Vásquez Juan Gabriel

Il rumore delle cose che cadono

Pubblicato il: 12 Giugno 2013

“Il primo degli ippopotami, un maschio color delle perle nere, una tonnellata e mezzo di peso, venne abbattuto a metà del 2009. Era scappato due anni addietro dall’ex giardino zoologico di Pablo Escobar nella valle del Magdalena … Io ero nel mio appartamento di Bogotà, all’incirca duecentocinquanta chilometri più a sud, quando vidi per la prima volta la foto, che occupava mezza pagina di una rivista importante. […] Nelle settimane a seguire, il ricordo di Ricardo Laverde che all’inizio era stato un fatto incidentale, uno di quei brutti scherzi che ci gioca la memoria, divenne un fantasma fedele e assiduo, sempre presente … Poco a poco mi resi conto, con un certo sbalordimento, che la morte di quell’ippopotamo metteva la parola fine a un episodio che nella mia vita era cominciato tanto tempo prima, un po’ come se fossi tornato a casa per chiudere una porta che distrattamente avevo lasciato aperta.
Ed è così che ha preso l’abbrivio questo racconto. Non so a cosa serva il ricordare, quali vantaggi ci porti o quali problemi possa crearci, e non so nemmeno in che modo il vissuto possa cambiare attraverso il nostro ricordo, ma ricordare per bene Ricardo Laverde è diventata per me una cosa della massima importanza.” (pag. 11 – 12 – 13)
Tornando a queste pagine iniziali una volta terminato il romanzo ci si accorge come non siano solo una vaga introduzione a ciò che verrà ricordato, non solo una preparazione del contesto in cui ci troveremo immersi nella lettura, ma una sorta di scivolamento nel personaggio che sta cominciando a narrare “No, non racconterò la mia vita, ma solo qualche giornata, di molto tempo fa, e lo farò con l’assoluta consapevolezza che questa storia, come ci avvertono nelle favole, c’era una volta e sempre ci sarà.” (pag. 13)
Da qui in avanti prendono campo i ricordi, ricordi che coinvolgono gli anni tra fine 1995 e 1999, ricordi che Antonio Yammara, questo il nome del protagonista e voce narrante, svolge con quella cura che si dedica alle cose di massima importanza, rievocando fatti e dettagli e rendendoli con un misto tra quel che erano state le sue impressioni al tempo in cui erano avvenuti e il senno del poi. La narrazione insomma a volte anticipa in modo vago ciò che sta per accadere, ciò che significa qualcosa che apparentemente potrebbe sembrare non fondamentale. Si mescolano fatti privati alla storia del paese, e le due vite, quella di Yammara e di Laverde risultano incrociate a dispetto della scarsa conoscenza reciproca. Il primo, infatti, entra in contatto casualmente con il secondo in una sala da biliardo in cui entrambi vanno a giocare. Laverde gli appare come un uomo misterioso, insolito, con un passato in carcere, un uomo come non ha mai conosciuto prima, in cui trova qualcosa in comune. I due giocano, e lentamente escono anche dal recinto dei biliardi per entrare nella città: Bogotà. Ecco che, all’esterno, il luogo aumenta le parole tra i due, piccole confidenze, e chi sa come potrebbe diventare, questo che è ancora un embrione di amicizia, se non… accadesse ciò che invece accade. Ricardo Laverde muore, ucciso per strada, e Antonio Yammara rimane ferito nella stessa occasione.
La vita di quest’ultimo ne è cambiata, per tutto quello che sarà il suo proseguio. Il protagonista, sconvolto, nonostante l’amore della propria famiglia che aveva appena formato all’epoca del fatto, una moglie, una figlia, nonostante un lavoro che gli poteva dare sicurezza, giovane professore universitario di Diritto, nonostante quindi una rete di affetti e non solo in cui poter trovare riposo e conforto non riesce a uscire dall’ossessione per quella morte violenta, per la vita di quell’uomo così poco conosciuto e al tempo stesso così importante. Tre anni dopo, improvvisamente, un messaggio in segreteria lasciato dalla figlia di Laverde dà l’occasione a Yammara di approfondire e di scoprire, finalmente, tutto ciò che avrebbe voluto sapere.
La sua ossessione lo acceca nella ricerca di ciò che per lui è l’unica cosa davvero importante, e comincia la sua discesa nella vita di quell’uomo e in sé stesso, una discesa anche fisica dalle altitudini di Bogotà alla valle del fiume Magdalena, dall’aria rarefatta dei 2600 metri alla pianura afosa, dove i vestiti si incollano alla pelle come i propri pensieri. Il suo viaggio porterà frutti, viaggio nella biografia laverdiana e nella propria e in quella del paese intero, tra eroi di guerra e sogni di gloria, la guerra tra i re del narcotraffico che nasceva e si sviluppava sempre di più e chi li combatteva, la figura di Pablo Escobar sopra tutto e tutti, e in tutto questo una cassetta, registrazione della scatola nera di un aereo precipitato, a parlare non solo dei personaggi del libro, ma anche di chi legge, e vengono in mente le parole di Lennon “La vita è quello che ti accade mentre sei intento ad altri progetti” (curiosità: wiki riferisce che parole molto simili a queste sono state dette prima da altre persone, e la prima occorrenza della frase – in cui al posto della seconda persona singolare è la prima plurale – è del 1957, dovuta ad Allen Saunder, scrittore e giornalista statunitense).
Il rumore delle cose che cadono ha la capacità, con una scrittura che nella traduzione di Silvia Sichel è avvolgente, ossessiva, geometrica, di farti scivolare all’interno del protagonista, e all’interno della Colombia, aprendoti un mondo tanto lontano geograficamente quanto vicino umanamente, ridefinendo contorni, limiti.

“E mentre andavo, pensavo a tutto quello che avevo sentito nel fine settimana e alla donna che me lo aveva raccontato, e anche a quel che avevo visto all’Hacienda Nápoles, con le sue cupole e i suoi muri caduti, e anche, naturalmente, pensavo alla poesia di Arturo, alla mia città e alla poesia e alla mia famiglia, le voci amate della poesia, la voce di Aura e la voce di Leticia che avevano riempito i miei ultimi anni, che mi avevano salvato in tanti sensi.” (pag. 278)

Questa è la poesia di cui alcuni brani sono ricorrenti nel romanzo, Città di sogno, di Aurelio Arturo.
Ciudad de sueño
Yo os contaré que un día vi arder entre la noche
una loca ciudad soberbia y populosa,
yo, sin mover los párpados, la miré desplomarse,
caer, cual bajo un casco un pétalo de rosa.
Muros que yo formé con mi sangre hecha esfuerzo,
puertas al sol doradas que elevé a mis espaldas,
ciudad de mil mujeres de ojos dorados, brazos
lentos y bocas rojas que en su silencio cantan.
Así como en la sombra desciende una cabeza
al fondo de una idea, rápida como piedra,
aquella ciudad loca, oh rúas de mi júbilo,
se hundía en silencios duros y en soledades negras.
Ardía como un muslo entre selvas de incendio,
y caían las cúpulas y caían los muros
sobre las voces queridas tal como sobre espejos
amplios…¡diez mil chillidos de resplandores puros!
Y eran como mis mismos cabellos esas llamas,
rojas panteras sueltas en la joven ciudad,
y ardían desplomándose los muros de mi sueño…
¡Tal como se desploma gritando una ciudad!

La traduzione di alcuni versi, nel romanzo:
“Io vi racconterò che un giorno vidi ardere durante la notte
una folle città superba e popolosa,
io, senza batter ciglio, la guardai crollare
cadere, come sotto uno zoccolo un petalo di rosa.
[…]
Ardeva come membra tra selve d’incendio,
e cadevano le cupole e cadevano i muri
sulle voci amate come sugli specchi
ampi… diecimila gemiti di lucori puri!” (pag. 277)
“Ed erano come i miei stessi capelli quelle fiamme,
rosse pantere libere nella giovane città,
e ardevano crollando i muri del mio sogno,
così come crolla gridando una città!” (pag. 278)

Edizione esaminata e brevi note

Juan Gabriel Vásquez è nato a Bogotá nel 1973. Ha studiato letteratura latinoamericana alla Sorbona e attualmente vive a Barcellona, dove unisce all’attività di scrittore quella di traduttore e saggista. Gli informatori è stato inserito tra i «libri del 2009» del Financial Times, è stato selezionato per il Foreign Fiction Prize 2009 dell’Independent e per il Warwick Prize for Writing 2009.

Juan Gabriel Vásquez, Il rumore delle cose che cadono, Ponte alle Grazie, 2012, traduzione di Silvia Sichel, in copertina foto di Jesús Acevedo, grafica di Mister Cream Book’s design, euro 16,80

la pagina wiki dell’autore: qui
un articolo su Aurelio Arturo sul blog delle edizioni Sur: qui

ab, 12 giugno 2013