Tanizaki Jun'ichirō

Racconti del crimine. Volume I

Pubblicato il: 26 Dicembre 2019

Spesso si dice che il racconto o romanzo giallo, espressione di una letteratura “di genere”, vive di sola trama; e soprattutto, annientando così ogni velleità artistica, che tutto è finalizzato alla risoluzione di un mistero. Probabile in molti casi sia vero, soprattutto se ci riferiamo al cosiddetto poliziesco che si ispira molto vagamente ai modelli dell’ottocento e del primo novecento; ma questi limiti non rappresentano certo una regola assoluta. Lo dimostrano i racconti giovanili di Tanizaki, in parte pubblicati dalla Marsilio in un primo volume. Oltretutto il percorso artistico dello scrittore giapponese, il cui esordio avviene “in un’epoca di grandi contrasti quando, così come la società, anche la letteratura riflette la scelta lacerante fra una tradizione millenaria e la via verso l’occidentalizzazione”, è spiegato in maniera decisamente esaustiva nel testo di Luisa Bienati ad introduzione del volume Marsilio. Senza volerci addentrare quindi nell’evoluzione artistico-letteraria dell’autore de “La chiave” e di “Neve sottile” (prima ispirato da modelli occidentali e poi tornato ai motivi più tradizionali della classicità giapponese), possiamo evidenziare – usando le parole della curatrice – come “per Tanizaki il fine dell’opera letteraria, che il crimine avvenga o non avvenga, è creare mondi immaginari” (pp.21). Per dirla in altri termini al nostro autore importa poco che il crimine ci sia o non ci sia – a volte, complice una mente malata, c’è ma viene presentato come immaginario, altre volte c’è ma viene immaginato come inesistente – e diventa semmai essenziale la “bellezza architettonica del romanzo”. Una bellezza che verrebbe mostrata al massimo grado proprio dal  poliziesco logico, grazie ad un metodo scientifico-deduttivo (“una serie di induzioni e deduzioni che si intrecciano”), sempre correlato all’inganno (effetto trompe-l’œil) e al coinvolgimento del lettore nella scoperta di una verità che arriva gradualmente, in maniera parziale.

Un intento del tutto evidente in questi primi “racconti del crimine”, dove risulta centrale il lato oscuro della personalità umana, ben più dei dettagli del crimine in quanto tale. In “Storia di Tomoda e Matsunaga” i personaggi ricordano la trama del Dr Jekyll e di mister Hyde, ma questa volta senza l’intervento di strane pozioni, di un orrore manifesto e forse nemmeno di un vero e proprio crimine: il doppio è tutto culturale e tuttavia lo sdoppiamento, che incarna il conflitto Oriente/Occidente, introduce un’atmosfera di mistero, di inquietudine, poi risolta al termine del racconto con colpo di scena nemmeno troppo inaspettato. Lo svelamento del mistero diventa capire il “come” e in che circostanze, non tanto “chi”  ha fatto cosa. Anche in “Per la strada” il crimine – non l’identità del criminale – è svelato di pagina in pagina e appare come una ricostruzione minuziosa di tutti gli indizi da parte di un detective che poi ha gioco facile nel mettere il colpevole spalle al muro: una sorta di tenente Colombo ante litteram, se non fosse che l’investigatore appare elegante e vestito con gran cura.

Nel “caso di Bagni Yanagi” siamo di fronte ad una “percezione distorta della realtà [che] porta a confessare un crimine che non è mai stato commesso” (pp.15). Mentre poi nel corso della confessione il lettore potrà scoprire altri crimini e la personalità comunque deviata del protagonista K. In “Uno stralcio di un verbale – Diaologo” i temi del senso di colpa e dell’espiazione vengono stravolti dalla personalità di un criminale incallito e anaffettivo, prototipo perfetto per un’analisi psicoforense. Con “Io” Tanizaki, sviando il lettore con una confessione che si scopre inattendibile, propone il racconto di un cleptomane, poi a tutti gli effetti ladro professionista. Ed infine in “Il movente di un delitto” se è vero che le impronte digitali, il più banale degli indizi, tradiscono l’insospettabile omicida, il racconto risulta piuttosto incentrato sulle motivazioni malate di Nakamura, servitore fedele e studente alla pari del dottore ucciso: ovvero quando un eccesso di fantasia sfugge di mano.

Ancora una volta il lettore potrà cogliere come questi racconti giovanili – l’abbiamo anticipato – non siano caratterizzati soltanto dal mistero e dal compiacimento per l’indagine poliziesca: alcuni motivi del più famoso e maturo  Tanizaki trovano il loro spazio, pur intrecciati al principale intento di sperimentare “la bellezza architettonica” del racconto. Pensiamo alla “femme fatale” e alle relazioni sadomasochistiche: “Era una donna dalla volontà deviata e crudele, ma quando veniva punita fisicamente si abbandonava come fosse un corpo morto, esausto, stremato; mentre le affiorava un sorriso cinico veniva calciata e colpita finché mi pareva e piaceva” (pp.142). Ed ancora: “Quando la facevo piangere diventava stranamente graziosa e io mi sentivo misteriosamente bene, come se fossi divenuto una persona onesta quanto mia mogie, e non riuscivo a pensare di aver fatto qualcosa di male” (pp.212).

Racconti che mostrano chiaramente grandi contrasti culturali, le grandi contraddizioni proprie della psiche umana, e che quindi fanno giustizia di un genere troppo sbrigativamente derubricato a “commerciale e tutta trama”. Opportuna quindi la citazione tratta da Edogawa Ranpo, “il padre del mystery giapponese”, che riguardo il racconto “Per la strada” (1920) aveva affermato:  “un’opera che ha fatto epoca nel tantei shōsetsu [romanzo poliziesco] e di cui possiamo andare fieri davanti agli occidentali”.

Edizione esaminata e brevi note

Jun’ichirō Tanizaki, scrittore giapponese, nato a Tokio nel 1886 e morto ad Atami nel 1965. Tra le sue opere: L’amore di uno sciocco (1924 / Bompiani 2000), Vita segreta del signore di Bushu (1932 / Bompiani 2000), Libro d’ombra (1933 / Bompiani 2000), Neve sottile (1948 / Guanda 2009), Diario di un vecchio pazzo (1962 / Bompiani 2009), Morbose fantasie (Einaudi 2003), Nostalgia della madre (Einaudi 2004), Il demone (Einaudi 2010), Sulla maestria (Adelphi 2014).

Jun’ichirō Tanizaki, “Racconti del crimine. Volume I”, Marsilio (collana “Letteratura universale”), Venezia 2019, pp. 235. A cura di Luisa Bienati.

Luca Menichetti. Lankenauta, dicembre 2019