Autori Vari

Vocabolario minimo delle parole inventate

Pubblicato il: 22 Luglio 2019

Il mantra, che è anche la classica profezia che avvera sé stessa, è sempre il solito: i racconti non vendono, quindi in ossequio a una perversa proprietà transitiva del mondo editoriale non si pubblicano e di conseguenza non si leggono. Lo stereotipo vuole che i racconti richiedano uno sforzo supplementare rispetto a un romanzo, una cosa che non ne giustifica lo sforzo, figurarsi un’antologia di autori vari. Tanti, piccoli ma continui strappi per decifrare significati, dove il singolo autore voglia andare a parare, chi sia lo stesso autore, ripetendo tutto questo per quanti siano i racconti. Uno sforzo di coinvolgimento e immersione che non vale la pena a conti fatti,  accorgendosi che al momento che tutto quel coinvolgimento inizia il racconto  è già finito e bisogna iniziarne un altro da capo, con le stesse dinamiche e senza aver avuto il tempo di immergerci nella storia. Tutti pregiudizi e stereotipi che non tengono conto della struttura verticale del racconto e nel caso di questa miscellanea di autori vari edita da Wojtek edizioni al titolo “Vocabolario minimo delle parole inventate”, ha l’arguta trovata delle lettere dell’alfabeto affibbiate a ogni singolo autore come spunto per il titolo di ogni singolo racconto, che è anche una parola inventata. Insomma racconti su commissione. Da vedere quindi con ammirazione la coraggiosa intrapresa di una piccola casa editrice che cerca di scardinare il micidiale meccanismo di cui sopra e che raccoglie in questo volume il non plus ultra del mondo dei “raccontisti” nostrani underground, scrittori in erba o meno, semi o totalmente sconosciuti, coloro che sono da considerare in qualche modo esponenti di quel sottobosco italico del mondo delle riviste e dei blog, le quali ne sono anche i massimi divulgatori. “Vocabolario minimo delle parole inventate” curato da Luca Marinelli nasce proprio da una selezione di racconti di un contest come se ne trovano spesso on line a tema obbligato. Agli autori veniva chiesto di inventare una parola con l’iniziale che fosse la lettera dell’alfabeto assegnata loro e da questa creare una storia, inventando parole nuove, creando dal nulla qualcosa che prima non c’era, insomma il miracolo della letteratura.

Da questa idea nata sul blog “Narrandom” del quale il curatore del volume è lo stesso co-creatore, è nato questo volume e gli autori “underground” in esso contenuti sono in qualche modo emersi alla luce con esiti più che meritevoli.

Un’altra nota di merito di un volume come questo nasce dal fatto di poter, si auspica, sviluppare nel lettore la curiosità, in modo che lo stesso possa andare alla ricerca delle singole biografie degli autori, per scoprire  che dietro a quei nomi sconosciuti si celano magari autori già attivi presso riviste e blog, oppure altri già pubblicati e perentoriamente troppo facilmente dimenticati, altri ancora curatori di…, editori a…, traduttori per…, in un quadro di manovalanza del mondo editoriale che lascia poco spazio ai piccoli, ma comunque potendosi divertire il lettore a scommettere su chissà chi di loro potrà trovare spazio in solitaria in libreria con un proprio volume.

La scelta è ampia, sono 22 racconti che dietro la maschera delle parole inventate del titolo, tale sempre è la parola letteraria, parole che sembrano prese da un argot, vanno a scardinare i comuni orizzonti di senso per sconfinare nel fantastico o, come osserva il curatore, nel ribaltamento del rapporto dialettico fra realtà e parole, soprattutto in questo tempo tempo-bolla creato dai social e più in generale dalla rete, per effetto del quale l’esperienza diretta del reale è sovrastata dall’esperienza dei segni.

Si possono quindi trovare racconti con psicotici nella Marsica, o con segretarie cooptate dal sistema “Betavita”, titolo del racconto di Francesca Corpaci, lo stesso che odiavano, ci si può accorgere che  quando arriva la “Fraspola” non c’è niente da fare come ci dice Lorenzo Vargas, o di uno che ha il “Gravicoma”, il mal di spazio nel racconto omonimo di Claudia D’Angelo che è anche una mini saga familiare, o ancora scoprire che esiste della polvere di tipo “Esalgico”, polvere dei ricordi (acidi) nel racconto di Paolo Gamerro che dà il titolo alla lettera e. Tutte parole create dal nulla con la forza di una malia dai “pazzi rivistari” che sono i vari autori, i coatti del raccontare breve, giocosi, sfrontati, transnaturistici, (non so che significhi questo termine) tutto e niente, gli stessi inventori di storie picaresche anzi di tipo “Picarebico” narrate da un viaggiatore a spasso per territori mitologici come nella prova di Andrea Frau, gli stessi che in un racconto ci svelano  dei protagonisti intenti a giocare a urne, amoreggiando con la morte che è un altro modo di scrivere storie e inventare parole, ché anche questo forse è un modo per sconfiggerla. Trovano giustificazione in questo senso parole come “Lallità”, il paradiso in terra del racconto omonimo di Anna Adornato o “Inculcraniarsi”, nato dalla fantasia di Francesco Quaranta che è la parola chiave del processo creativo, nonché lo spunto per una nuova hit di musica pop del protagonista del racconto al di cui titolo. Ha un senso anche una parola come “Memolabile” inventata da Gianluca Bartalucci, che non è una cineseria ma ricordare l’infanzia, il falso o il vero, al capezzale di una moribonda, o la parola “Napoleggiare” del racconto di Paolo Parente che denota un misterioso morbo, termine che chissà se un domani non entrerà nel Devoto Oli, come pure lo strano fenomeno fisiologico della “Struttità”, una sorta di stanchezza cosmica deformante, esplicata nelle sue caratteristiche da Andrea Doanera.

Poi certo i protagonisti sono ancorati alla realtà e hanno anche una loro caratterizzazione sociale, anagrafica ed esistenziale. Se c’è un tratto comune alla varie storie, oltre a un’attitudine del linguaggio che, fra Gadda e il modernismo, rimastica i canoni e i generi rendendoli irriconoscibili, questa va cercata proprio nell’appartenenza anagrafica dei personaggi, tutti poco più o poco meno che trentenni, precari dell’esistenza, nel pieno di una seconda adolescenza se non nel mezzo di cammin di nostra vita, incistata in trame, fisime varie, sogni, atti mancati o fughe come in “Robbantare” di Federica Sabelli che parla proprio di uomini in fuga da tutti e da tutto, soprattutto da sé stessi e dai propri fallimenti.

Ma è pur sempre una realtà mediata dai segni e dall’eterno gioco delle parole che può finanche dar vita a veri e propri scambi di personalità come in “Ucrogonia” di Guido Zavanelli Zanetti, il cui primo passo per comprenderla è capire quali sono “i punti di snodo, quei momenti divisori della nostra persona, quei momenti che hanno diviso le nostre linee temporali”, l’ucrogonia che forse è la base della perfezione o della felicità: come in un’altra vita ci sia davvero la versione migliore di  ognuno. La letteratura in questo può aiutare, come aspirazione a una vita migliore o solo diversa. Il “pazzesco” gioco letterario e intraletterario è una costante di molti racconti, a testimonianza dell’esperienza ludica della letteratura, nei suoi diversi generi e ibridazioni varie. “Hibrisifico” di Pierluca D’Antuono è in tal senso esemplare. Una sorta di manifesto a dispetto di quanto osservato dal curatore nella bandella dell’antologia sul suo non voler essere il piccolo volume un manifesto di alcunché, né movimento o  programma: il citazionismo da gioco intraletterario bolaniano, l’incontro con il fantomatico Claudio Maria Gaggiolo, il male impersonificato e chissà se mai esistito, citazionismo da riviste, blog letterari, bandelle e colophon di libri scomparsi, ibridazioni, come dal titolo, da romanzo storico con la sua creatura assoluta che è appunto il fantomatico Luigi Maria Gaggiolo, creature “pazzesche” e “hibrisifiche” meramente letterarie, specchi di ogni possessione e smisurata ambizione: “la verità era un’altra: roso dall’ambizione di emergere e arrivare l’uomo si era fatto carne in un pericolo camaleonte senza centro, capace di riposizionarsi in base alle circostanze al di là di giudizi e delle opportunità.”

In altri casi tale attitudine ludica, pazzesca e intraletteraria va alla ricerca spasmodica di un senso della parola nelle sue varie occorrenze  come nel caso di “Queleticismo” di Andrea Zandomeneghi.

Tutto questo forse solo per giocarci sopra, smitizzando il fantomatico “pazzesco” mondo editoriale,  lo stesso che snobba i racconti perché ecc… ecc…, creando “nuovi significanti”, uno per ogni nuova parola usata a titolazione dei singoli racconti, come potrebbe dire Carmelo Bene citando a sua volta il di lui (CB) maestro Jacques Lacan, perché lacaniani, “significanti” sono questi titoli e l’intero godibilissimo volume perché: “ma chi è quel marcio dentro che sé po’ stufà der pazzesco, scusa?” come dice il protagonista di “Inculcraniarsi”. Questo a fronte di tutti i pazzi veri che abitano il mondo di tutti i giorni, il cosiddetto mondo reale e mi piace aggiungere citando ancora CB in una delle sue ditirambiche illuminazioni, perché “qui fuori è pieno di pazzi che non se lo sono meritato”.

Infine: il fatto che siano stati citati nel presente articolo solo 14 dei 22 autori presenti nel volume non è una dimenticanza o peggio una mia mancanza di rispetto nei confronti di quelli ignorati, verso i quali ovviamente non ho niente di personale. Potrei sfangarmela dicendo che comunque la maggioranza di loro vi è citata per nome e cognome, ma mi sento di aggiungere che personalmente, come diceva Nanni Moretti in un suo film, io mi troverò sempre più a mio agio con una minoranza delle persone e pertanto per scoprirla questa minoranza non vi resta che procacciarvi questa “pazzesca” antologia.

Edizione esaminata e brevi note

Luca Marinelli, romano trapiantato a Palestrina, ha studiato fisica e sceneggiatura. È redattore di Verde Rivista, ha fondato il giornale di genere Guida Quarantadue e il blog di racconti Narrandom.

Autori Vari, Vocabolario minimo delle parole inventate, a cura di Luca Marinelli, Wojtek edizioni, 2019