Balzoni Piero

Come uccidere le aragoste

Pubblicato il: 16 Marzo 2016

È andata così: quando seppi che sarebbe uscito il secondo libro di Piero Balzoni sperai che si trattasse di una raccolta di racconti, dato che la sua prima, Animali migratori (Edizioni La Gru, 2011) l’avevo assai apprezzata; quando lessi che era un romanzo rimasi un po’ deluso, ma il titolo, Come uccidere le aragoste, mi rincuorava perché nominava animali e dunque segnava una continuità con l’opera precedente. La lettura del testo ha poi rivelato come anche il contenuto prendesse le mosse da Animali migratori per cercare un’evoluzione, una crescita graduale più che un distacco, un taglio netto. Si trovano infatti nel romanzo temi e elementi che nei racconti contribuivano a tracciare distanze reciproche, mentre qui sono inseriti in un contesto unitario e coeso.

[What a beautiful face / I have found in this place / That is circling all round the sun / What a beautiful dream/ That could flash on the screen / In a blink of an eye and be gone from me / Soft and sweet / Let me hold it close and keep it here with me]

Le prime pagine di Come uccidere le aragoste dialogano in modo fertile con quelle del primo racconto dell’altro libro: in entrambi i casi il protagonista è un fratello minore il cui maggiore è morto e che cercano, nel loro modo personale, animalesco, di fare i conti con l’evento. Là Francesco ululava e sentiva la voce di Lorenzo, qui Luca considera Claudio il lupo capobranco, là c’era wikipedia, qui l’enciclopedia degli animali, e così via. Ma le somiglianze non si fermano, perché i libri sembrano davvero riflettersi l’uno nell’altro. Al tempo stesso il titolo ne individua la sostanziale diversità: il primo trattava di un’ampia categoria di animali, sotto cui confluiscono più specie, mostrandone la varietà; il secondo descrive, per così dire, una tecnica specifica per la cattura e l’uccisione di un solo animale.

[And one day we will die / And our ashes will fly from the aeroplane over the sea / But for now we are young / Let us lay in the sun / And count every beautiful thing we can see / Love to be / In the arms of all I’m keeping here with me]

Come uccidere le aragoste è la storia di una vendetta, della vendetta di Luca nei confronti di quelle persone-aragoste che dopo aver ucciso suo fratello, investendone il motorino con la loro corazza-Suv nera lucente, sono fuggite senza lasciare traccia. Comincerà a indagare, partendo dall’unica testimone del fatto – o il “botto”, come lo chiama lui – l’anziana signora Tommasi, ben felice di ricevere le visite del giovane che alleviano la sua solitudine, e girando per le concessionare per scoprire i proprietari del Suv omicida. Tutta la sua vita si concentra in questa ricerca; tutto – la ragazza, il lavoro, lo studio, i genitori, il nonno, le amicizie – viene risucchiato dall’orizzonte vendicativo e letto attraverso analogie con animali (il lupo-fratello, il nonno-medusa, i genitori-scoiattolo, i ricchi-aragoste…).

[What a curious life / We have found here tonight / There is music that sounds on the street / There are lights in the clouds / Anna’s ghost all around / Hear her voice as it’s rolling and ringing through me / Soft and sweet / How the notes all bend and reach above the trees]

Le pagine si susseguono ossessive come i pensieri a spirale di Luca e la narrazione rinchiude il suo protagonista e il lettore in una stanza dalle pareti mobili che si avvicinano sempre più. La suddivisione in brevi capitoli-scene e gli intermezzi dall’enciclopedia degli animali non frammentano in modo eccessivo la narrazione, anzi, sono mimetici del respiro asmatico del protagonista. Ogni dettaglio trova piano piano collocazione nella mente del ragazzo e si fa strada un piano preciso, accurato, teoricamente perfetto. Se l’obiettivo appare sempre più vicino e realizzabile ecco che il resto della vita del protagonista è il rumore di sottofondo che reclama attenzione, e diviene sempre più evidente come per Luca la ricerca e la punizione degli assassini sia l’unico modo che è riuscito a trovare per operare un distacco dal “botto” e al tempo stesso ricucire una relazione con il fratello che non c’è più.

[Oh how I remember you / How I would push my fingers through / Your mouth to make those muscles move / That made your voice so smooth and sweet / But now we keep where we don’t know / All secrets sleep in winter clothes / The one you loved so long ago / Now he don’t even know his name]

La maschera della vendetta come un buco nero in cui far finire e soffocare la morte, la sua accettazione, la disgregazione familiare dopo la tragedia, lo spaesamento sentimentale, la difficoltà di andare avanti, la sensazione della sopravvivenza ingiusta, e anche le precarietà lavorative, l’inadeguatezza che calamita ogni cosa. Che le cose vadano come Luca si immagina o meno non ha importanza, come non importa se le prove che ha in mano contro gli assassini siano evidenti e i suoi ricordi precisi, perché si può solo andare fino in fondo.

“Prima o poi, durante le ore diurne, le aragoste sarebbero arrivate a forte velocità spalancando le porte automatiche e rintanandosi nella loro spelonca. E lui si sarebbe fatto trovare pronto.” (pag. 203)

[What a beautiful face / I have found in this place / That is circling all round the sun / And when we meet on a cloud / I’ll be laughing out loud / I’ll be laughing with everyone I see / Can’t believe how strange it is to be anything at all]

Edizione esaminata e brevi note

Piero Balzoni è nato a Roma. Ha lavorato come conduttore e tecnico del suono per una radio sportiva romana e come assistente di cattedra all’Università di Roma La Sapienza. Autore del documentario Autobiografia dell’università italiana e della raccolta di racconti Animali migratori (Edizioni La Gru), lavora come sceneggiatore e script editor per la televisione. Suoi racconti sono stati pubblicati su riviste online e antologie. Come uccidere le aragoste è il suo primo romanzo. Per fortuna.

Piero Balzoni, Come uccidere le aragoste, Giulio Perrone Editore, 2015

Le parti tra parentesi quadre sono il testo di In the aeroplane over the sea, canzone dei Neutral Milk Hotel. Non è un caso.