Famiglia, viaggi, salute, lavoro & denaro, amore. Questa la ripartizione del romanzo “La straniera” di Claudia Durastanti. Cinque scatole che replicano i cinque temi fondamentali dell’oroscopo. Cinque scatole in cui la scrittrice ha infilato pezzi, più o meno romanzati o più o meno pratici, della sua vita. Un’autobiografia scomposta e reinventata, se così si può dire, senza una vera cronologia, senza un autentico ordine, a parte, forse, quello che le memorie e i racconti delle proprie memorie riescono a consentire. Un testo pieno, a tratti grottesco, sicuramente intelligente e ben scritto. Non è un romanzo vero eppure appare come tale. Se una storia del genere fosse stata inventata di sana pianta nessuno farebbe un fiato. Invece molto di quel che la Durastanti racconta è storia vera. Incredibilmente vera.
Nella mitologia di famiglia si racconta il primo incontro tra i suoi genitori: “Mia madre e mio padre si sono conosciuti il giorno in cui lui ha cercato di buttarsi da ponte Sisto a Trastevere. Era un buon punto da cui cadere: nonostante fosse un bravo nuotatore, l’impatto con l’acqua lo avrebbe paralizzato, e il Tevere in quei giorni era già tossico e verde” oppure “Mio padre e mia madre si sono conosciuti il giorno in cui lui ha cercato di salvarla da un’aggressione davanti alla stazione Trastevere“. Il mito ha varie versioni e in una famiglia di ricostruzioni mitologiche possono essercene a bizzeffe. Ed ognuna, a modo suo, racconta la verità. Resta un dato di fatto: entrambi i suoi genitori sono sordi. Una disabilità che vogliono vedere in pochi, forse perché invisibile quindi totalmente incorporea.
Claudia è la straniera perfetta. Un’italiana a Brooklyn quando è negli Stati Uniti, paese in cui è nata, e un’americana in Basilicata quando torna a vivere in Italia con sua madre. Insomma un’entità difforme e confusa per sé e più spesso per gli altri. I suoi genitori si separano quando lei è ancora una bambina: “Ho scoperto che [mia madre, ndr] era divorziata quando in classe ci facevano disegnare il nostro nucleo familiare“. Il padre ha seri problemi comportamentali, evidentemente. È un uomo che perde facilmente la ragione e reagisce con violenza rispetto a tutto ciò che non contempla. Un soggetto decisamente fuori dalle righe: bugiardo impenitente, giocatore d’azzardo cacciato da ogni casinò per comportamenti scorretti, ladruncolo senza speranze, rapitore di figlie e accumulatore di multe che non ha mai pagato. C’è un passaggio de “La straniera” che descrive in maniera illuminante i genitori della Durastanti: “Come i cani da compagnia di mia madre che prima erano docili e negli ultimi anni sono impazziti, qualsiasi cosa tocchino i miei genitori si adegua alla loro decadenza, sono un re e una regina taumaturghi che invece di guarire i malati o fare miracoli convincono qualsiasi creatura in loro presenza a disarticolarsi e a lasciarsi andare alla propria possibile follia“.
Nel romanzo di crescita scombinata e d’intralciata formazione, Claudia ammette di non essere stata molto presente a scuola. Lei, da tutti additata in paese come “la figlia della muta“, passa tante giornate nascosta in soffitta e legge quello che le capita. “In soffitta leggevo Topolino, le fiabe dei fratelli Grimm, vecchie edizioni Elèuthera e La Tartaruga, compendi di femminismo e canti dal carcere“. Probabilmente sono questi gli anni della prima “formazione letteraria”, quel tempo che noi lettori abbiamo vissuto durante l’infanzia in cui tutto era potenzialmente degno di ogni attenzione solo perché rilegato e sfogliabile. Poi arriva il libro che stravolge ogni cosa e ci fa crescere di colpo. “Il libro che ha cambiato tutto per me è stato un’edizione Feltrinelli dalla copertina indaco. Al centro c’era una bionda dal trucco pesante vestita come Marilyn Monroe, camminava su una strada dimessa vicino a degli idranti. L’ho preso al volo perché si intitolava Ultima fermata a Brooklyn e io avevo nostalgia di casa“.
Nonostante i traumi, nonostante le difformità familiari, nonostante certi dolori ed alcune indimenticabili esclusioni, Claudia Durastanti ha saputo intessere un racconto lieve e mai molesto. Come se, ad un certo punto, forse anche grazie alla scrittura, tutto possa trovare una conciliazione, un’armonia esistenziale comunque accettabile. Numerosi i riferimenti a canzoni, cantanti e musicisti che hanno lasciato il segno nella vita della scrittrice e di cui per molto tempo si è occupata scrivendo per riviste specializzate. Sempre splendidamente presente la figura materna. Una donna indomita che ha continuato a parlare senza mai imparare la lingua dei segni, incapace di accettare il fatto che una fiction vista in TV non sia reale, una persona in grado di nutrire affetti irreversibili.
Edizione esaminata e brevi note
Claudia Durastanti (Brooklyn, 1984) è scrittrice e traduttrice. Il suo romanzo d’esordio “Un giorno verrò a lanciare sassi alla tua finestra” (2010) ha vinto il Premio Mondello Giovani. Nel 2013 ha pubblicato “A Chloe, per le ragioni sbagliate”, e nel 2016 “Cleopatra va in prigione”, in corso di traduzione in Inghilterra e in Israele. È stata Italian Fellow in Literature all’American Academy di Roma. Ha tradotto Joshua Cohen, Donna Haraway, Ariel Levy, Nickolas Butler e altri autori americani in italiano. È tra i fondatori del Festival of Italian Literature in London. Collabora con “La Repubblica” e vive a Londra.
Claudia Durastanti, “La straniera“, La Nave di Teseo, Milano, 2019.
Pagine Internet su Claudia Durastanti: Sito ufficiale / Wikipedia / Twitter
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