo che prende spunto da una frase dello Smemorato (così si sentiva), è la storia di una morte civile che ancora chiede giustizia.
Edizione esaminata e brevi note
Christine Dal Bon, è psicanalista, lavora tra Roma e Parigi dove ha curato in un ospedale militare diverse persone affette da amnesia d’identità. Ha sentito parlare per la prima volta dello Smemorato di Collegno in un collegio di lacaniani francesi nel 1995. Nel 2007 incontra Julio Canella, nipote di Giulio Canella, detto lo Smemorato di Collegno e studia a fondo l’archivio di questo uomo condannato a portare il nome di un altro. Christine Dal Bon è attualmente impegnata col movimento denominato Manifesto per la difesa della psicanalisi.
Christine Dal Bon, “L’uomo di nessun colore. La vera storia dello smemorato di Collegno”, Iacobelli (collana Frammenti di memoria), Pavona di Albano Laziale 2012
Luca Menichetti. Lankelot, dicembre 2012
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